1. Moostroo, Regalami
Blues lento e a suo modo toccante da una band bergamasca che ricama sulla propria ruvidità: con il titolo Musica per adulti (corpi che s’intrecciano in copertina, mini trend di stagione) ondeggiando tra pezzi tipo Spolpami e Cadavere, come un ossario di durezze, riff grattugiati, scheletriche speranze che sembra di essere nell’ultima graphic novel di Gipi. Ma tutti gli orchi hanno un lato buono, e alcuni sanno pure tirare fuori il violino. A volte basta guardare sopra il livello del proprio naso per trovare il sereno, per vedere il cielo che si stende.
2. Roger Goula, Overview Effect
Quando lo sguardo si fa veramente alto, ecco la Terra diventare un pallido puntino blu visto dallo spazio; ecco la coscienza del sé diventare lontana memoria; ecco la musica celeste di questo compositore inglese tutto archi e sintetizzatori. Ecco The overview effect, un’odissea galattica da camera, un discorso sul silenzio, una colonna sonora per la trascendenza. È un tipo di ambizione opposto a quello di un Fabio Rovazzi, più tra Philip Glass e Aphex Twin. Ma quella vastità, per chi la vuole abbracciare, è lì, e attende un ascolto disteso, e senza pensieri.
3. Bobby Previte, Alleluia
Qui c’è la trascendenza e c’è la liturgia. Un batterista statunitense di lungo corso e di lunga militanza rock sperimentale, ma anche con un destino forse segnato da quel nome da prete cattolico del New Jersey, rielabora musica sacra del quattrocento (la Missa sancti Jacobi di Guillaume Dufay, fiammingo, precursore del rinascimento) con un ensemble misto di madrigalisti del Minnesota e strumentisti metallari, per un lavoro potente, nella sua determinazione anche kitsch di voler sostenere i Gloria e i Kyrie a suon di rullante, riff elettrici e polifonie celesti.
Questa rubrica è stata pubblicata il 16 dicembre 2016 a pagina 110 di Internazionale. Compra questo numero| Abbonati
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