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Camicia bianca, completo scuro. Nick Cave non perderebbe la sua solita eleganza nemmeno per tutto l’oro del mondo. Anche stamattina, quando ha fatto il suo esordio al South by southwest per raccontarsi allo scrittore Larry Latso Sloman, sembrava appena uscito da una boutique d’alta moda.

A conversation with Nick Cave, l’evento che l’ha ospitato al centro congresso di Austin, è stata più che altro una lunga confessione. Un viaggio attraverso la sua vita e la sua carriera. Dall’infanzia in Australia ai primi anni con i Birthday Party. Dall’esperienza in Brasile, che l’ha portato a scrivere album indimenticabili come The good son, fino agli anni berlinesi e al matrimonio con Susie Bick. Per arrivare a oggi, alla pubblicazione del brillante Push the sky away.

“Non credo di avere un grande talento musicale. Mi sento tuttora un impostore nel mondo della musica”, ha detto Cave. Con quel misto di tragicità e sarcasmo che ti aspetti da lui dopo aver ascoltato tutte le storie terribili e avvolgenti raccolte nelle sue canzoni.

Il cantautore australiano ha raccontato com’è nato il suo amore per la musica, merito di “un concerto di Johnny Cash che ho visto in tv quando avevo nove anni”. Ma anche dei “pomeriggi passati in camera, con la porta chiusa e chiave, a imitare David Bowie”, ha aggiunto l’artista.

La morte del padre, l’abuso di droghe e la depressione. Tutto il percorso della carriera di Cave è stato in salita, nei primi anni. “Mi ci è voluto molto tempo per sentirmi un artista. Le mie prime esibizioni con i Birthday party, per quanto mi riguarda, erano solo un’esplosione di violenza. La musica è venuta fuori dopo, piano piano. Ho capito di avere una bella voce e di poter smettere di urlare solo durante le registrazioni di Kicking against the pricks, nel 1986”, ha detto l’artista.

Parlando del suo rapporto con l’attuale moglie Susie Bick, Nick Cave ha ammesso che “Mi sembra di conoscerla meglio nelle canzoni che scrivo su di lei che non nella vita reale. È una cosa che mi capita spesso: faccio fatica a gestire il mondo che mi circonda. Preferisco quello immaginario, che si trova nei libri, nei film e nelle musica. Posso controllarlo. Ed è più interessante”, ha detto l’artista.

Nel frattempo, ho guadagnato due nuovi compagni di viaggio. Sono Il Pan Del Diavolo, al secolo Pietro Alessandro Alosi e Gianluca Bartolo. Secondo me (e non sono l’unico) sono una delle band italiane più interessanti degli ultimi anni. Il loro esordio Sono all’osso ha raccolto otime recensioni dovunque. E il secondo disco Piombo, polvere e carbone li ha confermati su ottimi livelli.

Il Pan Del Diavolo porterà il suo folk rock al South by southwest con due concerti, il 13 e il 16 marzo. E regalerà a questo blog qualche piccola esclusiva video del suo viaggio in Texas.

Ad Austin ha cominciato a fare molto caldo. La 6th street si sta riempiendo di gente e di gruppi ancora più del solito. Stasera la sezione musicale del festival entrerà nel vivo con i primi concerti. Siamo solo all’inizio.

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