Il cancelliere tedesco Angela Merkel, il ministro della difesa greco Dimitris Avramopoulos e il primo ministro greco Antonis Samaras al vertice Nato di Newport, il 4 settembre 2014. (Yves Herman, Reuters/Contrasto)

Ieri sera a Bruxelles ha cominciato a circolare un’immagine indiscreta. Ritraeva, senza veli, la bozza dell’organigramma della futura Commissione, con tanto di triplice punto interrogativo accanto alla parola “Belgium”, per sottolineare lo scandaloso ritardo con cui il paese avrebbe dato il nome del suo candidato (questo pomeriggio è arrivato: Marianne Thyssen, cristiano-democratica fiamminga). Il giornalista di Euractiv Georgi Gotev è stato il primo a condividere su Twitter lo scatto rubato, presentandolo come un’esclusiva. Ma già qualche ora prima il corrispondente del Financial Times Peter Spiegel spiegava sul suo blog di aver ricevuto la stessa immagine e di non averle dato troppo peso, trovandovi delle incongruenze.

Bufala o meno, il documento presenta una nomina già considerata probabile, quella del greco Dimitris Avramopoulos a commissario per la migrazione, i diritti fondamentali e gli affari interni, un portafoglio al quale il governo di Atene si era detto interessato tempo fa, candidando ufficialmente Avramopoulos il 27 luglio.

Juncker lo aveva annunciato in un documento pubblicato il 15 luglio, subito prima che il Parlamento europeo approvasse la sua nomina a capo della Commissione: “Affiderò a un commissario la responsabilità della questione immigrazione affinché possa lavorare su questo tema con tutti gli stati membri e con i paesi terzi più coinvolti” (finora la questione era di competenza di due direzioni generali, giustizia e affari interni). “L’Europa deve gestire meglio l’immigrazione, in tutti i suoi aspetti”, scriveva, riferendosi alla politica di asilo comune, alla promozione di un’immigrazione legale (“per colmare le carenze di competenze specifiche”), alla lotta contro l’immigrazione irregolare e alla protezione delle frontiere europee.

Poiché questi ultimi due punti sono quelli che più sembrano stare a cuore a Juncker e ai governi europei, bisogna riconoscere che Avramopoulos è il candidato perfetto. Chi meglio di un ministro della difesa potrebbe promuovere un’efficace e coordinata opera di fortificazione delle frontiere europee? Ministro degli esteri dal 2012 al 2103, attualmente alla difesa, Avramopoulos nel 2013 si esprimeva così: “Essendo in prima linea, alle frontiere dell’Unione, e avendo la costa più lunga dell’Europa, la Grecia ha affrontato molti problemi legati all’immigrazione illegale. Siamo le prime vittime di questa situazione e abbiamo chiesto ai nostri partner europei di aiutarci e sostenerci”.

A giugno l’esperto di migrazione e asilo Yves Pascouau, dell’European Policy Centre, si augurava una doppia mossa “innovativa, per non dire rivoluzionaria” da parte del prossimo presidente della commissione: “Potrebbe decidere di scollegare il settore dell’immigrazione da quello della sicurezza. Poiché l’immigrazione è legata soprattutto ai temi della famiglia e del lavoro, non dovrebbe essere trattata insieme alle politiche sulla sicurezza ma insieme a quelle sociali e sul lavoro. Il dossier immigrazione potrebbe quindi essere tolto al commissario per gli affari interni e affidato a un’altra direzione generale”. Pascouau si spingeva oltre, proponendo di considerare l’immigrazione parte del più ampio tema della mobilità “verso e all’interno dell’Unione europea”.

È la direzione in cui bisognerebbe muoversi, ma l’Unione europea, con la nomina di Avramopoulos, farebbe un passo nell’altro senso.

Francesca Spinelli è giornalista e traduttrice. Vive a Bruxelles e collabora con Internazionale. Su Twitter: @ettaspin

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it