1. Gaben, Tutto gratis
Magari potrebbero metterlo come musichetta di attesa per le telefonate al Viminale, dove lanciano bandi per lavorare alla comunicazione del ministero dell’interno. Qui si canta lo strano retrogusto di lavorare per soldi, questo vezzo anacronistico che a quanto pare molti ancora coltivano. Come un pensiero di Angelino Alfano rielaborato da Freak Antoni e condito con ruvide chitarrine fuzzy nell’album Vado, che sembra fatto da una pattuglia acrobatica di transfughi da Daniele Silvestri. Poco senso di conforto, tranne la voce di Violante Placido.

2. Russo Amorale, Le cose (che ti fanno prendere male)
Una rabbia da millennial “bastardo multiculturale e sradicato”, esiliato tra città e fiumi italiani e francesi (a Nancy, Lione, Reggio Emilia, Bologna, pare) oltraggiato da miserie e afflitto da “emergenza di emergere”. Fuoriclasse dell’outsiderismo provinciale paneuropeo, mette in mostra un penchant per la complessità linguistica quasi temerario, stigmatizza salari già spesi, ironizza sulla vita magra da artista, seguendo lo scheletro stufo di qualche blues. Eppure, resta l’impressione che almeno a parole si diverta.

3. The Loomings, In a black key
E poi c’è questo percussionista italiano a Strasburgo, Jacopo Costa, che da solo suona quasi tutto quello che suona Mike Oldfield in Tubular bells, e ha messo insieme questa band con due vocalist e suonatrici di kazoo (che solo Edoardo Bennato e Paolo Conte usano responsabilmente) per un collage di rockismi sperimentali e musique concrète dove puoi sentire di tutto (Art Ensemble of Chicago, Zappa, Satie?). L’ascoltatore curioso di commistioni pop avant jazz si può tuffare con gusto nell’album Everyday mythology, a tutti gli altri tanti auguri.

Questo articolo è stato pubblicato il 25 marzo 2016 a pagina 84 di Internazionale, con il titolo “Titoli gratuiti”. Compra questo numero | Abbonati

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it