Di solito non mi piacciono le statistiche su gay e lesbiche. Perché, andando oltre i dati allarmanti sulle difficoltà che s’incontrano nell’adolescenza, poi i risultati di queste ricerche confermano sempre lo stesso imbarazzante verdetto: noi siamo meglio degli etero. In tutto.
A crescere i figli, a fare carriera, a vivere meglio la nostra sessualità, a far durare i matrimoni, a raggiungere più alti livelli d’istruzione. Siamo perfino più bravi a essere felici. Insomma, secondo i sondaggi da questa superiorità gay non si scappa.
Per me però è un dato allarmante e, ogni volta che leggo uno di questi articoli, sento crescere la mia preoccupazione. Sia ben chiaro: che i gay sono meglio degli etero lo sappiamo tutti da anni. Anzi da secoli, cioè da quando Michelangelo ha passato tutto quel tempo a testa in su a dipingere la cappella Sistina.
Ma poi, vedete, io ho tre figli e devo pensare anche a loro. Statisticamente qualcuno di loro si rivelerà essere eterosessuale, forse perfino tutti e tre. E come padre io ho il sacrosanto dovere di non farli crescere con l’idea di essere svantaggiati.
Alle mie figlie gemelle ripeto continuamente che il fatto di essere donne o uomini non cambia di un millimetro gli obiettivi che possono raggiungere. Allo stesso modo, non appena avremo qualche segnale sul loro orientamento sessuale e quello del fratello, mi toccherà cominciare a dire frasi tipo: “Il fatto che siate etero non significa nulla, voi valete esattamente quanto gli altri”.
Intanto però mi piacerebbe che anche la stampa ci aiutasse a promuovere la parità e la finisse di sottolineare quanto siamo migliori noi gay. Non perché non sia vero, ma per delicatezza verso tutti quelli che non hanno la fortuna di esserlo. Certe cose si sanno senza bisogno di ripeterle ogni momento.
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