Continua l’avanzata dei boschi e delle foreste europee. Secondo l’ultimo rapporto sullo stato delle foreste in Europa (State of Europe’s Forests 2015) dal 1990 al 2015 la superficie di boschi è aumentata di 17,5 milioni di ettari, per una crescita media di 700mila ettari all’anno: dai 197,5 milioni di venticinque anni fa oggi si è arrivati a 215 milioni di ettari, pari a un terzo del territorio europeo.
Anche in Italia le foreste sono in espansione. Secondo i rilievi dell’Inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi forestali di carbonio (Infc) del 2015 negli ultimi dieci anni, escludendo gli impianti di arboricoltura, i boschi sono aumentati del 6,15 per cento arrivando a un totale di quasi 11 milioni di ettari. Il corpo forestale italiano parla di 600mila ettari riconsegnati alla natura nell’ultimo decennio, principalmente per via del progressivo abbandono dell’agricoltura in collina e montagna. Una crescita che prosegue nonostante le migliaia di incendi che colpiscono ogni anno le foreste italiane (nei primi undici mesi del 2015 più di cinquemila incendi hanno colpito circa 17mila ettari di bosco) e al consumo di suolo che va avanti a ritmi sostenuti.
Ma a chi appartengono le foreste? Secondo Eurostat il 40 per cento delle foreste europee è di proprietà pubblica, mentre il 60 per cento appartiene a privati. La situazione cambia molto di paese in paese: si va dal Portogallo (dove quasi la totalità delle foreste è di proprietà privata) a paesi come Bulgaria e Polonia, dove oltre l’80 per cento appartiene allo stato. Secondo il rapporto “State of Europe’s Forests 2015” negli ultimi venti anni gli ettari di bosco in mano ai privati sono aumentati del 18 per cento, a causa di una “tendenza generale alla privatizzazione e alla restituzione ai privati nei paesi che in precedenza avevano un’economia pianificata”. Tuttavia, la quota di foreste di proprietà pubblica è rimasta più o meno costante grazie all’aumento complessivo della loro superficie.
Oltre a essere fondamentali per la conservazione della biodiversità, le foreste hanno un ruolo centrale nel contrastare l’inquinamento: si calcola per esempio che negli ultimi dieci anni – dal 2005 al 2015 – i boschi europei hanno rimosso ogni anno dall’atmosfera circa 719 milioni di tonnellate di anidride carbonica (secondo l’Epa – l’agenzia di protezione ambientale degli Stati Uniti – l’equivalente di quanta ne producono in media 137 milioni di automobili in un anno). Per questo le foreste sono state al centro del dibattito alla conferenza di Parigi sul cambiamento climatico (Cop21) dove i leader riuniti hanno ribadito l’importanza delle foreste per ridurre le emissioni di gas serra.
Ma se in Europa le foreste guadagnano terreno, a livello mondiale la situazione è più complessa. Secondo la Fao, l’America Latina e l’Africa sono i continenti con il più alto tasso di deforestazione al mondo, rispettivamente con 4 e 3,4 milioni di ettari persi all’anno dal 2000 al 2010. Per quanto riguarda l’Asia, invece, i grandi programmi di riforestazione della Cina hanno compensato le forti perdite del Sudest asiatico, regione che appare tra quelle ad alto rischio di deforestazione.
Gli incendi che hanno colpito le foreste indonesiane tra il settembre e l’ottobre del 2015 hanno ridotto in cenere decine di migliaia di ettari di foresta pluviale per un danno pari a 16 miliardi di dollari. Bruciando per ventisei giorni consecutivi hanno prodotto, secondo le stime di Quartz, circa un miliardo e mezzo di tonnellate di anidride carbonica: più di quanta ne producano le economie della Germania o del Giappone in un anno.
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