Quello che sta per finire è il primo inverno a led di Milano. Entro l’estate prossima il comune di Milano, insieme alla società energetica A2A che fornisce l’energia e si occupa della manutenzione degli impianti, sostituirà completamente i 141mila punti luce della città, dopo aver cominciato nella primavera del 2014.
Le lampade finora in uso per illuminare un’area di 181 chilometri quadri consumavano 114 milioni di chilowattora l’anno. Le nuove lampade a led durano cinque volte tanto e consumano la metà dell’energia. Ogni anno venivano sostituite circa 10mila lampade tradizionali. Il comune di Milano stima che dopo la sostituzione risparmierà una cifra tra i 15 e i 18 milioni di euro l’anno.
Ovviamente, come per ogni attività importante di qualsiasi amministrazione comunale, ci sono state delle lamentele: c’è chi sostiene che le luci siano troppo buie, troppo poco efficienti, una forma di propaganda o semplicemente brutte. La destra all’opposizione e l’associazione dei lighting designer Apil sono stati i massimi detrattori del progetto. Comunque la si pensi a riguardo, le strade di Milano sono definitivamente cambiate: indietro non si torna.
Una lampada ha caratteristiche di costo, durata, spettro, efficienza e impatto ambientale: quanti soldi ci vogliono per comprarla, dopo quante ore va sostituita, che tipo di luce fa, quanti lumen per watt di corrente assorbita produce, che sostanze immette nell’ambiente alla fine del suo ciclo di vita. Nel caso delle luci stradali ovviamente il peso delle variabili di durata ed efficienza è preponderante rispetto al resto, mentre le lampade domestiche possono rispondere ad altre esigenze senza che la loro efficienza e la loro durata pesino troppo nella scelta.
Prima le strade avevano una luce che eravamo abituati a percepire come “notturna”: era una luce tendente al giallo prodotta da lampade al sodio. Il sodio a bassa pressione produce una luce gialla (circa 2.000 gradi Kelvin) che – si pensa, ma la cosa è discussa – penetra meglio nei banchi di nebbia. Un tempo Milano era una città molto nebbiosa: per questo le lampade al sodio a bassa pressione erano perfette per gli incroci. Le lampade al sodio ad alta pressione fanno una luce più verso il rosa e l’arancione (circa 2.500 gradi Kelvin), riproducendo uno spettro luminoso più ampio, ma con minore efficienza e costi più alti.
Ci sono poi altri tipi di lampade stradali che fanno una luce ancora migliore, come quelle a vapori di mercurio, ma sono delicate e si usavano soprattutto nelle scintillanti vie del centro, dove le vetrine avevano bisogno di colore. Il nostro cervello sentiva questi colori come i colori caldi e un po’ romantici della notte in città. Le lampade a led installate ora a Milano producono una luce bianca con una temperatura colore media, non rossa a 1.000 gradi Kelvin come una candela, né a 8.000 come le giornate coperte col cielo bianco e il sole dietro. È una luce più equilibrata e più democratica, perché gli stessi impianti vengono installati in centro come in periferia, ma è una luce diversa da quella cui siamo stati abituati per decenni. Nelle vie in cui per ora convivono illuminatori nuovi e vecchi, come a ridosso dell’arco della Pace, la differenza è evidente.
Quest’anno passeggiare per la città di notte con le luci a led è un’esperienza atipica per tutti. Nei parchi, così come in tutte le strade alberate della città, per la prima volta si è visto il colore verde della vegetazione anche dopo il tramonto. Infatti uno degli effetti della luce gialla nel colpire gli altri colori è di rispondere con del giallo quando i colori sono chiari, e ammazzare tutti gli altri. Per fare un esempio, un’automobile blu è verniciata con una sostanza che assorbe tutte le frequenze tranne il blu; se viene colpita da una luce gialla, la vernice blu assorbe tutta la luce gialla, non riflette nulla e risulta nera. Per la prima volta, da quest’anno anche di notte i colori sono quelli del giorno, i parchi mostrano la clorofilla, la ghiaia è bianca, i tronchi sono marroni, le facciate dei palazzi non sembrano tutte grigie. Oltre alle piante, ai fili d’erba e ai sassi, tutta la colorimetria della città, per quanto risulti più fredda e più tenue, è più fedele: i rossi sono rossi, i gialli sono gialli, le scritte e le insegne non luminose continuano ad avere senso anche di notte.
Manca solo, questo sì, il senso di calore prodotto nella nostra memoria di cittadini da anni di illuminazione diversa. Sembra di vivere dentro a un film che ha una fotografia insolita, aliena e fantascientifica. O meglio sembrava, perché ormai cominciamo ad abituarci. Basterà baciarsi un po’ di volte sotto un lampione a led perché il senso di straniamento venga sostituito da un ricordo dolce legato a questa nuova luce più secca. Altre culture e altre città che vivono di notte più di noi hanno un profilo cromatico più vario per via delle insegne, dei neon, delle pensiline illuminate. Chi ha visto metropoli come Bangkok, Tokyo o New York di notte si è reso conto di quanto l’idea che la notte debba essere gialla e “calda” sia convenzionale.
Ho chiesto un parere a Daniele Savi, direttore della fotografia di molti programmi televisivi, tra cui Le invasioni barbariche. “Il led non ha il fascino della vecchia luce a incandescenza”, conferma Savi. “La città con le luci più belle che io ricordi è Bergamo. Fino a qualche anno fa a Bergamo usavano ancora lampade a incandescenza per l’illuminazione stradale, anche se erano poco efficienti e molto delicate. Era un lusso, ma quella poesia lì probabilmente non ci sarà più”.
Il led bianco è l’effetto di un raro caso di premio Nobel che non solo è tangibile nelle nostre vite, ma ci è arrivato prestissimo: Isamu Akasaki, Hiroshi Amano and Shuji Nakamura hanno perfezionato negli anni novanta i led blu, componenti necessari per produrre luce bianca, e sono stati insigniti del premio nel 2014, mentre le applicazioni delle loro scoperte sono già ovunque. I led durano di più, producono uno spettro ampio, hanno efficienze che possono arrivare a 300 lumen per Watt e non rilasciano ioni metallici nell’ambiente. Inoltre, per come sono costruiti, gli impianti installati a Milano producono molto meno inquinamento luminoso, cioè luce verso l’alto. “Qualche anno fa”, racconta Savi, “a Brera provarono a installare dei lampioni a gas simili a quelli dei primi del novecento. La luce non era granché, ma c’era qualcosa di magico. L’esperimento però non durò molto”. I lampioni a gas hanno un’efficienza di 2 lumen per watt. Baciarsi lì sotto probabilmente sarà stato bello, ma più per il buio che per la luce.
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