Sarò breve, perché non resterete qui a lungo. Ho già perso un bel po’ di lettori. Su 161 persone che sono finite su questo articolo, circa 61 (il 38 per cento) sono già andate via. Siete “rimbalzati”, come si dice in gergo, cioè non avete provato alcun interesse per questa pagina.

Quindi ora siete rimasti in cento. Un bel numero tondo. Ma non durerà! Siamo arrivati al punto in cui dovete far scorrere la pagina verso il basso per continuare a leggere. Di voi cento, cinque non andranno avanti. Arrivederci!

Adesso siamo in novantacinque. Un bel gruppetto di amici intimi, solo quelli che vogliono rimanere davvero. Grazie, ragazzi! Cominciavo a temere per la vostra capacità di concentrazione, perfino per la vostra intellig… ehi, che fate? State già twittando questo articolo? Non lo avete neanche letto! Che succede se nelle prossime righe propongo qualcosa di tremendo, come un emendamento alla costituzione che ci obbliga ad aggiungere due spazi vuoti dopo ogni paragrafo?

Ehi, aspettate, anche voi ve ne state andando? Volete commentare? Ma andiamo! Non c’è ancora niente da dire. Non sono arrivato nemmeno al punto. Sarà meglio che lo faccia: su internet pochissime persone leggono gli articoli fino alla fine.

Già lo sospettavo, ma ora ho le prove. Ho chiesto a Josh Schwartz, un esperto di elaborazione dati che lavora per la società di analisi del traffico web

Chartbeat, di analizzare come le persone leggono gli articoli su Slate. Schwartz ha fatto studi simili anche per altri siti e i suoi dati indicano che l’attenzione dei lettori è di breve durata.

Più scrivo, più persone perdono interesse per l’articolo. E questo vale per internet in generale. Quando una persona clicca su un articolo, spesso non arriva neanche a metà. Ancora più scoraggiante è il rapporto fra lo scorrimento e la condivisione. Dai dati di Schwartz si capisce che molti condividono il link di un articolo su Twitter senza averlo letto fino in fondo.

A questo punto siamo a qualche centinaio di parole dall’inizio del pezzo. Stando ai dati, dei cento lettori che non sono rimbalzati all’inizio, una cinquantina è ancora qui. Solo la metà!

Date un’occhiata al grafico qui sotto, che indica il punto in cui i lettori smettono di leggere un articolo. Chartbeat analizza il comportamento dei lettori in tempo reale: ogni volta che qualcuno apre una pagina di Slate con un un browser, Chartbeat traccia tutte le attività di secondo in secondo.

Di solito un articolo su internet è lungo duemila pixel. Nel grafico qui sotto, ogni barra rappresenta la percentuale di lettori che sono arrivati fino a un certo punto dell’articolo. C’è un picco in corrispondenza dello 0 per cento (il primo pixel della pagina in alto) perché il 5 per cento dei lettori non va più avanti di così.

Un paio di precisazioni: il grafico comprende solo gli utenti che hanno dedicato almeno un po’ di tempo alla pagina, quindi gli utenti “rimbalzati” subito dopo averla aperta non sono calcolati. L’asse X supera il 100 per cento per includere elementi come i commenti, che si trovano sotto la soglia dei duemila pixel. Infine, il picco verso la destra è un’anomalia determinata dalle pagine contenenti foto e video, che gli utenti fanno scorrere fino in fondo.

I dati dimostrano che la maggior parte dei lettori di Slate fa scorrere le pagine fino alla soglia del 50 per cento, che corrisponde al millesimo pixel. Non siamo molto lontani da quel punto. Ho fatto un test per avere un’idea di quanto si può capire da un articolo arrivando solo fino al millesimo pixel.

Prendiamo per esempio il pezzo di Mario Vittone sui segnali che indicano se qualcuno sta annegando. Se la parte superiore del vostro browser è arrivata solo al millesimo pixel dell’articolo, la parte inferiore si trova intorno ai 1.700 pixel (in genere le schermate dei browser sono alte 700 pixel).

A quel punto non avreste letto che chi annega non agita le mani per chiedere aiuto, non può controllare volontariamente i movimenti delle braccia e anche qualcos’altro che non so perché non ho ancora letto il pezzo fino in fondo.

Oppure pensate all’articolo di John Dickerson sullo scandalo dell’agenzia delle entrate statunitense. Se siete arrivati a metà avete letto solo i primi quattro paragrafi. Però dopo quei quattro paragrafi John fa riflessioni molto interessanti. Naturalmente non lo avete finito perché qualcuno vi ha mandato un messaggio in chat e poi avete dovuto guardare un video e dopo è squillato il telefono…

L’aspetto peggiore del grafico di Schwartz è il picco in corrispondenza dello zero. Circa il 5 per cento delle persone che aprono una pagina di Slate e in qualche modo la usano non vanno mai fino in fondo. Sapete cosa si vede di una pagina di Slate se non la si fa scorrere? Niente, al massimo un paio di frasi. Eppure gli utenti abbandonano la pagina senza iniziare a leggere. Allora perché hanno cliccato su quel link?

