Uno studio genetico della popolazione brasiliana ha mostrato che gli attuali abitanti sono i discendenti dei nativi americani, dei colonizzatori portoghesi, degli schiavi africani e degli immigrati europei. L’analisi del dna potrebbe essere utile per scoprire eventuali vulnerabilità genetiche della popolazione, come la predisposizione ad alcune malattie.

Eduardo Tarazona-Santos e colleghi hanno pubblicato su Pnas un’analisi del dna basandosi su tre città, nelle aree più popolate del paese. A Salvador, nel nordest, la popolazione ha un dna al 51 per cento di origine africana, al 43 per cento di origine europea e al 6 per cento indigena. A Bambuí, nel sudest, la popolazione ha un dna al 78 per cento di origine europea, al 15 per cento africana e al 7 per cento indigena. A Pelotas, nel sudest, la popolazione è al 76 per cento di origine europea, al 16 per cento africana e all’8 per cento indigena.

I dati riflettono la storia del Brasile. Per esempio, è noto che i portoghesi importarono schiavi da due zone dell’Africa: dalla parte occidentale e dalla zona orientale. In effetti, i ricercatori hanno trovato due gruppi di origine africana nella popolazione attuale, un gruppo dall’Africa occidentale, presente soprattutto a Salvador, e uno dall’Africa orientale, più rappresentato a Bambuí e Pelotas. Questa differenza è coerente con la storia dello schiavismo in Brasile.

Anche l’origine europea non è omogenea: nella città di Salvador predomina il dna iberico, mentre nel sud e sudest sono presenti altre componenti, cioè italiane, tedesche e mediorientali. Anche in questo caso i dati genetici riflettono quelli storici, l’antica colonizzazione portoghese a Salvador e i flussi migratori negli ultimi 150 anni verso il sud e il sudest, incoraggiati per “sbiancare” la popolazione brasiliana.

L’apporto dei nativi americani è presente ovunque, ma in modo scarso, confermando lo sterminio degli indigeni dopo la Conquista. In futuro potrebbe essere considerata nell’analisi l’area nord del paese e quella centronord, in cui potrebbe essere presente una maggiore componente indios. Altri studi nei centri urbani, per esempio a Rio de Janeiro, potrebbero individuare l’apporto giapponese, che in questa ricerca non è stato trovato.

Lo studio mostra anche una tendenza delle popolazioni a trovare un partner con un’origine simile, e probabilmente con lo stesso status sociale. Questa tendenza ha portato in qualche caso ad alti livelli di consanguineità, per esempio a Bambuí.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it