Erri De Luca, Storia di Irene

Feltrinelli, 110 pagine, 9,00 euro

Dopo un esordio interessante e inatteso (1989, dentro il riflusso dei movimenti) De Luca ha scritto una trentina di libri molto amati da un pubblico bisognoso come lui di consolazioni alte e spirituali, una sorta di Coelho italiano venditore di un sacro facilmente digeribile, da Adelphi di scarto: un fenomeno che qualcuno dovrebbe analizzare, e che servirebbe a spiegare cosa noi italiani abbiamo attraversato e accettato.

Non leggevo De Luca da tempo, e questa Storia di Irene zeppa di sentenze mi è sembrata assai imbarazzante per la rozzezza letteraria e per l’immane narcisismo dell’autore, alle prese stavolta con ambienti e miti greci e marini dopo essersi aggirato per anni nei meandri della Bibbia e in attesa, chissà, di passare prima o poi nella zona del Budda. New age all’italiana, su fondo dannunziano. Per frasi brevi, spesso coraggiosamente tremende.

De Luca parte senza citarla da una vecchia storiella su Freud e Jung (il mare è il simbolo del ventre materno oppure è vero il contrario?) e finisce nel consueto kitsch, ma poetando stavolta arditamente su una fanciulla greca che ama, alla lettera, i delfini. Il passo dal sacro al comico è breve, ma c’è a chi questa pappa piace, anche tra i nostri pretoni e anche all’estero. Meglio i due raccontini di complemento, più realistici e certamente meno insulsi a ricordare che un tempo, forse, qualche talento De Luca l’aveva.

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