Per certi versi la situazione degli altri siti è più incoraggiante di quella di Slate, ma da altri punti di vista è anche più triste.

In questi siti di solito si scorre fino al 60 per cento dell’articolo invece che al 50 come su Slate. D’altra parte, il numero delle persone che non fanno scorrere la pagina sale al 10 per cento. In generale, comunque, la situazione del web è simile a quella di Slate: pochi arrivano fino in fondo e molti utenti non danno neanche una possibilità all’articolo. A questo punto siamo quasi in fondo alla pagina, quindi solo mia madre sta leggendo (grazie, mamma!).

Ma parliamo della relazione fra scorrimento in basso e condivisione. Ho chiesto a Schwartz se pensa che chi condivide il link di un articolo sui social network lo abbia letto sul serio. Mi ha risposto che Chartbeat non può capire se gli articoli vengono condivisi prima di essere stati letti, però può calcolare il numero di tweet che contengono il link a una pagina e poi può confrontare quel numero con la frequenza dello scorrimento dell’articolo. Ecco la sua analisi per le pagine di Slate:

Ed ecco un grafico simile della relazione tra scorrimento e condivisione su altri siti monitorati da Chartbeat:

Dicono entrambi la stessa cosa: la relazione tra scorrimento e condivisione è molto debole. Gli articoli che vengono ritwittati spesso non necessariamente vengono letti fino in fondo, e quelli che vengono letti fino in fondo non generano necessariamente molti tweet.

Scrivo per mestiere e quindi trovo questi dati molto fastidiosi. Forse non è scontato (soprattutto a chi di voi ha già chiuso questa pagina per guardare un video degli Arrested Development), ma io dedico un bel po’ di tempo ed energie a scrivere un articolo. Faccio attenzione anche agli ultimi paragrafi: per esempio in questo momento mi sto chiedendo se aggiungere qualcosa, e magari inserire altri due grafici interessanti. Ma forse è meglio di no, perché potrebbe distrarvi e forse è arrivato il momento di tirare le somme…

Ma quali somme si possono tirare? Secondo Schwartz, sul sito di Slate solo il 25 per cento dei lettori supera i 1.600 pixel e a questo punto lo abbiamo già superato. Ovviamente vorrei che condivideste i miei articoli con altre persone, vorrei che cliccaste su “mi piace”, che segnalaste il pezzo per email e su Twitter a tutti i vostri amici. Ma se avevate una vaga intenzione di farlo, lo avete già fatto. Probabilmente subito dopo aver letto il titolo e aver visto la foto. Niente di quello che dirò a questo punto conta granché.

Allora che dire? Ecco qualche altro grafico, e poi prometto che tirerò le somme per quei pochi di voi che sono ancora qui in giro (ma non avete nient’altro da fare?).

Questo grafico indica le sezioni delle pagine di Slate in cui i lettori passano più tempo:

E questo illustra il tempo dedicato alle varie sezioni di tutti i siti analizzati da Chartbeat:

Dovrei essere molto contento, perché si vede che su Slate molte persone trascorrono più tempo al di sotto della prima schermata. “È un risultato eccellente”, ha commentato Schwartz. “Di solito le persone vanno in fondo se l’articolo è di qualità”.

Fantastico! Ma purtroppo c’è un grosso ma. Probabilmente è la struttura del sito di Slate a gonfiare questo risultato. Per visualizzare anche solo le prime righe di un articolo bisogna far scorrere la pagina verso il basso: per questo il numero di persone che consultano la parte bassa del sito è così alto. Ma se gli articoli cominciassero più in alto, il risultato potrebbe non essere altrettanto buono. Argh.

Da autore queste cifre mi lascino contrariato, ma da lettore non mi stupiscono più di tanto. Ogni giorno leggo molti articoli e condivido decine di link su Twitter e su Facebook. Ma quanti ne leggo fino in fondo? Non troppi. Mi chiedo se succede la stessa cosa anche fuori da internet. Con la diffusione degli e-book e dei film e delle serie tv in streaming, oggi è facilissimo passare da una cosa all’altra. Nell’ultimo anno, io e mia moglie abbiamo guardato solo la metà di almeno cinque o sei film.

Sul mio Kindle ho dei libri di cui ho letto solo il primo capitolo. Anche se lo adoravo e lo consiglio a tutti, non ho mai finito di vedere la versione britannica del telefilm Skins. E anche Battlestar Galactica, che ho lasciato a metà e spero prima o poi di finire. Lo farò? Probabilmente no.

Forse è il nostro destino culturale: viviamo nell’era della consultazione rapida. Io vorrei andare fino in fondo, davvero, e vorrei che anche voi lo faceste. Smettetela di lasciare le cose a metà! Ma chi voglio prendere in giro? Ho tanto da fare, e anche voi. C’è sempre qualcos’altro da leggere, guardare, mangiare o qualcos’altro con cui giocare.

Bene, questo è il punto in cui dovrei farmi venire in mente una chiusura a effetto. Ma a chi importa? A voi di certo no. Mettiamola così: la battuta finale sarà per la prossima volta.

(Traduzione di Floriana Pagano)

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