Quattro punti sulla fronte, ghiandole gonfie, infiammazione del nervo sciatico: ultimamente la nostra famiglia ha frequentato parecchio gli ospedali svizzeri. E, al di là degli acciacchi, è stata un’esperienza meravigliosa. Senza scendere nei particolari, gli ospedali svizzeri sono meravigliosi, tanto che mia figlia ogni tanto ancora mi chiede: “Papà, quando torniamo al Pronto soccorso?”.

Ma non sono mai andato in giro a vantarmene con gli amici italiani, perché gli ospedali svizzeri sono meravigliosi, ma quelli italiani sono gratuiti. Che non è poco.

Se c’è una cosa che non sopporto, sono gli espatriati che parlano male dell’Italia. Perché ogni paese ha i suoi pregi e difetti, perché non tutti possono prendere e partire e perché, ormai l’abbiamo capito, la Scandinavia è un paradiso terrestre ma ogni tanto qualcuno deve anche ricordarci che d’inverno fanno meno dieci gradi.

Lo scorso fine settimana sono stato a Roma e, come ogni volta che rimetto piede nella mia città, mi innamoro ancora una volta delle sue cupole, dei suoi tetti rossi, della sua luce al tramonto. Ogni volta sento una vocina nella testa che mi dice “forse dovreste tornare qui”. E poi ci sono gli affetti. Lunedì ho passato la serata con un gruppo di amici tra cui Guido, che non vedevo da anni.

Oggi ho letto sulla Repubblica che Guido è ridotto così, perché un gruppo di teppisti romani l’ha preso a sassate in quanto gay.

E di colpo quella vocina nella testa non la sento più.

La Svizzera non è meglio dell’Italia. Ma sui diritti dei cittadini omosessuali, lo è. E non perché gli svizzeri siano meno omofobi degli italiani, questo non lo credo. Ma perché qui c’è uno stato più maturo e democratico, che ha saputo dire cosa è giusto e cosa è sbagliato, riconoscendo il diritto al matrimonio alle coppie gay.

Qualche giorno prima che il teppista nazionale Cassano insultasse pubblicamente milioni di gay e lesbiche italiani, al di là delle Alpi, nella nostra monovolume si consumava questa scena: le mie figlie gemelle litigavano su chi avrebbe sposato Björn, il loro compagno di scuola che stavamo riportando a casa dopo una festa. “Lo sposo io”, “no io”, “no io”. Ma a un certo punto Björn, 4 anni e mezzo, ci ha informati che da grande lui avrebbe sposato Martin, “perché, sapete, anche due uomini si possono sposare”.

In Italia questa frase Björn non l’avrebbe potuta dire. Finché lo stato non si deciderà a dichiarare una volta per tutte che l’amore delle persone omosessuali ha la stessa dignità degli altri, come possiamo aspettarci che lo facciano i teppisti? Che lo faccia quel teppista nazionale di Cassano?

Con il suo silenzio e la sua inerzia, lo stato italiano è il vero teppista nazionale. Il più colpevole di tutti.

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