I segnali che arrivano dall’Ucraina sono talmente contraddittori da sembrare, a torto, illeggibili. Il cessate il fuoco annunciato il 19 giugno dal nuovo presidente ucraino Petro Porošenko è entrato in vigore la sera del 20, ma in realtà non ha alterato lo scenario militare.
I separatisti filorussi hanno attaccato due basi ucraine e diverse postazioni alla frontiera con la Russia. Il loro obiettivo di fondo è quello di assumere il controllo del confine attraverso il quale passano i rifornimenti e le armi inviate da Mosca. L’esercito ucraino ha risposto agli attacchi, e per il momento il cessate il fuoco di una settimana è caduto nel vuoto, perché i separatisti lo considerano “insignificante” in quanto non implica né un ritiro delle truppe ucraine dalle regioni orientali né il riconoscimento della loro indipendenza.
Sul versante diplomatico la situazione è altrettanto complessa, anche perché Putin continua a dire tutto e il contrario di tutto. Sabato il presidente russo ha chiesto a “tutte le parti in causa di cessare ogni ostilità e sedersi al tavolo del negoziato”, manifestando il suo “sostegno” al cessate il fuoco voluto dal presidente ucraino e alla “sua intenzione di prendere provvedimenti per concordare una soluzione pacifica”. Tuttavia, poche ore dopo, il ministro della difesa russo ha annunciato l’inizio di un’esercitazione militare che coinvolgerà 65mila uomini alla frontiera ucraina.
Il messaggio inviato dal Cremlino è ambiguo, tanto più che domenica Putin ha ribadito il suo sostegno a Porošenko accusando al contempo le autorità ucraine di essere responsabili dello scontro ed esortandole a intervenire come se i separatisti fossero innocui pacifisti. Nella stessa giornata il presidente russo ha incontrato François Hollande e Angela Merkel per la seconda volta nel giro di tre giorni. Putin continua a mantenere un atteggiamento ambivalente, per due motivi.
Il primo è che la Russia è ancora minacciata da nuove sanzioni statunitensi ed europee che metterebbero ulteriormente in difficoltà la sua economia. Il presidente russo vuole continuare a professare la sua buona volontà per alimentare le speranze degli occidentali di raggiungere un compromesso, mantenendo al contempo la pressione militare sull’Ucraina per ottenere maggiori concessioni e regalare alla Russia il controllo sulla politica del suo antico feudo.
Il secondo motivo è che gli imprenditori e buona parte del governo russo spingono il Cremlino verso la moderazione nel tentativo di evitare una rottura con gli occidentali che l’esercito e i servizi segreti sono invece pronti ad affrontare. Putin deve offrire garanzie ai due schieramenti e contemporaneamente affermare la sua autorità. Intanto, mentre il presidente russo cerca di gestire questa contraddizione interna, l’Ucraina si prepara a firmare un accordo di associazione con l’Unione europea.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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