A Vic-Fezensac, piccolo centro nel Midi-Pirenei, la scuola locale ha abbandonato il sistema di valutazione affidata a voti numerici (da uno a venti) ed è passata a un sistema diverso. Gli stessi allievi danno man mano conto delle loro difficoltà o dei loro progressi e dunque si autovalutano.

Agli insegnanti tocca di continuo notare, misurare e poi valutare i progressi degli allievi nella conquista di conoscenze, nello sviluppo di competenze di base, nella capacità di autovalutarsi. Le Figaro ha criticato l’esperienza senza troppo curarsi di capirla. Il giornale locale La Dépêche, ripreso poi da Le Monde e altri giornali nazionali, spiega bene il senso della cosa: “Per gli studenti crescono il gusto di impegnarsi e l’autonomia, e cala lo stress. L’allievo, come la famiglia, non bada più ai voti e alla media, ma al suo progredire”.

Il 14 novembre la ministra dell’istruzione Najat Vallaud-Belkacem è andata a visitare la scuola. Il lavoro degli insegnanti di Vic-Fezensac somiglia molto a quello che, a quanto si sa, suggeriscono i suoi consiglieri: mettere in campo una valutazione positiva che permetta di valorizzare diversi livelli di riuscita con un bilancio più ricco e articolato della secca classificazione numerica.

La ministra condivide, ma è cauta: Vic-Fezensac va bene, ma non è detto che il sistema funzioni bene dappertutto. E poi, afferma, la questione non è voti sì, voti no, ma che cosa si fa di voti e valutazioni. Quelle di Vic-Fezensac sono parte intrinseca di apprendimenti e didattica.

Questo articolo è stato pubblicato il 12 dicembre 2014 a pagina 94 di Internazionale, con il titolo “Far lezione valutando”. Compra questo numero | Abbonati

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