Il politico russo Vladimir Žirinovskij è un gran chiacchierone. Perciò, in condizioni normali non avrebbe destato scalpore suggerendo (come ha fatto all’inizio di quest’anno) che la Russia dovrebbe annettere quelle parti del vicino Kazakistan dove risiede un’ampia popolazione di origine russa. Eppure il leader nazionalista del Partito liberaldemocratico ha davvero spaventato i kazachi, perché la posta in gioco è più alta di quanto sembri.

Il presidente kazaco Nursultan Nazarbaev era al potere già prima che il Kazakistan si rendesse indipendente dall’Unione Sovietica nel 1991, e si è talmente allarmato da esprimere apertamente alcuni dubbi sull’opportunità che il suo paese aderisca all’Unione economica eurasiatica (Uee) sostenuta da Mosca, e che prenderà il via a gennaio. “Il Kazakistan non farà parte di organizzazioni che minacciano la nostra indipendenza”, ha dichiarato Nazarbaev ad agosto.

La Uee è la stessa organizzazione contro la quale si sono ribellati gli ucraini quando il loro ex presidente, il filorusso Viktor Janukovič, voleva annullare la firma dell’accordo di associazione con l’Unione europea per aderire al progetto di Mosca. Ma sotto la guida di Nazarbaev il Kazakistan ha sempre avuto buoni rapporti con la Russia, al punto che l’autocrate russo Vladimir Putin ha subito tirato fuori il frustino.

“Il Kazakistan non ha mai avuto (storicamente) le caratteristiche di un vero stato”, ha detto Putin. Nazarbaev ha semplicemente “creato” il paese. Questo sottintende che si tratta di una costruzione artificiale che potrebbe tranquillamente essere smantellata di nuovo se il vento dovesse cambiare. Con i soldati russi in “licenza” in Ucraina orientale (dove si sarebbero portati anche i loro blindati e l’artiglieria), si è trattato di una velata minaccia che il Kazakistan ha dovuto prendere sul serio.

Invece uno stato kazaco è esistito. Tra il quindicesimo e il diciottesimo secolo quasi tutta la superficie dell’attuale paese (insieme a importanti porzioni dei paesi confinanti) era sottoposta al dominio di un potente khanato, la tradizionale forma di stato dei popoli turcofoni musulmani dell’Asia centrale. Il motivo per cui non si è mai trasformato in uno stato moderno è che l’intera area è stata conquistata e colonizzata dall’impero russo.

La Russia è ancora l’unica grande potenza abbastanza vicina agli stati dell’Asia centrale, e all’inizio di settembre ha sottolineato la sua disapprovazione nei confronti di Nazarbaev organizzando delle esercitazioni militari vicino al confine kazaco. Ma Putin non voleva solo richiamare all’ordine un futuro membro dell’Uee, la sua personale creatura con cui intende sfidare l’Unione europea.

Il suo obiettivo strategico è controllare il traffico di petrolio e gas attraverso il mar Caspio. L’ultima cosa di cui Mosca ha bisogno, infatti, è una concorrenza al ribasso dei produttori dell’Asia centrale sui suoi mercati europei.

La Russia a nord del Caspio e l’Iran a sud hanno i loro oleodotti per far arrivare il petrolio sui mercati. L’Azerbaijan, sulla sponda occidentale, ha costruito oleodotti che attraversano la Georgia e arrivano in Turchia (uno fino al Mediterraneo), in modo che la Russia non possa controllare le sue esportazioni. Ma Mosca può ancora strozzare i grandi produttori di petrolio e gas della sponda orientale del Caspio, il Kazakistan e il Turkmenistan.

Nessuna di queste due ex repubbliche sovietiche può sfuggire al controllo di Mosca, a meno di costruire un oleodotto attraverso il Caspio fino all’Azerbaijan e da lì trasportare gas e petrolio fino al Mediterraneo. Per questo Putin ha cercato per anni di bloccare ogni impianto di questo tipo. E ora sta per riuscirci.

Se sul mar Caspio fosse in vigore la legge marittima, ogni paese avrebbe una zona economica esclusiva (zee) fino a circa trecento miglia nautiche dalle proprie coste. Il Caspio però non è così grande, e le zone speciali dei cinque paesi si incontrerebbero in mezzo al mare, quelle di Kazakistan e Turkmenistan toccherebbero entrambe quella dell’Azerbaijan, e la questione delle condotte sottomarine resterebbe quindi fuori del controllo di Mosca.

Ma poiché il Caspio non è sottoposto alla legge marittima, i cinque stati che si affacciano su di esso possono stringere tutti gli accordi regionali che vogliono. La Russia è di gran lunga il paese più potente della regione e le regole che vuole imporre limiterebbero la sovranità di ogni paese a un’area di 15 miglia nautiche, con una zona di pesca esclusiva di 25 miglia.

Secondo questo sistema il centro del mare rimarrebbe una zona comune, dove ogni progetto avrebbe bisogno dell’approvazione di tutti e cinque gli stati. Ecco fatto: un veto russo su ogni condotta che attraversa il Caspio, in modo da conservare il controllo su tutte le esportazioni di petrolio e gas dall’Asia centrale all’Europa.

Dopo un incontro tra i leader dei cinque paesi che si è svolto ad Astrakhan alla fine di settembre, l’accordo è praticamente cosa fatta, anche se il trattato definitivo non sarà firmato prima del 2016. Alla fine di ottobre Richard Hoagland, sottosegretario di stato americano per l’Asia centrale e meridionale, ha visitato la capitale kazaca Astana e ha dichiarato che gli Stati Uniti sostengono fermamente l’indipendenza e l’integrità territoriale del Kazakistan. Ma la verità è che tutti sanno benissimo chi comanda nella regione

Tuttavia ostacolare la concorrenza kazaca e turkmena nei mercati di gas e petrolio europei non aiuterà molto Mosca se il comportamento di Putin al confine occidentale della Russia continuerà a spaventare gli europei. Questi ultimi cercheranno di sottrarsi il prima possibile alla loro dipendenza energetica dalla Russia. E gli statunitensi, grazie al fracking e alla loro produzione in crescita, saranno più che lieti di dare una mano.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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