L’estate di Melilla si annuncia torrida. Circondata su tre lati dal Marocco, la piccola enclave spagnola dista più di 200 chilometri dalla madrepatria: il filo spinato che la circonda è l’ultimo ostacolo che separa migliaia di migranti e rifugiati dal sogno europeo.
Le rotte che arrivano qui partono dall’Africa subsahariana per poi dipanarsi attraverso il Marocco: uomini in fuga dai conflitti del Mali e della Nigeria, dalla povertà del Senegal e del Burkina Faso, le percorrono verso nord fino ad addossarsi alla base del muro alto sei metri.
Dalla primavera del 2014 però rimbombano a Melilla anche gli echi della guerra siriana: le autorità spagnole hanno raccolto più di 2.500 domande d’asilo in dodici mesi, quasi tutte presentate da rifugiati siriani. Prima ne arrivavano meno di dieci l’anno.
È questo il doppio gioco di Melilla: chi ha la pelle nera è costretto al salto vallado, la folle arrampicata sui reticolati; i siriani riescono invece a confondersi nella calca dei trentamila pendolari marocchini che ogni giorno entrano regolarmente dal valico di frontiera.
“Ma anche moltissimi africani hanno diritto alla protezione internazionale”, spiega Tereza Vazquez, della Commissione spagnola di aiuto al rifugiato. “Anche a loro va garantito il diritto di entrare incolumi in Europa per presentare domanda di asilo”.
La Fortezza Europa invece è sempre più ermetica. Da poche settimane il parlamento spagnolo ha approvato la controversa legge del “respingimento a caldo”: a partire da luglio, chiunque verrà intercettato tra i reticolati potrà essere immediatamente respinto in Marocco. Il doppio gioco di Melilla si fa sempre più sporco.–Paolo Martino
Quinta puntata della serie Borderline, un viaggio in sei video sulle frontiere più usate dai migranti per entrare nei paesi europei.
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