Ci risiamo: il nostro grande paese (e la sua piccola enclave vaticana) è di nuovo in subbuglio per la notizia che il governo Renzi sarebbe pronto a presentare una proposta di legge per il riconoscimento delle unioni tra persone dello stesso sesso.
E come succede ogni volta, l’infuocato dibattito si basa soprattutto su ipotesi e sentito dire.
Ma andiamo per ordine. Prima di tutto lasciatemi ringraziare il movimento omofobo delle Sentinelle in piedi, che con le sue manifestazioni di profonda povertà di spirito sembra aver innescato il meccanismo che forse stavolta ci permetterà di arrivare davvero a una legge.
E un grandissimo grazie anche al miopissimo ministro dell’interno Alfano e alla sua reazione eccitata e scomposta. Era convinto di cavalcare l’onda del momento. E non si è accorto di aver dato invece l’ultima spintarella verso il “quando è troppo è troppo” perfino all’assopito carretto del senso civico degli italiani.
A quel punto abbiamo assistito a un vortice di eventi senza precedenti che sembra aver fatto avanzare di qualche mese, se non qualche anno, le intenzioni di Renzi in materia di diritti civili: è uscito il primo sondaggio in assoluto che dà la maggioranza degli italiani a favore del matrimonio egualitario; dal Vaticano sono trapelati segnali di un dibattito in atto sul possibile cambio di atteggiamento nei confronti dell’omosessualità; i sindaci di varie grandi città italiane hanno risposto ad Alfano cominciando a registrare a raffica i matrimoni tra persone dello stesso sesso celebrati all’estero.
E poi c’è stato l’impensabile: il selfie di Vladimir Luxuria a cena da Berlusconi.
I fratelli d’Italia dell’estrema destra, rimasti gli unici sparuti oppositori alla legge insieme a Giovanardi, forse non si sono ancora accorti che l’Italia s’è desta.
Ma per fortuna se n’è accorto Renzi, che fino a quel momento non pensava di aprire lo scivoloso capitolo delle unioni gay prima di aver sistemato questioni per lui più urgenti come la finanziaria, la riforma del lavoro o quella delle legge elettorale. Ora si dev’essere convinto che agire prima invece che dopo potrebbe essere una buona idea.
Il modello di riforma che presenterà, lo ribadisce da tempo, è quello dell’unione civile sul modello tedesco. Praticamente un matrimonio senza possibilità di adottare bambini, eccetto i figli biologici del proprio coniuge in mancanza di altro genitore.
Questo è il modello vigente in quasi tutti paesi dell’Europa occidentale che non sono ancora arrivati al matrimonio egualitario.
Ora però arriva il momento della precisazione. Perché da più parti si sta già sollevando la questione che le unioni civili riservate agli omosessuali siano una discriminazione nei confronti delle coppie etero, che non potranno accedervi.
Questa critica – che ho sentito arrivare da fonti di ogni tipo, dai giornalisti di Repubblica alle vedove di Nassiriya, passando perfino per alcuni amici gay – è frutto di un sostanziale equivoco.
Ascoltate bene tutti: le unioni civili di cui si sta parlando non hanno assolutamente nulla a che fare con le coppie di fatto. A differenza di alcuni episodi del passato (primo tra tutti gli ormai tristemente famosi Dico), stavolta non si sta lavorando alla regolamentazione delle coppie conviventi, etero o omo che siano, ma a quella delle coppie omosessuali che vogliono sposarsi.
Non si chiamerà matrimonio per non far arrabbiare nessuno, e perché in effetti ci sarà qualche diritto in meno, ma è di quello che fondamentalmente si sta parlando. Un diritto che gli eterosessuali hanno già, e non si capisce che tipo d’interesse logico o pratico avrebbero a ottenere un matrimonio senza possibilità d’adozione.
Sulle coppie di fatto andrà sicuramente legiferato, ma adesso stiamo trattando una questione completamente slegata.
Nelle prossime settimane assisteremo a un acceso dibattito a cui non è proprio il caso di aggiungere polemiche basate su un equivoco. Io propongo di goderci il grande regalo che le sentinelle in piedi e il loro goffo testimonial nel governo hanno fatto all’Italia migliore e cercare di discutere in modo chiaro e lucido, senza perdere la calma.
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