SimCity vi ha ingannato. Da decenni il leggendario gioco di simulazione urbana ha dato agli appassionati la sensazione di avere un potere reale su persone virtuali. Che si trattasse del gioco originale creato nel 1989 da Will Wright o dei suoi molti splendidi sequel, quando si giocava a SimCity ci si immaginava esperti di urbanistica che potevano rendere la vita tremenda o straordinaria a migliaia di malcapitati cittadini. Certo, le persone non erano reali, ma l’aspetto geniale di SimCity era la compassione che suscitava per gli elettori digitali.

Quando si aumentavano le tasse, si chiudeva una stazione dei vigili del fuoco o si piazzava una centrale elettrica a carbone nel bel mezzo di un quartiere residenziale si immaginavano, seppur brevemente, le tragiche conseguenze del proprio insensibile dominio. Da qualche parte un finto dipendente perdeva il lavoro, un appartamento virtuale veniva distrutto da un incendio e ragazzini immaginari tossivano nel sonno. Ed era tutta colpa del giocatore.

Ma era solo fantasia. Nella realtà, il motore di simulazione di SimCity non ha mai lasciato spazio ai cittadini simulati. Dietro la facciata il gioco ha sempre modellato la città come facevano i sovietici: imponendo tutto dall’alto. Se per esempio si riducevano i finanziamenti agli ospedali della città, SimCity si limitava ad applicare una funzione macroeconomica per calcolare in maniera approssimativa l’effetto dell’aumento delle malattie sull’economia generale.

Gli sviluppatori del gioco sapevano che era una soluzione approssimativa, ma non avevano altra scelta. I primi computer non avevano la potenza di calcolo per stabilire in che modo il deterioramento dello stato di salute di ogni singolo individuo poteva modificare il suo comportamento e questo cambiamento poteva ripercuotersi su tutta la città.

In effetti, osservando con attenzione la schermata di SimCity si notavano spesso auto e persone che sparivano e riapparivano. “Perché non c’erano veramente”, spiega Ocean Quigley, storico progettista di giochi della Maxis, l’azienda produttrice di SimCity. “La città non era che una rappresentazione statistica astratta e verticistica del funzionamento di una città reale”. Si trattava insomma della simulazione di una simulazione.

Ma le cose sono cambiate. La Maxis ha lanciato la sesta versione ufficiale di SimCity (all’inizio sarà disponibile solo per Windows, ma l’azienda ha annunciato che ci sarà una versione per Mac entro la fine della primavera). Per la prima volta il gioco farà qualcosa che prima fingeva solo di fare: il nuovo SimCity simula i singoli comportamenti urbani, registrando le interazioni di tutte le persone e di tutti gli oggetti.

“Ora ogni macchina e ogni individuo, ogni camion della nettezza urbana e ogni criminale sono rappresentati da un agente autonomo all’interno dell’ambiente”, dice Quigley, che ha lavorato al nuovo gioco come direttore creativo e artistico. “Poi assegniamo a ognuno di loro una serie di semplici regole di comportamento, e così un criminale se ne andrà a zonzo in cerca di un posto in cui commettere un crimine e un poliziotto cercherà luoghi del delitto. Il risultato è una città costruita sulle interazioni tra tutti questi agenti”.

Il risultato è incredibile. Sto giocando a SimCity da giorni e come in tutte le versioni precedenti ho notato che produce una fortissima dipendenza (in casa con me vivono un bambino di due anni e uno di tre settimane, e mia moglie mi ha mandato un sms per farmi sapere che stavano bene).

Ma SimCity non dà solo assuefazione: è anche più profondo e realistico di ogni altro gioco di simulazione a cui ho mai giocato. Dato che le versioni precedenti non tenevano traccia delle attività dei singoli cittadini, il gioco poteva fornire solo informazioni limitate su quel che succedeva e, anzi, molti avvenimenti erano frutto del caso, opera di un generatore di numeri casuali. Il nuovo gioco, invece, sommerge il giocatore di dati in tempo reale su tutti gli eventi che interessano la città (chiamata nel mio caso ManjooVille).

Cosa sappiamo della nostra metropoli? Dal punto di vista economico, possiamo scoprire quanto guadagna ogni azienda, quanti dipendenti ha all’attivo e quanti gliene servono, dove spedisce i suoi prodotti e perché è appena fallita. Il gioco fornisce questi dati su scala microscopica (vale a dire che si può seguire ogni singolo oggetto presente nell’ambiente) o tramite codici cromatici sulle mappe aggregate che si trovano un po’ dovunque.

Sotto certi aspetti, tutte queste informazioni agevolano il gioco. Nel vecchio SimCity mi ritrovavo spesso a creare una versione di Los Angeles o di Houston. Modellavo una città vasta e prospera ostacolata da alcuni problemi (l’inquinamento, il traffico, la criminalità) che non riuscivo mai a superare perché non avevo idea dei meccanismi che li facevano sorgere. Ora ManjooVille ha una sua logica interna che illustra l’impatto di ogni mia decisione su ogni singolo abitante simulato e in genere si riesce a capire come risolvere quello che non va.

