Phil gira e rigira la cartolina fra le mani. Controlla indirizzo, mittente, francobollo e timbro postale: arriva dagli Stati Uniti. È incredulo. La annusa, ne stropiccia gli angoli. Sono i primi giorni di gennaio e da questo inizio 2016 non si aspettava di ricevere una missiva a Bamako, in Mali, nel cuore dell’Africa occidentale.
Per Phil Paoletta, viaggiatore americano di 30 anni che da due gestisce l’albergo-ristorante Sleeping camel nella capitale maliana, ricevere quella cartolina “è un segno, una prova tangibile della mia esistenza”. Lo stesso giorno incrocia Ali Nialy, ex guida turistica di Timbuctù e amico di lungo corso. Ali, come succede spesso dall’inizio della guerra in Mali nel 2012, gli parla delle difficoltà a mantenere la famiglia avendo perso il lavoro.
Mentre lo ascolta, Phil non riesce a smettere di pensare alla missiva ricevuta quella mattina, che non gli è stata spedita da un amico o da un parente ma è la ricompensa per aver donato dieci dollari a una campagna di crowdfunding. “Mi sembrava esistesse un legame fra le sventure di Ali e la cartolina arrivata dagli Stati Uniti, ma non riuscivo a capire quale fosse. L’unica cosa che mi pareva chiara era che il mio amico non avesse bisogno del solito aiuto economico ma di un’idea”.
Alla base di questa folle trovata c’è la complementarietà fra digitale e analogico
Nasce così, dalle chiacchiere di due visionari a Bamako, Postcards from Timbuktu, sito internet in cui per 10 dollari è possibile ordinare una cartolina della “città misteriosa” e farsela spedire a qualsiasi indirizzo nel mondo. Dopo aver scelto tra le quattro fotografie disponibili e inserito il testo da scrivere, la richiesta arriva via email sul telefono di Phil che la gira su WhatsApp ad Ali a Timbuctù. Alla base di questa folle trovata c’è la complementarietà tra digitale e analogico: senza internet non sarebbe possibile farsi spedire una cartolina da questa periferia del mondo, ma una volta inoltrato l’ordine, la parte virtuale finisce lasciando spazio alla rete informale che la fa arrivare fino a Bamako.
Poste africane
All’inizio, per coprire questo tragitto, Ali e compagni si servivano di una staffetta di carretti trainati da asini, motorini, motociclette, jeep, piroghe e altre imbarcazioni del trasporto pubblico sul fiume Niger. Archetipo della lontananza, Timbuctù dista “appena” 800 chilometri della capitale, anche se le strade che la raggiungono sono solo in parte asfaltate. Ma da quando l’intero nord del Mali è diventato territorio di banditi e jihadisti, le cartoline sono trasportate sui velivoli bimotore della Minusma (missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite) fino a Bamako. Qui sono raccolte e stivate negli aerei di Air France che quotidianamente collega il Mali all’Europa. Dall’ufficio postale di Parigi, dove transita tutta la posta delle ex colonie francesi diretta fuori dell’Africa, le cartoline volano poi verso le destinazioni finali.
“Ci vuole pazienza. Le tempistiche sono africane, ma finora non ne abbiamo persa nessuna. Solo una cartolina diretta a New York non è ancora arrivata dopo più di quattro mesi dall’invio, ma è in viaggio. In questi giorni un’altra è stata consegnata in Olanda dopo tre mesi e mezzo. La gioia di ricevere un oggetto venuto da lontano che ha affrontato un tragitto così lungo ed è passato tra le mani di tante persone ricompensa l’attesa”. Phil sorride. Recentemente “per un ordine di ben tre cartoline” all’ufficio postale di Timbuctù hanno finito i francobolli. Ali e i suoi amici hanno girato per giorni prima di trovarne di nuovi. Da gennaio, 165 missive con francobollo e timbro della città hanno raggiunto destinazioni quali Stati Uniti, Francia, Belgio, Dubai, Australia e Nuova Zelanda.
Molte persone pensano che Timbuctù sia solo una città inventata
Come rivela il suo cognome, Phil Paoletta ha radici italiane. I nonni paterni erano emigranti che da Foggia raggiunsero in nave il sogno americano, facendo fortuna con una catena di pizzerie aperta a Cleveland, dove è nato Phil. Dopo la laurea in filosofia all’università di New York comincia a insegnare in una scuola per ragazzi disagiati di Washington, ma dopo tre anni decide di guarire quel mal d’Africa contratto in un semestre in Ghana a studiare musica. Prima che “il cammello si fermasse a riposare qui a Bamako”, e sposasse Bintou, Phil ha girato per sei anni in Africa occidentale: Ghana, Togo, Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Mali. “In quel periodo viaggiavo facendo couchsurfing perché pensavo fosse il modo migliore di conoscere nuovi posti e nuove persone. Ogni volta che rientravo a casa, però, parenti e amici mi bombardavano di domande assurde tipo: in Africa ci sono le banche? Non hai paura dell’aids? Per comunicare hai bisogno di un telefono satellitare?”.
