Gli osservatori più o meno catastrofisti dicono che non ci guardiamo più in giro mentre aspettiamo l’autobus, non osserviamo la città dai finestrini dei taxi, i tragitti in ascensore non producono più quella cara vecchia dinamica di imbarazzo silenzioso così rassicurante. Un tempo lì c’era solo l’attesa, il niente, se vogliamo anche la noia, e adesso ci sono attività e soldi.

Al di là degli esiti catastrofici previsti dagli intellettuali e delle più ragionevoli analisi dei neurologi sulla assenza di pause per il nostro cervello, qualcosa è effettivamente cambiato. In genere estraiamo il cellulare dalla tasca per controllare la posta o i social network, oppure ci dedichiamo a un giochino semplice che si conclude in pochi minuti. Ieri quest’attività, quella di ingannare il tempo di una pausa, di una pipì o di un viaggio in treno da pendolari, ha spostato 5,9 miliardi di dollari: per quella cifra Activision Blizzard ha acquistato King, l’azienda diretta da Riccardo Zacconi che ha messo delle caramelle nei nostri telefoni. È una mossa importante in termini sia finanziari sia strategici, e viene da lontano.

In principio c’erano Zynga e il suo Farmville, innocuo giochino per Facebook da alcune decine di milioni di utenti in contemporanea, numeri precedentemente mai raggiunti da nessun titolo. Farmville, così come i numerosi cloni di Zynga ambientati altrove, ma costruiti nello stesso modo, era una delle prime manifestazioni del freemium.

Il freemium è una modalità di vendita di software e videogiochi che punta ad attirare una grande quantità di utenti che accedono gratuitamente (free) al contenuto, e ottiene i propri ricavi da quella parte di pubblico che decide di pagare una certa somma per avere un’esperienza migliore (premium). Spesso, come per Farmville, si tratta di un risparmio in termini di tempo. Il sistema ha il vantaggio di presentare un gradino iniziale molto basso, per cui il pubblico accede con facilità al gioco. C’è potenzialmente una base utenti enorme che può interagire con facilità e scambiare contenuti relativi al gioco sui social network. La pirateria, come in ogni tipo di gioco online che necessita di connessione continua a un server, non esiste. La distribuzione è solo online, per cui non ci sono intermediari che erodono i profitti.

A fronte di tutti questi vantaggi, il rischio per questi prodotti è quello del collasso improvviso. Le società che producono titoli freemium a volte riescono ad acquisire grande valore in borsa alla luce della crescita della base utenti del gioco, molto prima che gli utenti solventi portino del denaro nelle casse. Se poi la proiezione non si realizza e la percentuale di quelli che pagano resta sotto la soglia di sopravvivenza, il valore crolla. È un meccanismo che riguarda molte startup e .com in genere, non solo nei videogiochi, ed è lo stesso che fa temere ad alcuni analisti l’imminente scoppio di una bolla finanziaria nel settore. Le azioni di Zynga valevano quasi 15 dollari alla fine di febbraio del 2013 e solo tre dollari cinque mesi dopo. Da allora non si sono riprese. D’altronde Facebook qualche anno fa non era un posto dove si fosse propensi a spendere.

Il rischio per prodotti come Candy crush è quello del collasso improvviso sul mercato

Il mondo delle app a pagamento invece, più in ambiente iOS che in ambiente Android, ha portato gli utenti all’abitudine di spendere piccole cifre con il telefono e sul telefono: sono le cosiddette microtransazioni. I giochi freemium che ce la fanno in questi contesti se la passano abbastanza bene. I migliori esempi di grandi successi di freemium dopo il caso Zynga sono Rovio, Supercell, Wargaming e King.

La finlandese Rovio è quella di Angry birds, una proprietà intellettuale che dal 2009 a oggi è stata spalmata su oltre 15 giochi, infiniti gadget, pupazzi, cartoni animati, circa 150 milioni di euro di ricavi l’anno (in calo ma ancora abbastanza sana). Dallo stesso paese viene Clash of clans, prodotto da Supercell, acquisita nel 2013 dalla telefonica giapponese SoftBank. Il gioco, uno strategico a turni per telefonia mobile, insieme ai fratellini Hay day (una specie di Farmville) e a Boom beach (altro strategico), ha fatto ricavare all’azienda nel 2014 oltre 1,5 miliardi di euro.

