Cinque anni fa, prima che Skrillex o Diplo fossero riconosciuti come popstar pur senza cantare o suonare, prima della santificazione in vita di Moroder, prima che ci fosse il talent Top dj alla tv, uscì un gioco che simulava la carriera di un disc jockey. Aveva un’ottima selezione di canzoni su cui scratchare, e un’interfaccia perfetta per mimare mix e virtuosismi. Il gioco si chiamava Dj hero (l’anno dopo uscì anche un secondo capitolo) e fu un caso di prodotto in anticipo rispetto a società e mercato. Ebbe un buon successo di critica, ma poco altro. Lo stesso studio, FreeStyleGames (di Royal Leamington Spa, città termale britannica a sud di Coventry), ha realizzato per Activision il gioco ritmico musicale migliore del momento, dando una nuova forma alla tipologia più amata di tutto il genere.
I ritmici musicali, detti rhythm game, music game o bemani (ビーマニ) dal fortunatissimo Beatmania di Konami, sono giochi in cui s’interagisce fisicamente con una canzone, mentre delle indicazioni a video scandiscono il ritmo del brano con dei gesti che si devono compiere con il corpo o degli oggetti appositi. Uno di questi giochi, Just dance di Ubisoft, che prevede l’esecuzione di coreografie giudicate dalla telecamera sui successi pop del momento, è tra i titoli più venduti dell’anno. Nella loro incarnazione arcade, ancora abbastanza popolare in Giappone e nei luna park, i ritmici musicali sono accompagnati da interfacce anche ingombranti come pedane rialzate, tamburi, tappeti sonori. Nella versione domestica le interfacce sono meno voluminose, ma restano un elemento fondamentale del genere. Dal 2005 in poi, il musicale chitarristico è diventato una presenza fissa del mercato dei videogiochi.
Giocare con la musica
Per chi vuole usare la console per imparare a suonare lo strumento c’è Rocksmith, dove si connette una chitarra elettrica vera a un corso interattivo dalla forma vagamente ludica. Ma dopo alcune decine di ore su Rocksmith si è in grado di eseguire assoli e accompagnamenti veri su strumenti veri, il che non ha niente a che vedere con un videogioco. Allontanandosi dalla simulazione pura si passa a Rockband, la serie che grazie a Mtv, all’intercessione di Dani Harrison, figlio di George, che convinse Sean Lennon, che convinse Yoko, e a Paul e Ringo che ci stettero, qualche anno fa riuscì a diventare The Beatles. Rock band. Da allora la serie ha un po’ perso mordente, anche se recentemente è stato annunciato per il 2016 un Rock band VR sviluppato in collaborazione con Oculus, la società di Facebook che si occupa di realtà virtuale. Invece il nuovo capitolo della serie più storica del genere, Guitar hero live, ha preso la direzione più interessante e innovativa da anni a questa parte.
Premere dei tasti a tempo su una chitarra di plastica al limite è un gioco rilassante, non un pezzo di didattica musicale
La prima caratteristica di Guitar hero live è che si tratta evidentemente di un’evoluzione dell’air guitar, e non una versione sfigata delle prove con il gruppo in garage. Il difetto di molti giochi, quando hanno successo e si evolvono, è quello di andare verso l’imitazione della realtà e abbandonare la propria natura. Mettere in mano al campione mondiale di air guitar (al momento in carica c’è un russo, tale Kereel “Your Daddy” Blumenkrants) una Gibson Les Paul per vedere come se la cava sarebbe assurdo: le due attività non hanno niente a che fare l’una con l’altra, anche perché il gesto di mimare la chitarra nasce per il piacere della performance, non per la necessità di produrre le note. Questo è il punto fondamentale. Qui si fa come se fosse vero, credendoci al 110 per cento, ma contemporaneamente si sa bene che questa non è musica, almeno non in senso stretto, ma una disciplina alternativa che dalla musica è ispirata. Esattamente come il karaoke è un’abitudine sociale più vicina all’ammazzacaffè che al conservatorio, Guitar hero live ha ben chiaro che premere dei tasti a tempo su una chitarra di plastica al limite è un gioco rilassante quasi come i quaderni da colorare, non un pezzo di didattica musicale.
