Una parete della camera da letto è verde. “L’abbiamo schiarita ma resta brutta”, scherza Giacomo Brocchetti, cuoco romano di quarant’anni. Nell’ingresso sono poggiate alcune scatole di cartone. Brocchetti e la compagna, Lea Lutzer, si stanno preparando per andarsene via di casa. “Il 20 gennaio 2020 ho lasciato il lavoro in un ristorante al Colosseo e ho fatto un mese di prova al Madeiterraneo, con la prospettiva di essere assunto”. Su una terrazza tra le cupole di Roma, il ristorante Madeiterraneo era frequentato da facoltosi turisti stranieri. Con uno chef stellato e dodici cuochi, contava quattrocento coperti al giorno. Brocchetti avrebbe guadagnato duemila euro al mese. “Finita la prova è scoppiata la pandemia e abbiamo dovuto chiudere tutto. I frigoriferi erano ancora pieni. E io non sono stato assunto”. Se non fosse stato per i risparmi della compagna, che lavora in un albergo ed è in cassa integrazione, dal marzo 2020 non avrebbero saputo come pagare l’affitto di 600 euro al mese.
Da disoccupato Brocchetti ha cominciato a fare volontariato in una mensa della Caritas. “Preparavamo cinquecento pasti al giorno”. Nel settembre 2020 è arrivato il reddito d’emergenza, tre rate da 400 euro. A dicembre ha chiesto il reddito di cittadinanza: “Mi hanno dato 123 euro, poi 47 al mese. Non capisco il calcolo, eppure il contratto d’affitto era allegato alla richiesta”. Tra gli annunci di lavoro a cui la coppia ha risposto c’è stato quello di una sociologa che aveva messo su un progetto per intervistare alcune delle ottomila persone senza fissa dimora a Roma. “Parlando con loro ho ridimensionato i miei problemi”, dice Brocchetti. Un aiuto gli sarebbe potuto arrivare dal contributo straordinario all’affitto, stanziato dal governo e reso disponibile ai comuni attraverso le regioni: nel 2020 Roma ha ricevuto due stanziamenti per un totale di 27 milioni di euro (più tredici milioni non spesi dell’’anno precedente). Ad aprile 2020 Brocchetti ha fatto domanda: “Ma non ho mai avuto risposta”.
Oggi, le persone come lui e Lutzer che hanno difficoltà a pagare il canone sono il 40 per cento tra quelle che abitano in affitto, mentre il numero di sfratti sembra destinato a segnare un record storico. Dal 2008 sono aumentati costantemente fino al 2016, quando le richieste di esecuzione hanno toccato quota 160mila, a fronte di 35mila provvedimenti realmente eseguiti. Da quell’anno c’era stata una leggera diminuzione, ma adesso la prospettiva è drammatica. Nell’aprile 2020 era stato disposto il blocco. Di proroga in proroga, la scadenza è stata fissata per il 1 luglio e riguarda più di 80mila provvedimenti emessi prima del gennaio 2020. Per quelli emessi dal 28 febbraio 2020 la scadenza è il 30 settembre 2021, mentre per quelli emessi dal 1 ottobre 2020 si va al 31 dicembre 2021. È una notizia positiva, che però serve solo a rimandare il problema e non a risolverlo.
Ristori e fallimenti
Nel maggio 2020 il comune di Roma ha ricevuto quasi 50mila domande per il contributo all’affitto. Dati alla mano, lo ha richiesto un terzo di quanti abitano in affitto privato. I primi assegni sono partiti ad agosto: 245 euro a famiglia. Il comune ha diviso lo stanziamento iniziale per il numero di richieste ricevute. A dicembre, quando metà delle domande non era neanche stata valutata, Brocchetti ha disdetto il contratto d’affitto. Il deposito cauzionale avrebbe coperto gli ultimi due mesi. “I proprietari, che credo siano in pensione, hanno rifiutato di ridurre il canone. Non hanno capito minimamente la nostra situazione”. Brocchetti è in partenza per la stagione di lavoro estiva in Sardegna. Lutzer si appoggerà da amici al Pigneto.
