Cos’è la protezione umanitaria e perché Salvini vuole ridurne l’uso
La protezione umanitaria è un titolo con il quale si riconosce un permesso di soggiorno per i cittadini stranieri che ne fanno richiesta per motivi umanitari. È concesso dalla questura lì dove non ci sono i presupposti per accordare la protezione internazionale o lo status di rifugiato, ma ci sono “seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello stato italiano”, oppure nel caso di emergenze come conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolare gravità in paesi non appartenenti all’Unione europea. La protezione può essere riconosciuta anche a cittadini stranieri che non è possibile espellere perché potrebbero essere oggetto di persecuzione (articolo 19 della legge sull’immigrazione) o in caso siano vittime di sfruttamento lavorativo o di tratta. In questi casi il permesso ha caratteristiche differenti. La durata è variabile dai sei mesi ai due anni ed è rinnovabile.
La protezione umanitaria è stata introdotta in Italia nel 1998 ed è regolata dall’articolo 5 comma 6 del testo unico 286/98. Nel 2017 in Italia sono state presentate 130mila domande di protezione internazionale: il 52 per cento delle richieste è stato respinto, nel 25 per cento dei casi è stata concessa la protezione umanitaria, all’8 per cento delle persone è stato riconosciuto lo status di rifugiato, un altro 8 per cento ha ottenuto la protezione sussidiaria, il restante 7 per cento ha ottenuto altri tipi di protezione. Come sottolinea il ricercatore Matteo Villa dell’Istituto per gli studi di politica internazionale, dal gennaio del 2018 le richieste di asilo in Italia stanno diminuendo.
Status di rifugiato e protezione sussidiaria. La condizione di rifugiato è definita dalla convenzione di Ginevra del 1951, un trattato delle Nazioni Unite firmato da 147 paesi. Nell’articolo 1 della convenzione si legge che il rifugiato è una persona che “temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o opinioni politiche, si trova fuori del paese di cui ha la cittadinanza, e non può o non vuole, a causa di tale timore, avvalersi della protezione di tale paese”. Dal punto di vista giuridico-amministrativo è una persona cui è riconosciuto lo status di rifugiato, perché se tornasse nel proprio paese d’origine potrebbe essere vittima di persecuzioni. Per persecuzioni s’intendono azioni che, per la loro natura o per la frequenza, sono una violazione grave dei diritti umani fondamentali, e sono commesse per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza a un determinato gruppo sociale. L’Italia ha ratificato la convenzione con la legge numero 722 del 1954.
La circolare di Salvini suggerisce un orientamento restrittivo ai presidenti delle commissioni territoriali.
La protezione sussidiaria è una forma di protezione internazionale prevista dall’Unione europea riconosciuta a chi rischia di subire un danno grave se rimpatriato, a causa di una situazione di violenza generalizzata e di conflitto. Inoltre può ottenere la protezione sussidiaria chi corre il pericolo di subire tortura, condanna a morte o trattamenti inumani o degradanti per motivi diversi da quelli previsti dalla convenzione di Ginevra.
La circolare di Matteo Salvini. Il 4 luglio il ministro dell’interno Matteo Salvini ha diffuso una circolare – diretta ai prefetti, alla commissione per il diritto d’asilo e ai presidenti delle commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale – in cui ha chiesto di prendere in considerazione con più rigore le richieste e di stabilire dei criteri più rigidi per l’assegnazione di questo tipo di protezione che è il più usato in Italia. “Il permesso di soggiorno per motivi umanitari è stato concesso in una varia gamma di situazioni collegate, a titolo esemplificativo, allo stato di salute, alla maternità, alla minore età, al tragico vissuto personale, alle traversie affrontate nel viaggio verso l’Italia, alla permanenza prolungata in Libia, per arrivare ad essere uno strumento premiale dell’integrazione”.
D’ora in poi, sostiene Salvini, si cambia: “Tale prassi ha comportato la concessione di un titolo di soggiorno a un gran numero di persone che, anche in base alla normativa europea sul diritto d’asilo, non avevano al momento dell’ingresso nel nostro paese i requisiti per la protezione internazionale e che, ora, permangono sul territorio con difficoltà d’inserimento e con consequenziali problematiche sociali che, nel quotidiano, involgono anche motivi di sicurezza”. La circolare non è una legge e quindi non abolisce la legge che prevede la protezione umanitaria, tuttavia suggerisce un orientamento restrittivo ai presidenti delle commissioni territoriali.
Le critiche alla circolare. La circolare è stata criticata da molti esperti che si occupano di immigrazione in Italia. Per l’ex capo di gabinetto del ministero dell’interno, oggi presidente del Consiglio italiano rifugiati Mario Morcone, la circolare “è un modo per orientare il lavoro delle commissioni, non direi per limitarlo perché non è tecnicamente possibile, ma sicuramente è un modo per orientarlo perché vengano ridotti almeno i riconoscimenti della protezione umanitaria”.
Per l’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) la circolare “è inopportuna ed errata nei suoi presupposti e nelle sue finalità”. L’Asgi accusa il ministro di voler dare un indirizzo politico al lavoro delle commissioni territoriali e prevede che la circolare produrrà più risposte negative e quindi più ricorsi giudiziari contro le decisioni delle commissioni in prima istanza: “In questo già ambiguo e contraddittorio contesto giuridico e in mancanza di una agenzia indipendente che vagli le istanze di protezione internazionale, la circolare del ministro dell’interno cerca di rafforzare l’indirizzo politico del dicastero, innanzitutto chiedendo un’accelerazione dei tempi di definizione delle domande di protezione internazionale, facendo prevalere il tempo sul diritto. Richiesta che appare in contrasto con il dovere, per l’autorità competente all’esame delle domande di protezione internazionale, di valutare ‘su base individuale’, ovverosia caso per caso, la singola richiesta e di raffrontare le dichiarazioni del richiedente con le specifiche e pertinenti informazioni sul paese di origine. Operazione, quest’ultima, che richiede oggettivamente un congruo tempo”.
Inoltre per l’Asgi il diritto sancito dall’articolo 5 del testo unico 286/98 deriva direttamente da disposizioni costituzionali e internazionali e non può essere marginalizzato da una circolare ministeriale. Per l’Asgi, infine, è errata la parte della circolare in cui si afferma “che l’istituto della protezione umanitaria esista solo in Italia. In realtà, questa particolare forma di tutela è riconosciuta in molti paesi Ue”.