In questa chiave, quindi, il gioco è costruito sulla semplicità di approccio, sulla morbidezza, con una curva di apprendimento molto dolce. La chitarra è ben fatta, ha sei tasti sul manico da premere in combinazioni sempre più complesse man mano che la carriera prosegue, e ha due modalità di gioco molto diverse. La modalità Gh Live è una serie di festival dove si esibiscono band immaginarie che suonano canzoni vere. Il giocatore è il chitarrista di quelle band e deve fare la sua parte. L’ambiente è un film in soggettiva (la nostra) girato con attori, munito di una specie di montaggio emotivo automatico: se suoniamo bene, il pubblico e i nostri compagni si esaltano; se cominciamo a sbagliare, i cantanti si girano indispettiti per guardarci male e il pubblico ci copre di fischi. Per estetica dei palchi, delle band, della grafica e del pubblico, l’atmosfera complessiva dei live è molto plausibile, tra atmosfere pop, rock e più folkettine, tipo Mumford & Sons eccetera. La modalità Gh Live nella mia esperienza è stata quasi come un tutorial, una fase di apprendistato delle dinamiche del gioco e un posto dove guadagnare punti. Ma è l’altra declinazione del titolo a spostare il senso di questo gioco in una direzione inedita.
Sfide in diretta
Gh Tv è una serie di canali (per ora due) che funzionano come veri canali tv, dove ci sono dei video originali che vanno “in onda” di continuo, con selezioni musicali tematiche scandite da un palinsesto orario facile da consultare. I video sono ovviamente corredati di corsie in sovrimpressione, cioè una rappresentazione del manico della chitarra con le note che corrono incontro al giocatore a tempo con il brano (quasi un pentagramma giocattolo), e vanno suonate nel momento e nel modo giusto. Un canale è più rock e l’altro è tendenzialmente più pop, ma in genere c’è materiale per qualsiasi gusto, genere e generazione. In qualsiasi istante, premendo un tasto sulla chitarra, si finisce nella tv e si “suona” quello che c’è: se una canzone sta per finire si aspetta, e poi si attacca con la successiva. Dopo ogni esibizione si viene valutati rispetto ad altri giocatori che hanno già fatto quella canzone, si acquisiscono punti esperienza, si accumulano delle monete da spendere per comprare decorazioni per la chitarra, delle mosse speciali, oppure delle canzoni a scelta da suonare senza aspettare che le trasmettano. Io, per esempio, mi sono preso Shiny happy people dei R.E.M. e Seven nation army degli White Stripes. Ovviamente se si ha fretta queste monete possono essere comprate con delle microtransazioni in soldi veri. Volendo si può giocare in due, con l’aggiunta di un microfono esterno o usando una app che fa svolgere la funzione di microfono all’iphone.
Riassumendo, Guitar hero live ha un’intenzione molto precisa, è sempre leggero, giocoso e includente, mai troppo competitivo o didattico; assicura a tutti una certa facilità iniziale con soddisfacenti miglioramenti graduali, pur lasciando a chi la vuole una buona profondità. La chitarra è ben fatta, non comunica il senso di plasticone che a volte le periferiche incarnano, e anche la nuova gestualità a tre tasti su due colonne funziona. La presenza di video musicali originali con la corsia in sovrimpressione è un elemento che cambia letteralmente tutto in termini di gusto e partecipazione. FreeStyleGames ha dichiarato che il gioco cambierà piano piano, anche secondo i desideri espressi dal pubblico, cosa che si può fare agilmente quando un bel pezzo del gioco vive sulla nuvola. La settimana scorsa hanno annunciato l’arrivo delle sfide testa a testa, cioè competizioni che si attivano in automatico ogni mezz’ora di gioco, con due giocatori ignari pescati a caso che si affrontano uno accanto all’altro. Infine c’è il tema delle piattaforme: il gioco gira su PS3, PS4, Wii U, Xbox 360 e Xbox One, cosa che capita spesso; ma gira anche su AppleTV, iPad o iPhone, e ovviamente si serve delle funzionalità di cloud di questi dispositivi per non pesare troppo sulla loro memoria.
Da anni si parla di titoli del futuro che non saranno nelle console o nei singoli dispositivi, ma piuttosto saranno presenti sulla nuvola e accessibili come si preferisce, da diverse piattaforme connesse alla rete come smart tv, streamer, tablet e telefoni. L’idea è un po’ quella di una stazione ferroviaria dove ci sono treni merci, alta velocità, regionali e navette, cioè strumenti diversi che garantiscono comunque a tutti il movimento. Fatto sta che nella pratica, anche per ragioni banali di potenza di calcolo, questa prospettiva è molto meno universale di quello che si pensa. Il caso di Guitar hero live è particolarmente significativo perché presenta un linguaggio compatibile con tutte queste soluzioni più leggere, e ne gestisce la declinazione multipla con grande serenità.
FreeStyleGames ha costruito un gioco che ha l’accessibilità di un’esperienza popolare, dove ci si sente subito benvenuti e ci si diverte. Allo stesso tempo l’ha imperniato su una serie di cambi di prospettiva del tutto inediti, e ha perfezionato sia le dinamiche di gioco che la logistica fino a trasformare questo capitolo (ennesimo di una serie potenzialmente esaurita) in qualcosa di familiare e completamente diverso. A differenza dello sfortunato Dj hero, questa volta il gioco è anche perfetto per i nostri tempi.
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