Lì vicino, nel quartiere di Tor Pignattara, il proprietario di casa di Irene Aurora Paci, un fotografo freelance con tre figli, non ha invece esitato a ridurle l’affitto da marzo ad agosto del 2020. Paci, 28 anni e una laurea in filosofia, abita con due coinquilini e lavora nel settore culturale tra l’Italia e la Francia. “Quando è scoppiata la pandemia ero appena rientrata, non stavo lavorando e non avevo risparmi. Uno dei miei coinquilini faceva le pulizie nelle case vacanza e non ha più lavorato. L’altro faceva l’assistente educativo, ma ha avuto problemi di salute e ha lasciato tutto per tornare dai genitori. Insomma, non potevamo pagare”.
Dal settembre 2020 Paci lavora come babysitter. “Ad agosto il proprietario ci ha chiesto di pagare l’intero canone. Ma la nostra situazione lavorativa non è quella di prima, e l’affitto è alto”. Il decreto ristori prevede un rimborso parziale per i proprietari che riducono il canone, ma a Roma il bando ancora non c’è. “Valuteremo insieme al proprietario questa soluzione, che comunque sarebbe temporanea”.
Paci ha parlato con altri inquilini in difficoltà quando nel 2020 ha contribuito a promuovere alcune assemblee nell’ambito di una campagna internazionale per lo sciopero dell’affitto. “Non mi ero mai occupata della questione abitativa ma è stato naturale parlarne con altri. Siamo in tanti a non riuscire a pagare. Molti lo vivono come un fallimento personale ma è un problema sociale, politico. Siamo precari, non possiamo pagare, e neanche possiamo indebitarci quando il lavoro non c’è più”. Il gruppo ha proposto l’autoriduzione dell’affitto, “pagare meno, quanto si può, non dover restituire gli arretrati. Chiediamo una responsabilizzazione delle istituzioni, non degli individui”. Pochissimi hanno aderito allo sciopero. “È una questione culturale. Per molti è impensabile non pagare, si sentono in colpa nonostante la situazione”.
Problemi cronici
Neanche Paci ha ricevuto il contributo per l’affitto. A Roma, circa 20mila domande, quasi la metà, sono state respinte per mancanza di requisiti. Le famiglie che hanno ricevuto il sussidio sono 13.600, mentre le altre richieste sono in lavorazione. Fino a oggi il comune ha speso solo tre dei 27 milioni di euro stanziati nel primo anno di pandemia per gli inquilini in difficoltà. La gestione dei fondi per la casa è inadeguata anche al livello nazionale, ma “Roma impiega mediamente due anni per erogare il contributo ordinario all’affitto”, sostiene Enrico Puccini dell’Osservatorio casa Roma. “Il dipartimento delle politiche abitative ha un problema cronico, ben noto da anni, di carenza di personale. Il risultato è che i contributi sono partiti in ritardo, non è stata assegnata neanche una casa popolare negli ultimi sei mesi e, secondo un rapporto della polizia locale di Ostia, ne sono state occupate ottocento, perché vuote. Un quadro devastante”, spiega Puccini.
Intanto le richieste di sfratti non si sono mai fermate. “I tribunali sono travolti: nella capitale ci sono cinquecento ordinanze di sfratto alla settimana. Le esecuzioni sono bloccate fino a fine giugno 2021. Ci vorranno anni prima che siano eseguiti tutti”, spiega l’avvocato Daniele Leppe, che gestisce uno sportello di assistenza legale per l’associazione di volontariato Nonna Roma. Le famiglie assistite da Nonna Roma nella sede di via Togliatti sono passate da 243 a 750 nell’ultimo anno. “Molte persone che abbiamo aiutato durante il primo lockdown ci stanno ricontattando. Hanno finito i risparmi. Non riescono a pagare le bollette e restano senza acqua, luce e gas. Quando non si ha nulla, poche centinaia di euro fanno la differenza”. Poi ci sono gli sfratti informali di inquilini in nero, soprattutto di stranieri. “I proprietari li minacciano, staccano le utenze, entrano in casa e distruggono i sanitari… Una volta fuori neanche gli stranieri più benestanti ritrovano una casa o una stanza in affitto. I proprietari non si fidano”.