Wargaming è un’azienda di Minsk ora trasferitasi a Cipro (primo contribuente dell’isola, per quanto il fisco sia leggero) che realizza giochi di simulazione bellica freemium. Non si tratta di piccoli puzzle per smartphone ma di titoli veri basati sul pilotaggio di mezzi militari storici, simili per complessità ai grandi giochi che si comprano in negozio per 70 euro. World of tanks, World of warplanes e World of warships sono giochi veri gratuiti che si scaricano su pc; pagare piccole cifre serve a risparmiare tempo nel miglioramento dei propri mezzi. Gli utenti qui sono meno, giocano con passione per ore e non nei ritagli di tempo, ma per questo investono più dei loro colleghi alla fermata del tram.

King Digital entertainment è la società svedese del gioco delle caramelline. Candy crush saga, per quei pochissimi che non lo sapessero, è un puzzle game colorato e gommoso fino ai limiti della psichedelia. Lo scopo del gioco è quello di raggruppare delle caramelle per tipo su una griglia verticale e farle scoppiare fino a completare il livello entro un dato numero di mosse. Il successo del gioco, che è gratuito e consta di centinaia di livelli, si basa sull’alchimia tra frustrazione e risultati. I tentativi disponibili per completare i livelli sono limitati nel tempo, a meno che non si paghi una piccola cifra. Activision Blizzard ha comprato King ieri per 5,9 miliardi di dollari, dimostrando di voler crescere nel mercato più in espansione del panorama videoludico. La reazione della borsa americana alla notizia è stata altalenante, ma il titolo ha chiuso in crescita.

Activision Blizzard è il gruppo nato dalla fusione di otto anni fa di due marchi storici. Da una parte c’è Activision, che produce oggi il bellico in prima persona di maggior successo di sempre, Call of duty, oltre alla miniera d’oro Skylanders – chi ha figli piccoli sa di cosa parlo – e a Destiny. Dall’altra Blizzard, quella di Starcraft, World of warcraft e Diablo. Le microtransazioni sono ormai parte anche del modello economico di molti di questi giochi, anche se sono solo accessorie.

Destiny, un gioco che si paga a ogni uscita e a ogni espansione, in vendita tradizionalmente in versione confezionata o anche online, ha appena aperto una sezione cosmetica a pagamento: niente di sostanziale per le meccaniche di gioco, ma si possono comprare degli abbellimenti per il personaggio o i suoi mezzi per qualche euro. Per un titolo in cui passerai del tempo per anni – nel caso di Destiny saranno almeno dieci – è una cosa più che ragionevole, e infatti i ricavi sono notevoli.

Lo stesso fenomeno riguarda da tempo World of warcraft, anche se si paga quando si installa e poi mensilmente con un abbonamento. Ma questi e altri esempi dimostrano che il pubblico è disponibile a pagare sia per i quadri che per le cornici, sia per i contenuti che per la cosmetica, a patto che una cosa e l’altra lo spingano a passare tanto tempo sul gioco. Si paga, insomma, per abbellire un locale dove comunque si vuole stare, che ci sia o meno un biglietto di ingresso.

L’integrazione tra il mondo dei giochi per console e pc e di quelli per dispositivi mobili sarà uno dei temi dei prossimi anni

L’acquisto di King da parte di un colosso come Activision Blizzard difficilmente sarà solo una mossa finanziaria. Per quanto la cosa sia complessa e per ora non sia riuscita a nessuno, è possibile che Activision Blizzard cerchi in futuro di declinare qualcuna delle sue proprietà intellettuali per pc o console in prodotti per dispositivi mobili. Ma se anche così non fosse, comunque convoglierà una parte dello sforzo produttivo in quella direzione. Già oggi quasi tutti i grandi titoli prevedono un’applicazione per smartphone o tablet che serve per consultare progressi o svolgere piccoli compiti logistici.

L’integrazione tra un mondo e l’altro, soprattutto mentre sempre più persone si abituano a spendere denaro tramite cellulare, sarà uno dei temi dei prossimi anni. A questo punto fra i grandi editori solo Activision Blizzard ha le spalle così larghe in questo campo.

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