Mi scrive Francesco: “Le volevo chiedere se esiste un rapporto fra la dislessia e la creatività. È una delle domande a cui non sono riuscito ancora a dar risposta, in quanto dislessico. Spero che lei lo faccia per me”.
Da bambina ho faticato, ma tanto, a imparare a leggere e a scrivere e ce l’ho fatta solo alla fine della seconda elementare. Non so se fosse dislessia: a quel tempo non la si diagnosticava. Di sicuro, un pessimo impatto con la scuola. Conosco alcune persone con diagnosi di dislessia ma non sono un’esperta: quindi, per non scrivere sciocchezze, lascerò soprattutto parlare i link e cercherò di procedere in modo ordinato.
Che cos’è la dislessia: è un disturbo specifico dell’apprendimento (Dsa).
In questo video Piero Angela spiega di che si tratta: una difficoltà a imparare a leggere e a scrivere in maniera rapida e corretta. Nelle persone dislessiche le aree occipitali del cervello hanno un’attività meno strutturata di quelle delle persone senza dislessia. Si calcola che in Italia questo disturbo coinvolga un milione e mezzo di persone e il quattro per cento degli scolari.
Il sito dell’Associazione italiana dislessia (Aid) offre informazioni affidabili e sottolinea che il disturbo interessa uno specifico dominio di attività (lettura, scrittura, calcolo) lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale. Ciò significa che si considera dislessica una persona che fa fatica con le parole (lettura, scrittura) o con i numeri senza però avere altri problemi ambientali o psicologici, sensoriali o neurologici, e che è normalmente intelligente o anche più intelligente della media.
La dislessia si può manifestare in forme diverse. Si diagnostica attraverso test specifici, che andrebbero fatti in seconda elementare da un gruppo di specialisti (neuropsichiatra, psicologo e logopedista). I bambini dislessici si stancano più facilmente e sono più lenti. Non sono più pigri. Non sono (lo ripeto) meno intelligenti.
Una legge del 2010 stabilisce che i bambini dislessici vanno aiutati dagli insegnanti e possono usare strumenti di supporto. In Italia le diagnosi di dislessia sono circa trentamila ogni anno. Nei paesi anglosassoni di più, anche perché in inglese la corrispondenza tra parole scritte e parole pronunciate è molto più labile.
Vi linko la storia Bollywood-style (è un intero film e dura due ore) di un ragazzino dislessico. Si chiama Stelle sulla terra e ha vinto molti premi. Il protagonista, Ishaan, va malissimo a scuola, è ribelle e indisciplinato ma è vitale, sveglio e ha uno straordinario talento per la pittura che, dopo mille traversie (mica per niente siamo a Bollywood), finalmente verrà riconosciuto. Nel film si mostrano alcuni metodi per aiutare i ragazzini dislessici a familiarizzare con le lettere dell’alfabeto.
Su Youtube si trova un canale dedicato alla dislessia, con video d’informazione e tutorial per genitori e insegnanti. Se avete a che fare con un ragazzino con Dsa, dovreste almeno guardarvi questo.
Nel film bolliwoodiano (ma anche, per esempio, sul Sole 24 Ore) si citano i nomi di alcuni dislessici eminenti: Einstein, Leonardo da Vinci, Picasso, Disney. Ma ci sono anche Edison, Agatha Christie, Winston Churchill e molti altri. Dislessici eminenti sono anche evocati nel grazioso spot dell’Aid.
Questo significa che la dislessia rende le persone più capaci e creative? Le cose sono un po’ più complesse di così, scrive Soren Petersen sull’Huffington Post: da una parte le persone dislessiche fanno più fatica a scuola e quindi imparano a essere toste e perseveranti, dall’altra sperimentano strade e strategie alternative e, poiché il loro pensiero segue tracce differenti, nel problem solving possono arrivare a imparare come produrre soluzioni più originali.
Secondo diversi ricercatori, infatti, le persone dislessiche hanno una propensione per il pensiero visivo e spaziale, che è sintetico e procede per analogie (due caratteristiche tali da tenderlo potenzialmente creativo).
Sembra inoltre che abbiano una differente qualità della visione periferica. Forse per questo (lo affermano Von Karoly, Winner, Gray e Sherman) i dislessici risultano più bravi con le figure impossibili, cosa che indicherebbe anche una superiore capacità di visione “globale”. In generale (West 2003, Murphy 2011) i dislessici sono più bravi nell’image processing.
Dunque la maggior creatività è un risultato non della dislessia in sé, ma del quotidiano, tenace lavorarci sopra, combinato con una differente organizzazione mentale che può, se coltivata, produrre risultati assai originali. Questo studio biografico dell’artista (dislessico) Robert Rauschenberg illustra bene il concetto.
Non a caso la percentuale di dislessici tra gli studenti delle accademie d’arte è superiore alla media. Ma, lo segnala l’Economist, anche tra gli imprenditori c’è una percentuale di dislessia molto alta. Un buon esempio è Ingvar Kamprad, fondatore dell’Ikea: i mobili hanno tutti quegli strani nomi perché a lui riesce difficile leggere i codici numerici. Ed ecco svelato il mistero dello scaffale Ivar e del letto Folldal.
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