A Roma tre quarti dei lavoratori part-time fra i 25 e i 34 anni lo sono perché non hanno trovato di meglio
A Roma circa duecentomila persone sono in emergenza abitativa, mentre più di centomila abitazioni sono vuote, secondo i dati del comune. Il problema della casa riguarda sempre più anche la classe media, i lavoratori precari, le giovani famiglie, gli studenti, le persone sole, quelle migranti. È la cosiddetta fascia grigia che avrebbe bisogno di un affitto a canone sociale, intermedio tra uno popolare e uno di mercato, e che a Roma non esiste. “Sono quelli che abbiamo definito ‘equilibristi della povertà’, persone in bilico sul confine con la povertà, che adesso stanno precipitando”, afferma Elisa Manna, sociologa, curatrice del rapporto annuale della Caritas sulla povertà a Roma. “Se la cavavano anche bene, con diverse fonti di reddito, ma in un equilibrio precario. Mai ci saremmo immaginati l’arrivo di una pandemia. Il problema della casa nasce però dall’assenza di politiche istituzionali”.
Negli ultimi trent’anni le politiche per la casa in Italia sono state abbandonate. Meglio, si è scelto di favorire l’aumento della proprietà e di sostituire l’offerta pubblica con sussidi per l’affitto privato. Solo a Roma dagli anni novanta sono state vendute ottantamila case di enti previdenziali locate a canone sociale. E sarebbero ventimila gli alloggi pubblici ancora da vendere. Intanto, però, il mondo del lavoro è mutato profondamente e la casa, per chi non ha una famiglia alle spalle, è sempre più inaccessibile: più del 60 per cento dei giovani tra i 18 e i 34 anni vive ancora con i genitori, e solo il 6 per cento è proprietario di una casa.
Una generazione senza reddito
A Roma tre quarti dei lavoratori part-time fra i 25 e i 34 anni lo sono involontariamente: non hanno trovato di meglio. Nella ristorazione gli occupati a tempo parziale sono aumentati del 110 per cento negli ultimi dieci anni. E il lavoro atipico, precario e intermittente è in crescita anche tra i lavoratori qualificati. Poi ci sono i lavoratori del sommerso, intrappolati in una spirale di precarietà. “Già adesso molti stanno accettando paghe più basse e in nero”, sostiene Roberta Virgilio, laureata in ingegneria, chef e consulente aziendale nella ristorazione. Virgilio è riuscita a continuare a pagare l’affitto ai proprietari, ex impiegati di banca con diversi appartamenti di proprietà, combinando più entrate. “Alcuni, io li chiamo i sognatori, proveranno a mettersi in proprio, ma nella ristorazione vedo il rischio di una competizione al ribasso”.
Con l’inizio del lockdown a Roma sono saltate 38.400 assunzioni nel settore del turismo, in cui molto del lavoro è stagionale. È su questa struttura occupazionale precaria che si regge uno dei principali settori economici della capitale. Ma anche altri sono altrettanto instabili, e colpiti dal blocco delle attività. “I lavoratori dello spettacolo sono gli stessi che spesso servono ai tavoli per pagarsi l’affitto”, racconta Virgilio. “Molti se ne sono andati, sono tornati dai genitori”. Ma qualcosa, forse, sta cambiando. Secondo l’attrice Alessandra De Rosario durante la riapertura estiva dei teatri più di uno ha rifiutato di lavorare senza un contratto. E proprio dal mondo del teatro, intermittente per natura, arriva la richiesta di un reddito di continuità, un’indennità per chi ha lavorato almeno 51 giornate in un anno, da estendere a tutti i lavoratori precari.
Il calo dei canoni a Roma – meno 4 per cento per una stanza e meno 12 per una doppia – riflette l’assenza di lavoratori e studenti. Con solo duemila posti letto in studentati pubblici, oggi dimezzati a causa dell’emergenza sanitaria, i circa 50mila studenti fuori sede a Roma sono normalmente costretti a pagare i canoni più alti d’Italia dopo Milano.
