A dicembre Amazon ha depositato un brevetto per un sistema di consegne anticipate: la spedizione del pacco comincia prima ancora che il cliente paghi. Qualche tempo fa aveva fatto notizia un’altra idea di Amazon: sperimentare le consegne con i droni. I sistemi, i tempi e i costi delle consegne (cioè tutto quello che va sotto il nome di “logistica”) sono decisivi. Per aziende come Amazon sono importanti perché velocità e risparmio fanno ancora la differenza tra andare nella libreria sotto casa o comprare un libro online.
Ma la logistica è fondamentale anche per tutte le altre grandi aziende: si può delocalizzare la produzione all’infinito, ma poi i prodotti devono poter tornare in qualche modo. Che trasportino i mobili di Ikea o i pacchi per Dhl, il latte per Granarolo o la frutta per i supermercati Carrefour, i lavoratori di questo settore hanno un unico compito: consegnare le merci nel modo più rapido ed economico possibile. Sono l’ultimo anello di una lunga catena. In Italia si tratta per lo più di lavoratori stranieri spesso sfruttati da società e cooperative colluse con la mafia, costretti a turni lunghissimi, straordinari obbligati e non pagati, decurtazioni arbitrarie di stipendi già assai magri.
In questo settore, se i lavoratori decidono di fermarsi, tutto il sistema va in tilt. Di loro, nessuno può fare a meno. Gli scioperi dell’anno scorso hanno avuto un grande successo, in termini di partecipazione, nel Norditalia. E il 14 gennaio l’aggressione a Milano di Fabio Zerbini, un sindacalista molto attivo nella logistica, indica che scioperi e lotte stanno toccando nervi scoperti.
Hanno scritto i Wu Ming su Internazionale, qualche tempo fa: “Ecco perché la loro lotta riguarda tutti noi: perché la sofferenza sociale è la questione centrale da affrontare se si hanno ancora a cuore le sorti collettive. I lavoratori del settore logistico hanno saputo superare divisioni etniche e frammentazioni e hanno aperto così una partita cruciale, sottolineando ancora una volta che la divisione reale che taglia la società non ha a che fare con etnie o culture ma è la dialettica tra sfruttati e sfruttatori, tra poveri e ricchi”.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it