È qui che tutto è cominciato. In Sicilia. All’inizio di ottobre del 2012 fa ancora caldo quando Beppe Grillo – metà Nettuno metà Garibaldi – attraversa lo stretto di Messina a nuoto e sbarca sull’isola. Il suo obiettivo è far vincere al suo Movimento 5 stelle, nato tre anni prima, le elezioni regionali. A bordo di un camper attraversa l’isola in lungo e in largo, e va di piazza in piazza. I giornalisti accorrono numerosi, avvertendo il possibile exploit.
A fine ottobre del 2012 l’obiettivo è raggiunto. L’M5s diventa il primo partito della Sicilia anche se non ottiene la maggioranza dei consiglieri regionali. Nell’epopea grillina, la battaglia di Sicilia è importante come quella di Parma dell’anno prima. Sono queste vittorie che segnano un progresso, che creano la dinamica, che forgiano la mitologia. Lo sbarco di Messina è il preludio allo tsunami che attende la penisola in occasione delle elezioni politiche del febbraio 2013.
Giugno 2013. Bisogna riscrivere la storia, vedere le sue sfumature. Grillo è tornato in Sicilia per sostenere i suoi candidati alle elezioni amministrative, sfalzate di due settimane rispetto a quelle del resto d’Italia. Ma si è impegnato di meno, forse a causa della stanchezza. La sua come quella degli elettori. Martedì 11 giugno, una volta scrutinati tutti i voti, il disastro è totale. Lo tsunami è diventato ben poca cosa. Come nella penisola dove nessun candidato ha superato il primo turno nei 16 capoluoghi di provincia, e tutti o quasi gli aspiranti sindaci dell’M5s nelle grandi città siciliane sono stati eliminati.
I risultati la dicono lunga sulla mancanza di radicamento territoriale di questo movimento, sull’assenza di notorietà dei suoi candidati e sul lavoro che aspetta l’M5s se vuole radicarsi nel panorama politico italiano. A Siracusa, a Messina, a Catania i grillini hanno ottenuto un decimo dei voti presi a febbraio. Solo il candidato di Ragusa andrà a un rischioso ballottaggio contro la sinistra.
Per Grillo queste elezioni amministrative, tanto sul continente quanto in Sicilia, sono un insuccesso totale, anche se nel forte tasso di astensione si può vedere una sorta di sconfessione dei cosiddetti partiti “tradizionali”. L’M5s vince solo ad Assemini, una piccola città della Sardegna e a Pomezia, una città dormitorio del litorale romano. “Il nostro sviluppo è lento ma inesorabile”, ha comunque commentato sul suo blog. Chissà, forse ha ritrovato il suo umorismo.
Traduzione di Andrea De Ritis
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