Disegnare cammelli
How to draw camels è il primo progetto di Phil e cerca di decostruire i pregiudizi e gli stereotipi sull’Africa degli americani (e non solo). Ovunque andasse chiedeva alle persone incontrate sul cammino di disegnargli un cammello, pubblicando racconti e video sul suo blog. “È un animale simpatico e difficile da disegnare. Così ho ripescato un gioco che facevo a scuola con i miei studenti servendomene per ridurre la diffidenza ed entrare in contatto con la gente. Una volta a Bamako ho fatto disegnare cento cammelli in 24 ore!”.
Dopo aver pubblicato un e-book coi segreti dell’“arte del disegno del cammello” e, con le libere donazioni dei lettori, contribuito a sette progetti di sviluppo locale in Mali, Phil si è lanciato nella nuova avventura di Postcards from Timbuktu “perché la maggior parte degli americani pensa che questa città sia un luogo immaginario”. Smarcandosi dal binomio leggenda-occupazione jihadista del racconto mediatico, questo progetto restituisce un po’ di normalità a una città reale, fatta di persone in carne e ossa che scherzano, amano e vivono nonostante la guerra, le migrazioni e gli aspetti negativi attraverso cui ci vengono rappresentati.
Isolamento
Oggi la città misteriosa vive un isolamento senza precedenti. Occupata nel 2012 con il resto del nord Mali da gruppi jihadisti legati ad Al Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi), Timbuctù è stata liberata dall’intervento militare francese a gennaio 2013. Ma lo stallo degli accordi di pace siglati l’anno scorso ad Algeri tra governo e gruppi indipendentisti tuareg (ex alleati dei jihadisti) e la cronica assenza dell’autorità centrale nelle regioni settentrionali, sta portando alla radicalizzazione di antichi conflitti. Il dispiegamento dei 12mila caschi blu dell’Onu nel paese e la conseguente militarizzazione del nord – dove sono impegnate, come in tutto il Sahel, truppe francesi di Barkhane e americane di Africom – non sta portando i frutti sperati. Nuovi gruppi armati fioriscono senza sosta, espandendo il loro raggio d’azione verso il centro-sud e i paesi limitrofi.
Durante i nove mesi d’imposizione della sharia deviata di Aqmi nel nord del Mali, la città dei 333 santi è stata ferita da stupri, matrimoni forzati, fustigazioni, tagli di mani e piedi, lapidazioni e distruzione del patrimonio dell’umanità protetto dall’Unesco, i mausolei e i manoscritti antichi. Grazie all’impegno dei cittadini nei mesi scorsi le tombe dei santi sufi sono state ricostruite e i manoscritti riportati in città, dopo essere stati tratti in salvo durante l’occupazione.
Per questo Timbuctù ha appena vinto il premio internazionale per le città e governi locali uniti (Uclg). Ma nonostante il prestigioso riconoscimento, che viene consegnato ogni anno con una cerimonia a Città del Messico, la città resta intrisa di diffidenza e tensione, le relazioni intercomunitarie e le reti economiche sono ormai recise, e il tessuto sociale sfilacciato. Una crisi socioumanitaria che le ong locali e internazionali non riescono a fronteggiare.
Prima della guerra gli ospiti degli alberghi come lo Sleeping camel facevano tappa a Bamako per poi visitare le meraviglie turistiche del Mali. Oggi la quasi totalità dei clienti, invece, sono lavoratori della Minusma o delle ong a cui è espressamente vietato recarsi fuori della capitale per questioni di sicurezza.
Dal 2012 in Mali tutte le attività legate al turismo, già duramente provate dai rapimenti di occidentali nel Sahel degli anni precedenti, sono sospese. Gli abitanti di Timbuctù devono reinventarsi autisti delle organizzazioni umanitarie per non finire disoccupati. Ecco perché, spiega Phil, la metà dei proventi della vendita delle cartoline (i conti sono presto fatti: 1 dollaro per comprare la cartolina a cui se ne aggiungono 3-4 di spedizione, a seconda della distanza) sono destinati ad Ali e alla sua squadra di scribi. “So che questa idea non risolverà i problemi delle ex guide della città né tantomeno quelli delle popolazioni del Sahel. Ma il fatto che il postino dell’ufficio postale di Timbuctù, che per anni si è annoiato girandosi i pollici, non abbia mai avuto tanto lavoro da sbrigare come ora, a noi basta e avanza”.
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