In Spagna sta succedendo qualcosa di incredibile. Il 20 dicembre il governo ha approvato la Ley de protección de la vida del concebido y de los derechos de la mujer embarazada. La legge prevede l’interruzione di gravidanza solo in casi di violenza sessuale (fino alla dodicesima settimana) e quando sia accertato da due medici diversi un “serio e durevole pericolo per la salute fisica e psichica” della madre. Le eventuali malformazioni del feto, anche gravi, non saranno più considerate sufficienti. Sarà ripristinato il divieto per le minorenni di abortire senza il consenso dei genitori. In caso di aborto illegale i medici saranno processati e alle donne potrebbe essere inflitta una sanzione amministrativa. Se la nuova legge sarà approvata dal parlamento - dove il Partito popolare ha la maggioranza assoluta - in Spagna interrompere la gravidanza non sarà più un diritto, ma un reato depenalizzato.

El País l’ha definita una controriforma, forse però è fantascienza. Un viaggio indietro nel tempo per azzerare conquiste civili e sociali degli ultimi decenni, diritti che sembravano acquisiti e ormai intoccabili. È come pensare di proibire il divorzio o cancellare il suffragio universale. Ma la realtà sta superando la fantasia, in Spagna e non solo.

Il 10 dicembre il parlamento europeo ha bocciato la Risoluzione Estrela, che chiedeva in particolare il diritto all’aborto legale e sicuro per le donne di tutti i paesi dell’Unione. Decisiva l’astensione di sei deputati italiani del Partito democratico (Silvia Costa, Franco Frigo, Mario Pirillo, Vittorio Prodi, David Sassoli, Patrizia Toia). Per il 1 febbraio sono previste molte manifestazioni in Spagna e nel resto d’Europa, anche in Italia. “Porque yo decido”. L’obiettivo è il ritiro della legge spagnola. Ma soprattutto ricordare che ovunque spetta sempre alle donne decidere.

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