“O bella! Che, mi regali una borraccia anche a me? No? Allora mi dai un bacio almeno?”.

Una battuta innocua, pronunciata da un ciclista in una gara amatoriale a cui ho partecipato l’altro giorno. Ero quasi in coda, con il gruppo dei somari, e lì al bordo della strada c’era una donna che aspettava il passaggio dell’amico o l’amica (c’era una discreta partecipazione femminile alla gara) con delle borracce d’acqua. Un ciclista davanti a me ha fatto la battuta. La donna delle borracce lo ha ignorato. Qualche sorriso tra i compagni, poi tutti ad affrontare la prossima salita.

L’episodio mi ha fatto tornare in mente

[un articolo di Laura Bates][1] sul Guardian, uscito in occasione della presentazione a Londra del suo libro Everyday sexism.

Bates ha lanciato il progetto Everyday sexism (Sessismo quotidiano) nell’aprile del 2012. L’idea era molto semplice: creare [un sito][2] e un account Twitter ([@EverydaySexism][3], associato all’hashtag [#ShoutingBack][4]), “per catalogare gli episodi di sessismo subiti dalle donne ogni giorno”. A volte si tratta di atti di vera e propria violenza sessuale, ma per lo più le oltre cinquantamila testimonianze raccolte finora sul sito raccontano uno stillicidio di commenti, sguardi, episodi che sono spesso considerati non gravi, delle semplici ragazzate, e che raramente rientrano nelle definizioni legislative di molestia sessuale.

Scrive Bates che “la goccia che ha fatto traboccare il vaso non è arrivata dopo una esperienza drammatica, ma è stata la somma di una settimana di piccole seccature: quel tizio che mi ha preso la mano mentre ero seduta a un bar, e non la mollava; l’uomo che mi ha seguita dalla fermata dell’autobus e mi ha fatto delle avances davanti alla porta di casa; quello che ha fatto un gesto osceno e mi ha detto che stava cercando moglie”.

Per Bates, le storie più scioccanti sono alcune di quelle raccontate dalle minorenni: ragazze di 13 o 14 anni che mentre vanno a scuola, magari in uniforme (un topos, ahimé, di tanti film porno), sono oggetto di commenti spinti da parte di uomini soli o in gruppo. Episodi che raramente vengono raccontati ai genitori perché le vittime se ne vergognano. Poi, quando arrivano a scuola, le cose non sempre migliorano. Tra molti maschi adolescenti, la frase “sei così bella che ti stuprerei” è ormai pensata come un complimento (e quando si va in discoteca, tutti a ballare Blurred lines di Robin Thicke e a cantare allegramente “So che lo vuoi… ti do qualcosa di così grande che ti spaccherà il culo in due”).

Rispetto all’uomo adulto che fa un commento sui seni di una ragazza di dodici anni mentre cammina verso scuola, la “galanteria” (chiamiamola così) del ciclista durante la gara non era niente. Se l’avessi rimproverato sarei senza dubbio stato accusato di mancanza di senso dell’umorismo. E poi durante una gara è difficile fare discorsi educativi, soprattutto in salita. Magari lui mi avrebbe risposto che lo intendeva come un gesto romantico. Poi c’è il testosterone della gara a fare da attenuante. E non c’erano cicliste donne a portata d’udito in quel momento. Infine, era la solita bravata del branco, quando uno calcola “tanto non ti vedrò mai più”.

Ma sono tutte scuse sciocche. Anche le mie, per giustificare il mio silenzio. Perché sempre di sessismo si tratta. Sarebbe stato interessante mettere una telecamera nascosta lì, accanto alla donna delle borracce, per vedere con quanta regolarità incassava dei commenti del genere mentre aspettava. Almeno una volta ogni cento bici, scommetto.

Un’operazione simile è stata compiuta un paio di anni fa da una studentessa di cinema belga. Sofie Peeters era così stufa dei commenti ricevuti per strada quando si è trasferita a Bruxelles che ha deciso di farsi seguire a debita distanza da un amico con una telecamera nascosta. Un trailer illustra il progetto, che ha portato anche al passaggio di una legge comunale nella capitale belga che impone una multa di 250 euro a chiunque importuni una donna per strada. Ma la cosa più importante è il fatto che, come Everyday sexism, il filmato di Peeters ha contribuito a far luce su un fenomeno di cui la società prende nota solo quando sfocia in casi di cronaca.

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Ribadisco: rispetto ad alcuni commenti rivolti a Peeters in questo video, la battuta da cui è partito questo post è un nonnulla. Ma tracciare la linea tra galanteria e molestia è un buon punto di partenza nella lotta al sessismo quotidiano. Perché chiedere un bacio a una sconosciuta è sempre un’imposizione di potere. Se una donna provasse a farlo sarebbe etichettata come spudorata.

Se credete che sto facendo di un sassolino una montagna, date un’occhiata a quest’altro video, un cortometraggio dell’attrice e regista francese Éléonore Pourriat che immagina un mondo in cui siano gli uomini a subire questo tipo di vessazioni giornaliere. Si chiama Majorité oprimée, e mi piace un sacco.

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Soprattutto la conversazione tra moglie e marito che lasciano il commissariato dove lui è andato a denunciare un brutto episodio di violenza sessuale. Lei all’inizio lo sostiene, ma poi esplode: “Ma guarda come sei vestito! Maniche corte, infradito, pantaloncini sopra al ginocchio”. “Mi vesto come piace me”, si difende lui. “Allora non ti lamentare”, spara la moglie. Ma poverina, era stressata. Ha avuto una lunga giornata in ufficio e poi è dovuta correre dal marito che ne ha combinata un’altra delle sue.

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