Da settimane YouTube continua a ricordarmi che mi devo sbrigare ad avere un bambino. Qualche tempo fa ho disattivato Adblock in preda al senso di colpa per tutti i giornali che leggo gratis su internet, e da allora non riesco ad ascoltare un disco death metal senza dovermi sorbire trenta secondi di donne assennate dai capelli lunghi e morbidi che cercano di vendermi un test di gravidanza. Ho sempre la sensazione che una di loro potrebbe mettersi a battere il dito sull’orologio per ricordarmi che non dovrei sprecare i miei anni di massima fertilità scrivendo di socialismo su internet.

Nel frattempo la mia dolce metà riceve pubblicità di software utili, e al mio coinquilino viene offerta salsa al pomodoro, che rappresenta il 90 per cento della sua dieta. All’inizio mi sono chiesta se gli dei di Google sapessero qualcosa di me che io non sapevo. Ma sospetto che l’algoritmo sia meno fantasioso di quanto si possa immaginare. Probabilmente quello che Google pensa di sapere sul mio conto è che sono una donna tra i venti e i trent’anni, quindi a prescindere da quali sono i miei interessi dovrei restare incinta presto.

La tecnologia è nuova, ma il preconcetto è vecchio come il mondo. Le donne servono a fare bambini, anche se hanno progetti diversi. In questo ventunesimo secolo i governi e le autorità sanitarie mondiali mostrano tutti la stessa mancanza di fantasia a proposito delle scelte e della vita delle donne.

Linee guida

Di recente i Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie (Cdc) statunitensi hanno pubblicato alcune linee guida in base alle quali una donna che “potrebbe restare incinta” dovrebbe astenersi dall’alcol. In questo gruppo rientrerebbero tutte le donne che hanno il ciclo e non prendono la pillola (in realtà il secondo criterio potrebbe non essere valido, perché la pillola non è un contraccettivo a prova di bomba). Quindi le donne in età da riproduzione dovrebbero trattare se stesse ed essere trattate dal sistema sanitario come “preincinte”, anche se non hanno in programma di riprodursi in tempi brevi o magari non vogliono neanche avere rapporti sessuali con uomini. I ragazzi sono ragazzi, si sa, quindi meglio che le donne prendano le loro precauzioni: consideratela un’assicurazione contro lo stupro.

Non ci sono prove sicure che il consumo moderato di alcol rappresenti un grave pericolo in gravidanza, ma i Cdc sostengono di voler solo informare le donne “e i loro partner”. Quest’aggiunta è abbastanza raccapricciante. Quindi le donne non possono decidere autonomamente se possono bere un altro gin? Devono essere i loro partner ad avere il controllo su quello che bevono o non bevono? E come? Ordinando alle donne di non andare al pub? Confiscando il loro denaro e pedinandole?

Questa è la logica della violenza domestica. Con oltre 18mila donne assassinate dai loro partner dal 2003, la violenza domestica negli Stati Uniti è una minaccia molto più grave dell’avvelenamento da alcol, ma a quanto pare quelli dei Cdc non la pensano così.

L’idea che uno stato limiti il comportamento sessuale di un uomo è semplicemente inconcepibile

Quasi tutte le persone con un utero funzionante possono restare incinte, e alcune di loro non si definiscono donne. Ma il consiglio delle autorità è chiaramente indirizzato alle donne e questo basta a capire quale sia il ragionamento dietro questo genere di controllo sociale. L’obiettivo è controllare il corpo delle donne prima, durante e dopo la gravidanza. Quasi tutti gli aspetti ideologici delle nostre società sono asserviti a questo scopo, dal product placement alla sanità pubblica passando per le leggi che costringono le donne a portare a termine la gravidanza e le mettono in galera se non riescono a produrre i bambini sani che gli sono richiesti.

La salute sessuale e riproduttiva degli uomini, invece, non è mai oggetto di monitoraggio. In Sudamerica, dove il virus zika potrebbe essere la causa di migliaia di malformazioni alla nascita, le donne vengono invitate a “non restare incinte”. Questo linguaggio addossa tutta la colpa alle donne senza concedere loro alcun controllo. Come accade anche negli Stati Uniti, gli avvisi sulla riproduzione non sono indirizzati agli uomini – eppure Brasile, El Salvador e Stati Uniti sono paesi estremamente religiosi, quindi è difficile che i casi di immacolata concezione passino inosservati.

Nessuno consiglia agli uomini di non mettere incinte le donne, perché l’idea che uno stato limiti il comportamento sessuale di un uomo, per quanto violento e sconsiderato, è semplicemente inconcepibile. A quanto pare spetta esclusivamente alle donne controllare la loro sfera riproduttiva, e questo anche se in Brasile e Salvador (due dei paesi in cui il virus zika è più diffuso) spesso le donne non hanno alcun diritto di scelta nelle questioni più intime. L’onnipresenza dello stupro e della violenza sessuale, abbinati a leggi sull’aborto tra le più restrittive al mondo, fanno sì che le donne siano regolarmente costrette a partorire contro il loro volere.

Sotto controllo

Il Salvador non è l’unico paese in cui le donne che hanno un aborto spontaneo finiscono in galera. A causa del diffondersi di leggi che considerano il feto una persona, negli Stati Uniti molte donne hanno rischiato di essere condannate per omicidio a causa di un aborto spontaneo, anche se gli attacchi al diritto all’aborto rendono ancora più difficile per le donne statunitensi scegliere quando e come restare incinte, specialmente se sono povere.

Immaginate di avere un’amica ventenne che ha ricevuto dal partner una lista di tutto ciò che può e non può mangiare, bere e in generale inserire in vari orifizi molto personali, casomai dovesse rimanere incinta. Immaginate che questo ipotetico partner abbia minacciato di ricorrere alla forza se la vostra amica non obbedirà. Immaginate che ricordi costantemente alla vostra amica che il suo potere di creare la vita è più importante della sua stessa vita, che le neghi l’accesso all’assistenza medica e minacci di farla arrestare se dovesse avere un aborto spontaneo.

Probabilmente consigliereste alla vostra amica di troncare al più presto quel rapporto malato, e contattereste un centro antiviolenza per trovarle un posto dove stare. Ma non c’è alcun posto dove una donna può rifugiarsi quando l’apparato di potere del suo paese abusa di lei. Quando la società antepone il controllo sociale all’autonomia delle donne, per loro non c’è via di fuga.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

pQuesto articolo è uscito sul settimanale britannico New Statesman.

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