Per comprendere la crisi ucraina basta analizzare la toponimia e la geografia del paese. Il significato letterale del nome Ucraina è “vicino alla frontiera”, ma forse sarebbe meglio prendere in prestito la fantasia di Hergé e chiamarla “Borduria”, come il paese dei confini di Lo scettro di Ottokar, un episodio delle Avventure di Tintin. Nel caso dell’Ucraina, uscita dall’Unione Sovietica nel 1991, i confini sono quelli con la Federazione russa e con l’Unione europea.

Culla della Russia e successivamente possedimento polacco, dalla fine del settecento l’Ucraina è stata parte integrante prima dell’impero zarista e poi dell’Unione Sovietica. Costantemente in equilibrio tra l’est e l’ovest, questa terra si trova al centro del vecchio continente, e ha sempre combattuto per un’indipendenza che nella sua storia millenaria ha saputo conquistare soltanto episodicamente.

In questo senso non c’è da stupirsi se la rivoluzione arancione del 2004 e la crisi che ha nuovamente stravolto il paese in questi giorni hanno una causa comune: la ricerca impossibile di un orientamento.

Una parte dell’Ucraina si considera europea, e comprende la zona occidentale (la cui chiesa si è riunita a Roma) ma anche i giovani e i borghesi delle grandi città, che aspirano alla democrazia e allo stato di diritto. Dell’altra metà, legata alla Russia, fanno parte l’Ucraina orientale e quella delle vecchie industrie e dei contadini, i cui sbocchi sono chiaramente a est e che sarebbero fortemente penalizzate dalle norme europee.

Se all’interno dei confini ucraini è in corso una battaglia sociale, all’esterno si è scatenata una guerra di influenza. Da una parte c’è l’Unione europea, che teme un ritorno dell’autorità russa alle sue frontiere, mentre dall’altra c’è la Russia, con il suo esercito, i suoi servizi segreti, le sue industrie legate al Cremlino e il suo presidente che vorrebbe ricostituire il vecchio impero sotto forma (per il momento) di una comunità economica e doganale.

La situazione attuale dell’Ucraina non è che il prodotto di queste tensioni. Il presidente Viktor Janukovič, candidato della fazione russofila alle elezioni del 2004, ha negoziato a lungo un accordo di associazione con l’Unione europea, prima di cedere la settimana scorsa alle pressioni di Mosca. Domenica l’Ucraina filoeuropea ha risposto invadendo le strade al grido di “l’Ucraina è Europa”, dopo gli scontri violenti tra manifestanti e polizia della vigilia. Janukovič giura che la marcia di avvicinamento all’Europa è ancora in cima alla sua agenda, ma nel frattempo si prepara a partire per Mosca.

Più lacerata che mai, l’Ucraina ondeggia tra due destini, in preda a una crisi che continuerà a peggiorare se il paese non riuscirà ad affermare la sua natura di stato neutro e di ponte tra le due Europe, quella di Bruxelles e quella di Mosca. Il problema è che oggi l’Ue e la Russia appaiono incapaci di trovare un compromesso con Kiev, primo passo verso un patto per la sicurezza e verso quel partenariato economico di cui tutto il continente ha grande bisogno, da est a ovest.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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