Qualche tempo fa Sabrina Nobile, del programma tv Le Iene, è andata davanti al parlamento per fare delle domande di cultura generale ai nuovi eletti. C’è il deputato, membro della commissione affari costituzionali, che non sa chi è Netanyahu. C’è la parlamentare, della commissione affari esteri, convinta che Vatileaks sia una parola latina. C’è quello del Partito democratico, membro della commissione politiche dell’Unione europea, secondo cui la perestrojka è “un evento negativo” che risale all’epoca di Stalin. C’è la deputata del Movimento 5 stelle, nominata nella commissione lavoro, che alla domanda su cosa sia la Bce risponde: “Oddio che domanda, dai, non chiedermi ‘ste cose, sono proprio fusa”.

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Ovviamente non c’è niente di male nel non sapere cosa sia la perestrojka. La maggior parte delle persone non lo sa e vive serenamente. E non è neanche così grave che a ignorarlo sia un parlamentare: in fondo per legiferare correttamente potrebbe non essere necessario ricordare chi è Netanyahu. Il fatto, però, è che le risposte rivelano che questi deputati, forse rappresentativi dell’intero parlamento, non si informano, non leggono i giornali, non guardano un tg neanche ogni tanto, non ascoltano la radio, non vanno neppure su Google News.

Ma per controllare davvero l’attività dei governi e per fare buone leggi è preferibile essere informati. Si è affermata invece l’idea che i parlamentari, le persone cioè dalla cui attività dipendono le sorti del paese, per fare bene il loro lavoro, per rappresentarci meglio, debbano anche somigliare a un ipotetico italiano medio, apparentemente disinformato e un po’ ignorante. Le interviste delle Iene strappano un sorriso benevolo, perfino compiaciuto (“Questa io la sapevo”), mentre dovrebbero farci schiumare dalla rabbia. Perché in parlamento servirebbero persone più preparate. Però è troppo facile prendersela con il deputato che ignora il significato di perestrojka o con la deputata che non sa cos’è la Bce. E non è neanche colpa degli elettori, che non possono esprimere preferenze.

I veri responsabili sono quelli che li hanno selezionati. È a loro che bisognerebbe chiedere: perché l’avete fatto?

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