Vladimir Makanin, Underground. Ovvero un eroe del nostro tempo
JacaBook, 590 pagine, 25 euro
Perdemmo Makanin molti anni fa, quando e/o smise purtroppo di tradurlo, e lo ritroviamo invecchiato felicemente. Underground (2008), tradotto con passione da Sergio Rapetti, è un grande romanzo che sintetizza un’epoca, come accadeva con i migliori del passato.
Si svolge tra il 1991 e il 1992 a Mosca, poco prima della fine di ogni apertura democratica, in un enorme casamento di cui il narratore-protagonista Petrovic (un patronimico, assente il nome) è una specie di guardiano che si mescola ai suoi abitanti, e narra con loro (e per loro) la confusione di un tempo gramo, la compresenza di un passato che non passa, l’incombere di un futuro grigio o nero. Petrovic non è uno stinco di santo, ma soffre la mutazione e l’impotenza che gliene viene, ne ha una grave coscienza, come non accade a chi vive il presente adattandovisi e non sa reagire al suo caos, alla sua violenza.
Legge Heidegger e Berdjaev, si rispecchia nell’eroe di Lermontov, ambisce a scrivere.
Il suo underground è la metropolitana ma anche il sottosuolo dostoevskijano o la casa dei pazzi in cui è finito il fratello Venja, il suo doppio, che soffre il presente più di lui e ne è schiacciato nella mente e nel cuore. Leggiamo questo grande libro per capire la Russia di oggi, e per ritrovare la grande tradizione di chi sapeva interpretare il disagio di tutti.
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