Ma per altri versi, questo maggior livello di autenticità rende SimCity molto più complicato. Per cominciare, proprio come nella vita reale le risorse della città sono limitate. Quando si comincia a costruire, sullo schermo si visualizzano le quantità di acqua, petrolio, carbone, vento e altre risorse naturali a disposizione. È meglio fare attenzione a queste informazioni, perché se si crea una metropoli brulicante basata sul carbone ma poi si scopre che non se ne può comprare altro quando il giacimento è esaurito, ci si troverà facilmente nei guai.

Inoltre il concetto di “vittoria” è ora più sfumato. “Nelle versioni precedenti di SimCity”, ricorda Quigley, “la condizione implicita per vincere era una sola: Manhattan. Anche se non era un obiettivo dichiarato, era quello lo scopo che molti perseguivano: creare gli edifici più grandi e raggiungere la massima concentrazione demografica”.

Nel nuovo gioco ci sono modi diversi di “specializzare” la propria città senza che la popolazione diventi troppo densa. Si può costruire un luogo come le città dell’Arabia Saudita, che estraggono tutte le risorse di cui hanno bisogno e le vendono sul mercato globale; come Monaco, dove l’economia è basata sul turismo e sul gioco d’azzardo; o come la Silicon valley, che produce elettronica dalla mattina alla sera.

Ma il lato più affascinante del nuovo SimCity è che di tanto in tanto si rimane spiazzati da episodi imprevisti. “Nel vecchio modello”, dice Quigley, “la simulazione non faceva mai cose inaspettate, perché lo sviluppatore aveva messo un limite agli stati potenziali in cui il sistema poteva trovarsi. Quindi non potevano venirsi a creare novità o comportamenti insoliti. Tutto quel che succedeva nella simulazione era già prestabilito”.

Ora si osservano quelle che Quigley definisce “reazioni a catena” tra sistemi diversi. “Immaginiamo per esempio che una persona si ammali e che trasmetta l’infezione quando va in fabbrica. Allora in fabbrica le persone cominciano a contrarre la malattia e l’azienda chiude perché non ha più dipendenti. Così fallisce anche il negozio a cui la fabbrica forniva i prodotti, e via di seguito. Ci troviamo di fronte a rapporti organici di causa ed effetto”.

Anche se il tono generale di SimCity resta comico e simile ai cartoni animati (gli abitanti parlano con un cicaleccio indecifrabile e molti edifici hanno nomi autoironici come “Condominio degli scarafaggi” o “Albergo sacco di pulci”), nei suoi dettagli minuziosi il nuovo gioco potrà a volte evocare rappresentazioni molto più serie della vita urbana. Mentre giocavo non riuscivo a non pensare al telefilm The wire: SimCity imita quella raffigurazione del degrado urbano dal punto di vista di Dio e in alcuni momenti perfino la sua schiacciante letargia burocratica.

“Per me la cosa più interessante è la rappresentazione della criminalità”, dice Quigley. “Immaginiamo che un criminale entri in un edificio per derubare qualcuno. Per fermarlo il giocatore costruirà centrali di polizia in maniera frenetica”. Nel vecchio SimCity non bisognava fare altro: appena la stazione di polizia appariva, in quella zona la criminalità si dileguava come per magia. “Ma nel nuovo SimCity si devono assumere agenti che poi devono andare a fermare il crimine. Così quando si crea una centrale di polizia comincia a circolare il messaggio: ‘Chi vuole diventare poliziotto?’. E allora il giocatore assiste alla rapina e intanto si dice: ‘Su, ragazzi, arruolatevi come agenti di polizia!’. Si osservano le persone che pian piano si propongono come agenti e il nervosismo aumenta. Si aspetta che gli abitanti escano di casa e raggiungano la centrale per diventare poliziotti in modo da salire a bordo delle auto di servizio e correre dall’altra parte della città per fermare il ladro”.

Qualcuno potrebbe chiedersi se questo non sia un eccesso di realismo, se nel suo tentativo di riprodurre gli aspetti più alienanti della riforma urbana SimCity non rischi di perdere i suoi tratti che creano dipendenza. In fondo se le versioni precedenti erano divertenti era anche perché si poteva esercitare un controllo totale sulla città: se un incendio scoppiava nelle tue terre, non dovevi aspettare di aver assunto dei pompieri per spegnerlo.

Ma non ho mai avuto la sensazione che SimCity abbia accantonato il suo primo obiettivo: l’intrattenimento. Durante il gioco ho vissuto molti momenti di frustrazione, per esempio, quando mi davo da fare per risolvere un problema terribile a ManjooVille solo per essere intralciato dall’inerzia intrinseca della vita cittadina. Facevo scelte ardite, come emettere un gran numero di obbligazioni per finanziare la costruzione di nuove scuole, ma i miei sforzi venivano vanificati.

I miei abitanti non capivano subito come raggiungere le scuole che avevo creato, e ci sono voluti mesi per farli arrivare al livello di istruzione necessario per mettere in piedi un’economia high-tech. Certo, questi dettagli mi irritavano, ma mai abbastanza per farmi smettere di giocare. Come ha affermato un uomo saggio, sono le regole del gioco.

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