Questa è la storia di una somma di errori e del colpo di stato militare che alla fine li ha puniti, un colpo di stato che i paladini della democrazia non possono applaudire. Al governo dopo le prime elezioni libere della storia dell’Egitto, i Fratelli musulmani non hanno compreso la fragilità del loro potere, e questo è stato il loro primo errore.
A loro giustificazione va detto che erano stati perseguitati durante tutto il dopoguerra, erano l’unica organizzazione d’opposizione presente su tutto il territorio e sostenuta da militanti devoti, incarnavano un’alternativa ideologicamente coerente alla dittatura mentre le forze laiche erano profondamente divise e soprattutto, prima di tutto, erano in totale sintonia con la metà del paese più religiosa, conservatrice ed economicamente liberale.
Grazie a questi punti di forza i Fratelli musulmani hanno vinto le elezioni legislative e presidenziali, ma il trionfo li ha portati a dimenticare che un’altra metà del paese (quella delle città, ma non solo) detestava il loro puritanesimo e il loro integralismo religioso. Inoltre sopravviveva tutto un apparato statale ereditato dal regime (polizia, giustizia, esercito) ben deciso a mettere loro i bastoni tra le ruote, mentre il denaro delle grandi famiglie e delle grandi aziende non poteva né voleva associarsi a questo partito vicino ai piccoli commercianti.
Per governare in queste condizioni, i Fratelli musulmani avrebbero dovuto trovare alleati e costruire una coalizione più forte della loro maggioranza elettorale. E invece, secondo errore, si sono accontentati di offrire posti da figuranti ministeriali a personalità di altri ambienti, mentre le decisioni concrete venivano prese nell’ombra dai leader più oscurantisti della fratellanza.
In questo modo, esacerbando le paure e la repulsione dell’altra metà dell’Egitto, i Fratelli musulmani hanno alimentato la sensazione che nel paese stesse nascendo una nuova dittatura. Inoltre, terzo errore, non si sono preoccupati di definire una politica economica soddisfacente che potesse mantenere a galla lo stato. Già indebolita, l’economia egiziana è crollata nel giro di pochi mesi, e i Fratelli hanno aggiunto un forte malcontento sociale al rifiuto politico di cui erano già vittime. Per loro è stata come una sentenza di morte.
A quel punto il seguito era prevedibile. Riunendo i più poveri e l’Egitto modernista, si è formata una nuova maggioranza a colpi di petizioni e grandi manifestazioni, e l’esercito è corso in aiuto della contestazione organizzando un colpo di stato con l’appoggio dei partiti laici e di alcune autorità religiose musulmane e cristiane. Non è stato solo l’esercito a rovesciare il presidente Mohamed Morsi, ma anche una larga coalizione che politicamente rappresenta la maggioranza degli egiziani. Ciò non toglie che si tratta di un golpe contro un capo di stato legittimo, che l’esercito ha ripreso in mano il controllo del paese e che l’ondata di arresti nei ranghi dei Fratelli musulmani è ingiustificabile.
Certo, questo non significa necessariamente che siamo tornati alla dittatura militare, perché l’Egitto in rivoluzione non si lascerà rubare facilmente le libertà conquistate. Ma resta il fatto che l’esercito è uscito dalle caserme, e non sarà facile farcelo ritornare.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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