In un lampo ha fatto il giro del web la sconclusionata performance del deputato leghista Eraldo Isidori, elettrauto in pensione, in parlamento dal 2010: 20 secondi di lettura stentata, con un clamoroso inciampo sulla parola penitenziario. Ovviamente c’è da chiedersi cosa capisce, il buon Isidori, delle discussioni parlamentari a cui assiste.

Ma provate a scrivervi quanto dice Isidori e a valutarlo, giusto per farvi un’idea, usando un analizzatore di leggibilità (

per esempio, questo). Io l’ho fatto, sia riscrivendo la dichiarazione in un italiano decente, sia trascrivendola parola per parola e limitandomi a rettificare l’ortografia. In entrambi i casi il testo risulta di media difficoltà. Proprio come risultano di media difficoltà le righe che avete letto finora.

L’Invalsi dice che ancora oggi il 20 per cento degli italiani non sa leggere e capire un testo semplice. Che il 46,1 per cento degli italiani tra i 16 e i 65 anni inciampa, più o meno come fa Isidori, se il testo è appena più complesso. Tullio De Mauro ne parla da anni, tuttavia fa una certa impressione sentire Isidori dal vivo e pensare che un bel po’ di noi, fratelli e sorelle d’Italia, se la cava non meglio di lui con le parole scritte.

In realtà il video andrebbe mostrato nelle scuole per far capire quanto studiare è importante. Però il fatto che Isidori sia nonostante tutto parlamentare non aiuta. Del resto, fino a pochi mesi fa, i miei timidi tentativi di trasformarmi in nostrana mamma tigre e bastonare, almeno metaforicamente, il mio renitente figlio ginnasiale sul greco e sul latino venivano boicottati dal medesimo citando, un po’ per ridere e un po’ no, Renzo Bossi, detto il Trota, non esattamente un esempio fulgido di applicazione allo studio e ciò nonostante consigliere regionale.

Per inciso: quest’ultimo capoverso, invece, secondo l’analizzatore di leggibilità è difficile. Se ne siete venuti a capo siete dei campioni.

Sempre per inciso, e a patto che abbiate aperto il breve documento Invalsi citato poco sopra: avete visto come siamo messi con il problem solving? Sono cavoli amari, con i mille problemi che abbiamo in Italia e una così scarsa capacità media di comprenderlì e, quindi, di affrontarli.

Diffondere la lettura aiuterebbe sia a parlare meglio, sia a pensare meglio e, ne sono convinta, perfino a migliorare nel problem solving. Ma, se uno non ci è abituato, leggere è un’attività mentale complessa e faticosa, e a leggere ci si abitua solo leggendo: il classico cane che si morde la coda.

La presidenza del consiglio dei ministri periodicamente vara campagne pubblicitarie per incoraggiare la lettura. Ma guardate che roba è: in passato abbiamo visto improbabili lettori tutti vestiti di bianco, che sembrano disfarsi fin troppo volentieri di quanto stanno leggendo mentre si sussurrano lo slogan di un noto detersivo. Come se leggere fosse, nella migliore delle ipotesi, un puro fatto estetico o uno strano rito campestre.

Di recente, invece, un cartone animato dal sapore retrò ha spiegato che andare, in successione, in libreria, in edicola e in biblioteca – insomma, un bello sbattimento – serve a scoprire i significati della parola “muro” (tra l’altro, solo i significati più ovvi: mancano il muro di gomma, quello dell’indifferenza, quello del pianto…). Ma per ottenere quel risultato lì in realtà basta un clic su un dizionario online. E in libreria (ma ormai anche online) ci si può invece procurare quell’attrezzo strano e meraviglioso che è un libro. Da leggere. Con passione. Tutto intero.

Insomma: disastro. E viene perfino il sospetto che dietro a questi messaggi ci sia qualcuno che non sa esattamente cosa vuol dire leggere. All’estero, per promuovere la lettura, si fanno cose meravigliose: la prossima settimana ve ne mostrerò alcune così efficaci da colpire al cuore, forse, perfino un deputato leghista. Ora, invece, vi segnalo un magnifico articolo del New Yorker: leggere romanzi è come aprire una scatola o come guardare dal buco della serratura?

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