Il rapporto Education at glance 2013 dell’Ocse dà informazioni interessanti sul legame tra istruzione e lavoro. Negli anni di crisi, dal 2008 in poi, le difficoltà complessive hanno inciso in misura particolare sulle classi più giovani, sulle loro aspettative e speranze.

Ma bisogna fare attenzione. Il fenomeno che più colpisce, quello dei

neet (neither employed nor in education or training), cioè i giovani tra i 15 e i 29 anni fuori della scuola e senza lavoro o apprendistato, è più antico della recente crisi. Sembra ormai quasi configurarsi come un prodotto permanente, un portato inevitabile delle economie capitalistiche più ricche alla pari di quel che sono, tra gli adulti, i senzatetto e i dealfabetizzati. La crisi non ha accentuato il fenomeno, anzi nella media dei paesi Ocse i neet erano il 41 per cento nel 2008 e sono diminuiti al 37 per cento nel 2012 (indicatore C5 del rapporto). Sempre troppi, ma meno di prima.

Un fattore della diminuzione sta probabilmente nella crescita dei livelli di istruzione, una crescita che, in generale, nonostante la crisi non si arresta. Esaminando l’indicatore A5 del rapporto, emerge che senza dubbio livelli alti di istruzione aiutano a trovare lavoro. Chi ha un’istruzione universitaria ottiene un lavoro più facilmente di chi non ce l’ha. Nel complesso della popolazione dei paesi Ocse solo il 5 per cento di laureati è disoccupato, contro una media tre volte maggiore di disoccupati non laureati. Studiare e cercare di laurearsi è un buon antidoto alla disoccupazione.

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