Martedì 6 dicembre, verso le nove di sera, la polizia è ancora numerosa nelle strade di Matonge, il quartiere congolese di Bruxelles. Furgoni e uomini in tenuta antisommossa pattugliano la zona, producendo al loro passaggio un rumore secco di plastica spezzata. Chaussée de Wavre è cosparsa di rifiuti, frantumi di vetrine e parrucche (quest’ultimo particolare potrebbe sorprendere chi non ha mai visto i variopinti negozi africani che affacciano sulla via). Qualche giornalista raccoglie le ultime testimonianze della giornata. Alcune persone chiacchierano davanti a una brasserie. Improvvisamente vengono accerchiate dai poliziotti. Segue un tramestio di caschi, scudi, braccia e proteste, poi le persone vengono spinte nel locale. Gli assembramenti sono stati vietati fino a lunedì.

Difficile riconoscere in questo scenario il quartiere allegro e animato catturato dall’artista congolese Chéri Samba nel suo affresco “Porte de Namur! Porte de l’Amour?”, che risalta su una facciata della vicina chaussée d’Ixelles. Ma un nervo scoperto collega Matonge alla lontana ex colonia belga, quella Repubblica Democratica del Congo dove si sono appena svolte delle elezioni presidenziali non proprio democratiche. I risultati, attesi per il 6 sera, slitteranno di 48 ore a causa di “problemi tecnici”. Il presidente uscente Joseph Kabila è dato per vincente, ma i sostenitori del suo avversario, Etienne Tshisekedi, hanno già dichiarato che non riconosceranno una vittoria frutto di brogli. Nell’attesa dei risultati ufficiali le strade della capitale sono rimaste deserte. “Kinshasa si aspetta un bagno di sangue”, titolava Le Figaro il 4 dicembre.

I congolesi che vivono all’estero non hanno aspettato. In diverse città - Bruxelles, ma anche Ottawa, Londra, Parigi… - sono scesi in strada per esprimere la loro rabbia. Intanto, sul suo blog, la giornalista Colette Braeckman sottolinea che gli osservatori internazionali non hanno bocciato lo scrutinio (pur segnalando delle irregolarità).

A un giornalista della Vrt, la televisione pubblica neerlandofona, che gli chiedeva se le violenze dei manifestanti anti-Kabila a Bruxelles erano giustificabili, un abitante di Matonge ha risposto senza esitare: “Anche voi avete usato la violenza per liberarvi dall’Olanda!”. A differenza di altri paesi europei, il Belgio si sente rinfacciare spesso il suo passato colonialista. Non ci sono solo le lotte che uniscono tutti gli immigrati e i figli di immigrati, a prescindere dalla loro origine (il diritto alla cittadinanza e di voto, la regolarizzazione…). La comunità congolese mantiene un rapporto speciale, nutrito da rabbia e frustrazione, con il suo paese d’adozione, proprio come la famiglia reale belga continua a riservare all’ex colonia attenzioni particolari, ispirate a un paterno senso di superiorità.

Ieri, per le strade di Matonge, l’euforico cha-cha che Gran Kalle offrì al suo paese per celebrarne l’indipendenza sembrava più lontano che mai.

http://www.youtube.com/watch?v=vlZGklbks9E

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