La situazione si evolve continuamente. All’inizio i leader ucraini volevano firmare un accordo di associazione con l’Unione europea, consapevoli che agganciandosi all’Europa il loro paese potrebbe modernizzarsi ed entrare a far parte dell’economia mondiale. Poi, all’improvviso, il governo ha rinunciato all’accordo a causa delle pressioni russe. Nella giornata di giovedì è arrivato un nuovo colpo di scena, e Kiev è sembrata pronta a cambiare idea un’altra volta.

Mentre la forza delle manifestazioni pro-europee non accenna a calare, il vicepremier ucraino ha annunciato che il paese firmerà “presto” un accordo di associazione e di libero scambio con l’Unione. I leader europei sembrano voler credere alla nuova apertura ucraina, tanto da pensare a una “road map” per scandire il riavvicinamento con Kiev.

Allo stato attuale è difficile prevedere le prossime evoluzioni della vicenda, perché tutto può ancora cambiare in qualsiasi momento. L’unica certezza è proprio l’incertezza della situazione, legata alla titubanza dei leader ucraini, alle pressioni economiche della Russia e al rapporto di forze imposto a Kiev dalla determinazione dei manifestanti.

La crisi attuale va interpretata alla luce della storia millenaria dell’Ucraina, paese uscito vent’anni fa dall’Unione sovietica e inglobato dall’impero russo alla fine del XVIII secolo, ma caratterizzato da un’identità forte e dalla volontà del suo popolo di esistere indipendentemente all’intero delle sue frontiere. Questa spinta indipendentista emerge chiaramente dalle manifestazioni di questi giorni. Per quanto Putin possa pensare il contrario, l’Ucraina non è una provincia russa separatasi soltanto a causa del crollo dell’Unione sovietica. Tuttavia è altrettanto vero che Russia e Ucraina sono indissolubilmente legate da una storia comune, dai numerosi matrimoni misti, dalla diffusione della lingua russa in Ucraina e dal fatto che gran parte dell’economia ucraina dipende dalle esportazioni verso la Russia.

L’Ucraina, insomma, ha un piede in Europa occidentale e l’altro in Russia. Il paese si divide tra due Europe proprio come la Moldavia, altra ex repubblica sovietica che ha firmato un accordo di associazione con l’Ue ma è in bilico tra le forze eurofile e quelle russofile. La Moldavia è appartenuta a un paese che oggi è membro dell’Ue, la Romania, proprio come l’Ucraina è stata storicamente contesa alla Russia da tre stati Ue: Polonia, Austria e Svezia.

Siamo nella zona grigia del continente Europa, segnata da una linea di frattura secolare. Oggi la Russia sta cercando di ritrovare la sua grandezza perduta e di ricostituire il suo impero sotto forma di unione doganale, e non ha alcuna intenzione di lasciarsi “scippare” l’Ucraina e la Moldavia senza lottare. L’Europa, dal canto suo, vuole impedire alla Russia di rimettere le mani sui suoi vecchi possedimenti, ma allo stesso tempo non è pronta ad aprire le sue porte a Ucraina, Moldavia o Georgia, perché per farlo dovrebbe spendere una gran quantità di denaro e perché ha troppi problemi per considerare la possibilità di un nuovo allargamento.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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