Sei documentari sull’Italia da vedere nel fine settimana
La quarantena si allunga e quindi anche il tempo da trascorrere tra le mura di casa. Dopo la prima selezione di documentari brevi, ecco sei interessanti reportage sul nostro paese. Alcuni si trovano sul nostro canale YouTube, altri sono stati pubblicati solo sul sito di Internazionale.
Si parte in Piemonte con la storia di Martin e dei migranti stagionali che lavorano nella raccolta della frutta, per poi passare sulle colline venete, dove il forte aumento della produzione di prosecco sta causando molti problemi. A seguire, un documentario sugli effetti provocati dall’amianto a Casale Monferrato, dove per decenni c’è stata una sede della multinazionale Eternit, e due lavori sulla difficile realtà dei detenuti nelle carceri e delle ragazze nigeriane vittime di tratta. Il viaggio si conclude con un ritorno in Etiopia, nei luoghi in cui l’Italia di Benito Mussolini usò le armi chimiche contro la popolazione locale.
I confini della rabbia
Andrea Fenoglio e Matteo Tortone, 14 minuti (2018)
A Saluzzo, in Piemonte, ogni anno arrivano centinaia di migranti stagionali in cerca di lavoro nella frutticoltura. Tutti di origine subsahariana, sono ospitati in un campo di accoglienza. A pochi metri di distanza Martin, un agricoltore a cui in passato hanno espropriato i terreni, vive con i suoi cani in un recinto. Una vicinanza forzata e due punti di vista diversi che raccontano una realtà fatta di solitudine, rabbia e delusione. Il documentario è un estratto del film Su campi avversi.
Il lato nascosto del prosecco
Alessia Albertin e Alberto Bellotto, 14 minuti (2020)
Nel 2019, con un aumento del 17 per cento delle esportazioni, il prosecco è stato il vino italiano più consumato all’estero, dopo vent’anni di crescita continua delle vendite. Ma dietro a un’eccellenza italiana c’è una realtà più complessa, dove a volte i diritti degli abitanti sono sacrificati e i piccoli imprenditori vengono schiacciati dai grandi investitori. Per contrastare questo fenomeno sono nati gruppi che promuovono l’agricoltura biologica e un uso regolamentato del territorio.
La città bianca dell’amianto
Tommaso Ausili, 14 minuti (2017)
Nel 1907 a Casale Monferrato, in provincia di Alessandria, apre il più grande stabilimento d’Europa della multinazionale Eternit. Qui si produce fibrocemento, una mistura di cemento e amianto usata nell’edilizia. Negli anni sessanta varie ricerche dimostrano che la polvere di amianto provoca malattie respiratorie e una grave forma di tumore, il mesotelioma pleurico. Per decenni lo stabilimento disperde la polvere di amianto nell’ambiente e continua la produzione fino al 1986, senza informare i lavoratori dei rischi per la loro salute. Più di 1.600 persone sono morte a Casale Monferrato per patologie correlate all’amianto e ancora oggi c’è un alto tasso di mortalità attribuito all’Eternit.
La vita delle ragazze nigeriane costrette a prostituirsi in Italia
The Guardian, 20 minuti (2017)
“Nessuna donna è contenta di fare la prostituta, è un lavoro che fa perdere la dignità e crea problemi alla mente. Alcune ragazze hanno rapporti sessuali per cinque euro”, dice Jessica, mediatrice culturale dell’associazione On the road. Centinaia di donne lavorano come prostitute lungo la strada Bonifica del Tronto, una strada provinciale di una decina di chilometri al confine tra Marche e Abruzzo. Negli ultimi anni c’è stato un grande aumento di ragazze provenienti dalla Nigeria. Molte di loro sono vittime di tratta.
Uno sguardo nelle carceri italiane
Elia Buonora, Guido Gazzilli e Lorenzo Sorbini, 12 minuti (2018)
“Alcune persone dicono di non voler ricordare nulla della prigione, io invece non voglio dimenticare niente”, dice una detenuta. “Più ricordo, più saprò cosa è giusto fare e non commetterò altri sbagli”. Il video è un estratto del documentario Memorie dal carcere, un progetto realizzato in alcuni istituti penitenziari italiani per raccontare il percorso di vita dei detenuti attraverso il linguaggio della fotografia.
Quando l’Italia fascista usava le armi chimiche in Etiopia
Franco Zambon, Marco Simoncelli e Davide Lemmi, 10 minuti (2019)
Nel 1939 Benito Mussolini ordinò una vasta offensiva militare nell’altopiano dello Scioa settentrionale, roccaforte della resistenza etiope dei ribelli arbagnoch (patrioti) che da anni organizzavano azioni di guerriglia contro l’occupazione coloniale italiana (1936-1941). Per scappare dalle truppe fasciste centinaia di persone, tra ribelli e civili, si rifugiarono nella grotta di Zeret. L’assedio della grotta si concluse dopo una settimana, quando l’esercito italiano chiese l’intervento di un plotone specializzato nell’uso di armi chimiche, provocando la morte di almeno ottocento persone. Gli autori del reportage sono tornati su quei luoghi per raccontare cosa accadde e intervistare i testimoni ancora in vita.
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