Prima di darvi le ultime notizie sul mondo del decluttering, o cioè l’eliminazione del superfluo, vorrei soffermarmi un attimo a riflettere, con un certo orrore, sul fatto che esiste un “mondo del decluttering”. Lo scherzo peggiore che il capitalismo ci ha fatto è stato quello di convincerci che comprare cose ci avrebbe reso felici. E, se questo non succedesse, che dovremmo comprare libri su come liberarci di quelle cose, o spazi dove immagazzinarle, per fare posto a nuovi acquisti.

È una strana situazione, quindi c’è poco da meravigliarsi se anche i consigli sul decluttering sono piuttosto strani. Questo aggettivo si addice perfettamente all’ultimo libro di Marie Kondo, Il magico potere del riordino. Mettiamola così: Kondo pensa che dovremmo trattare i nostri calzini come persone in miniatura, che quando stanno nel cassetto sono “praticamente in vacanza”.

Lasciate che vi spieghi. Kondo è un’“esperta di pulizie” giapponese. Quando la primavera scorsa il suo libro è arrivato nel Regno Unito ha fatto grande scalpore, e adesso sta per essere pubblicato anche negli Stati Uniti. È chiaramente una fanatica (racconta che da adolescente correva a casa tutta eccitata, impaziente di riordinare la sua stanza) e il risultato è un misto di ottimi consigli e suggerimenti discutibili.

Per esempio, non riesco ad accettare la sua idea di prendere ogni oggetto che possediamo, chiederci: “Mi dà gioia?” e gettarlo via se la risposta è negativa (mentre scrivevo la prima cosa che ho visto alzando gli occhi dallo schermo è stata una scatola di graffette. Non è che mi diano tanta gioia, però mi servono). Uno dei suoi consigli che ho trovato più saggi, invece, è quello di mettere in ordine procedendo per categorie e non per collocazione: non prima la stanza da letto e poi il soggiorno, ma prima i vestiti, poi i libri e così via.

La cosa che colpisce di più è la sua insistenza sul fatto che anche gli oggetti hanno dei sentimenti e meritano di essere trattati come esseri viventi. Si ha la sensazione che Kondo non sia mai sola in casa: il suo mondo è popolato di vestiti che sono più felici quando sono piegati bene e di posate che sono contente di aiutarla a mangiare. È famosa per il suo metodo per piegare le magliette in modo tale da poterle sistemare in piedi nel cassetto, anche perché pensa che impilarle una sull’altra non sia giusto per quelle che rimangono sotto. Dovremmo assegnare un posto a ogni cosa, perché “avete mai pensato come sarebbe destabilizzante vivere senza fissa dimora?”. Occuparsi così degli oggetti “è il modo migliore per invogliarli a esserci utili”. E, certo, li possiamo buttare, ma prima dobbiamo dirgli addio come si deve.

Lo so, è assurdo. Ma se questo è pensiero magico, non si tratta forse dello stesso pensiero magico che pervade l’economia? Tantissime pubblicità ci spingono a considerare gli oggetti e le marche come qualcosa che ci gratifica quanto il rapporto con un essere umano. Ci prendiamo gioco dei popoli primitivi perché pensano che gli alberi abbiano un’anima, e poi insultiamo il navigatore satellitare e chiediamo al nostro cellulare di organizzarci una riunione. Accumulare senza mai gettare via nulla, sostiene qualcuno, è un modo per cercare negli oggetti la sicurezza che non troviamo negli esseri umani.

Forse dovremmo smettere di trattare le cose come persone. Ma fino a quando non ci riusciremo non sarebbe meglio rispettarle, come fa Kondo, invece di desiderarle ardentemente per poi gettarle via quando non ci emozionano più? Se lo facessimo con le persone saremmo considerati esseri spregevoli. Almeno così la penso io. E dopo aver consultato i miei calzini, sono lieto di comunicarvi che anche loro sono d’accordo.

(Traduzione di Bruna Tortorella)

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