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Perché gli Stati Uniti non fanno niente sulle armi

Un negozio di armi a Bridgeton, Missouri, novembre 2014.
(Jim Young, Reuters/Contrasto)

“‘Non c’era nessun modo per evitarlo’, sostiene l’unico paese dove queste cose succedono regolarmente”. Dopo ogni strage da armi da fuoco negli Stati Uniti il sito satirico The Onion tira fuori questo articolo, che sistematicamente viene condiviso da decine di migliaia di persone sui social network. È successo anche dopo la strage in un liceo di Parkland, in Florida, dove un ex studente di 19 anni ha ucciso 17 persone.

L’articolo è sempre lo stesso, cambiano solo le date, il posto in cui è avvenuto il massacro e il numero di morti e feriti. La ripetizione automatica è un modo per sottolineare la macabra unicità degli Stati Uniti rispetto al resto del mondo, e anche per smascherare i politici che ogni volta mettono in scena un rituale della strage che si può riassumere così: si prega per le vittime, si invita tutta la nazione a sostenere la comunità colpita, si attacca chi propone di ridurre le armi in circolazione perché “non bisogna politicizzare la vicenda”, si fa in modo di dimenticare in fretta.

Del rituale fa parte anche la sfilza di cifre sulla violenza causata dalle armi: trentamila americani uccisi dalle armi ogni anno, centomila persone colpite, 71 per cento di aumento nella diffusione dei fucili nel giro di vent’anni. Questi numeri aiutano a capire la gravità del problema, ma presi fuori contesto rischiano di essere controproducenti, perché possono portare l’opinione pubblica, sia negli Stati Uniti sia nel resto del mondo, a pensare che non ci sia niente da fare per risolvere il problema.

In realtà non c’è niente di ineluttabile nel rapporto degli americani con le armi. E per capire a fondo la violenza causata dalle armi e il dibattito politico che ci gira intorno bisogna parlare di alcuni dati e alcune tendenze che spesso vengono sottovalutate.

Con 88 armi ogni cento persone, gli Stati Uniti sono di gran lunga il paese al mondo dove le armi sono più diffuse tra i civili. Secondo nella lista c’è lo Yemen, dove è in corso da anni una guerra civile, ed è nettamente staccato (54,8 armi ogni cento persone). Questi dati hanno generato l’idea ormai assodata che negli Stati Uniti tutti siano armati, che la passione per le armi sia nei geni degli americani e che per questo le pressioni sul congresso per mettere mano alla situazione siano inutili. In realtà la situazione è molto diversa.

I sondaggi condotti tra gli adulti americani dicono che la grande maggioranza della popolazione (il 78 per cento) non ha armi. Questo significa che una minoranza, il 22 per cento degli adulti, possiede trecento milioni di armi: il 19 per cento ne ha il 50 per cento, mentre l’altra metà è in mano a un esiguo tre per cento della popolazione.

Anziani contro giovani
È importante anche tenere presente che il numero di persone che possiede un’arma è in calo costante dagli anni novanta, e che questa diminuzione si intreccia con i cambiamenti demografici in corso negli Stati Uniti.

I sondaggi condotti tra i possessori di armi dimostrano che ci sono grosse differenze in base all’età, al gruppo etnico di appartenenza e alla ricchezza: tra le persone con più di sessant’anni il tasso di diffusione delle armi è del 25 per cento, quasi il doppio del dato sulle persone tra i 18 e i 29 anni; inoltre il 25 per cento dei bianchi ha un’arma, molto più dei neri (14 per cento) e degli ispanici (16 per cento); infine, la diffusione di fucili e pistole è molto più alta tra chi guadagna più di 60mila dollari all’anno. Inoltre i maschi bianchi che hanno più di sessant’anni e un reddito alto sono anche quelli che tendono ad avere sia una pistola sia un fucile.

Questo significa che buona parte degli statunitensi adulti armati appartiene a un gruppo socioeconomico che negli ultimi decenni ha cominciato a restringersi, una tendenza che è destinata ad accentuarsi nei prossimi anni: secondo le proiezioni del Pew Research Center, nel 2050 i bianchi non saranno più maggioranza nel paese, mentre crescerà di molto la percentuale delle persone di origini ispaniche, un gruppo che è mediamente più giovane, meno politicizzato e quindi anche meno legato alle tradizioni e ai miti della cultura statunitense, compresi quelli che hanno a che fare con le armi.

Lobby sempre più agguerrita
Cosa significa dal punto di vista politico? Da un lato potrebbe aumentare il numero di persone favorevoli a maggiori controlli sulla vendita e il possesso di armi (attualmente sono il 51 per cento della popolazione); dall’altro, però, chi ha armi in casa sarà sempre più agguerrito nel difenderle e sempre più disposto a sostenere le organizzazioni che rappresentano i diritti dei produttori, a cominciare dalla National rifle association (Nra).

Ora l’Nra si trova in una posizione particolare: Barack Obama, il presidente che più di tutti si è scagliato contro la lobby delle armi, è uscito di scena, e i repubblicani controllano sia il congresso sia la Casa Bianca. Accusare il governo federale di voler confiscare le armi degli americani non ha più senso, e di conseguenza negli ultimi mesi è calato il numero di iscritti all’Nra e sono diminuite drasticamente anche le vendite (qualche giorno fa la Remington, una delle aziende più famose del settore, ha dichiarato bancarotta). Ma questo non significa che i dirigenti dell’Nra abbasseranno la guardia e che si aprirà uno spiraglio per chi vuole limitare la diffusione delle armi.

Sia il presidente sia i repubblicani del congresso, arrivati al potere grazie a un elettorato – in buona parte formato da bianchi, da maschi e da persone non giovani – che coincide con la parte di statunitensi che possiede armi, andranno ulteriormente all’attacco, cercando di eliminare i pochi controlli sulla vendita e il possesso di armi che esistono a livello federale. Di fatto sta già succedendo: da quando sono entrati in carica la nuova amministrazione e il nuovo congresso sono state approvate misure che rendono più facile avere accesso alle armi.

A febbraio del 2017, per esempio, Trump firmò un decreto per cancellare i controlli sui precedenti al momento dell’acquisto per le persone con disturbi mentali (ed è paradossale che dopo ogni strage il presidente si sforzi di descrivere l’attentatore come una persona mentalmente disturbata). E il 12 febbraio, due giorni prima della strage, l’amministrazione Trump ha presentato una proposta per il budget del 2019 in cui, tra le altre cose, verrebbero tagliati milioni di fondi federali per i programmi che servono a prevenire i crimini nelle scuole e ad assistere le vittime.

In altre parole, il problema della violenza causata dalle armi negli Stati Uniti è così difficile da risolvere, o anche solo da affrontare, perché non ha più a che fare solo con le armi: riguarda invece le trasformazioni della società, e il timore di una parte della società di perdere la sua influenza politica.

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