Il modo tradizionale di far scuola è minacciato da un ciclone. Con nome inglese lo chiamano flipped classroom, la classe ribaltata. La Khan academy di cui qui s’è già detto lo alimenta. E ora la cauta, sempre responsabile Associazione docenti italiani (Adi) gli dà il suo avallo nella newsletter del 5 novembre e chiama alla ribalta un ricercatore di Padova, Graziano Cecchinato, che nel suo sito moltiplica le testimonianze di classi flippate.

In molti paesi una sacra trinità ha presieduto da secoli alla vita della scuola: 1) silente ascolto in classe della lezione dell’insegnante che tra cattedra e lavagna racconta quel che nel libro è già scritto; 2) a casa studio (del libro) ed esercizi di applicazione dello studio; 3) di nuovo in classe, interrogazioni “alla cattedra” per verificare lo studio del libro.

Qua e là ci sono stati sempre insegnanti divergenti: l’insegnante “che non interroga mai”, perché in realtà interroga sempre, gira tra i banchi, costruisce passo dopo passo (“perde tempo”) comprensione e apprendimento degli studenti parlando con loro e annotando come interagiscono con lui e con lo studio; oppure insegnanti che, come faceva Mario Lodi, capovolgono la cattedra e, poggiata contro un muro, la usano come stia per far vedere come nascono e vivono i pulcini. Se si costruiscono e offrono agli studenti buoni video didattici da vedersi a casa quando vogliono, il tempo classe può essere dedicato interamente alla discussione e all’apprendimento attivo.

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