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) prevede la realizzazione di progetti di housing sociale, affidati a imprenditori privati. Il loro coinvolgimento riguarda anche i progetti per aumentare l’offerta di posti per studenti fuori sede in Italia – portandoli da quarantamila a più di centomila entro il 2026. Alcuni degli incentivi proposti sono la copertura degli oneri di gestione per i primi tre anni, un regime di tassazione simile a quello applicato per l’edilizia sociale e, al tempo stesso, la possibilità di affittare gli alloggi non solo a studenti, un modello già adottato da alcuni residence come Student hotel, che offre camere anche a viaggiatori e turisti. Il presidente del consiglio Mario Draghi ha annunciato risorse per aiutare i giovani a contrarre mutui per acquistare una casa. Intanto, però, la proposta di un salario minimo legale è scomparsa dalla versione finale del Pnrr, e i due temi cruciali per le nuove generazioni – casa e lavoro – restano scollegati tra loro, privi di una cornice programmatica comune.
“Prima del covid-19 la domanda per la locazione a Roma era tre volte superiore all’offerta”, sostiene Carlo Giordano, amministratore delegato di Immobiliare.it. Il boom di Airbnb ha contribuito alla scarsità dell’offerta che teneva alti i prezzi. La pandemia ha ribaltato la situazione: l’offerta di case in affitto a Roma è aumentata del 76 per cento e la domanda è scesa del 22. Il mercato si è ulteriormente polarizzato, “come dopo ogni crisi. Sono emersi due mondi: quello di chi può migliorare la propria condizione e cerca casa da acquistare perché ha dei risparmi e una posizione lavorativa stabile, e quello di chi abita in affitto, che rimanda un trasloco anche per assenza di garanzie o non può proprio permetterselo”.
A Roma le ricerche di case da comprare sono aumentate del 18 per cento, quelle di case in affitto sono diminuite del 26. “Le categorie più fragili lo saranno sempre di più” è il pronostico di Giordano. Anche perché se i prezzi sono scesi, non sono crollati. E il lavoro e lo studio da remoto, secondo Giordano, non sono destinati a durare. “Quando si tornerà alla normalità i prezzi delle locazioni risaliranno. Questo succede anche perché non c’è un’offerta alternativa, non ci sono politiche pubbliche strutturali per la locazione: non creano consenso, perché l’Italia è un paese di proprietari. Ma la parte più in difficoltà del tessuto sociale uscirà dalla crisi più debole di prima. È un problema sociale molto sottovalutato”.
Il problema, per ora, è scaricato sui singoli. “Fino all’ottobre del 2020 forse un 20 per cento dei proprietari ha acconsentito a ricontrattare il canone”, sostiene Emiliano Guarneri del sindacato inquilini Sunia, che dall’inizio della pandemia ha assistito circa un migliaio di persone in difficoltà, molte per la prima volta. “Ma ora, visto il blocco degli sfratti, i proprietari stanno subissando gli inquilini di decreti ingiuntivi per recuperare il credito. La situazione è appesa a un filo. C’è bisogno di una misura strutturale di media durata che aiuti le persone a ricostruire la propria vita per i prossimi mesi. Andrebbe erogata con urgenza da enti preparati a farlo come l’Inps, visti i risultati dei bonus comunali. Nell’immediato servirebbe una cabina di regia a cui partecipino tutte le istituzioni competenti, le parti interessate e chiunque possa contribuire con delle soluzioni, per arrivare allo sblocco degli sfratti, il 1 luglio, con le idee chiare su come affrontare la situazione, su come impiegare i fondi ordinari e quelli che arriveranno con il Recovery fund”.
Bisognerebbe fare un censimento reale delle risorse, delle azioni da intraprendere, temporanee e strutturali. “A Roma il pubblico può giocare un ruolo nella definizione dei canoni, contrariamente a quello che avviene oggi con il poco social housing esistente, gestito da costruttori privati. Senza una norma che definisca a chi è rivolto e a quali prezzi, la riproposizione di un social housing in gestione ai costruttori, come previsto dal Piano di ripresa e resilienza, rischia di non avere alcun effetto positivo, ma di peggiorare le disuguaglianze. La domanda di alloggi per studenti, inoltre, è un’occasione per rilanciare gli enti gestori pubblici. Bisogna cogliere l’occasione, cambiare radicalmente il sistema, e metterlo a regime. Il rischio è altissimo. E non può essere pagato da inquilini e piccoli proprietari”.
Leggi anche:
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it