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I sogni infranti di Ritratto di famiglia con tempesta

Ritratto di famiglia con tempesta. (Tucker Film)

È difficile rompere il ghiaccio. Lei e lui, i protagonisti senza nome di 2night, terzo film di Ivan Silvestrini, s’incontrano in discoteca e passano tutta la notte insieme, in automobile. Comincia una specie di schermaglia tra due ragazzi che sembrano molto diversi, ma forse hanno qualcosa in comune. Nel bene e nel male, loro il ghiaccio lo rompono abbastanza rapidamente. Siamo noi, anzi sono io che ho fatto fatica per almeno un’ora ad abbandonarmi alla deriva insieme ai due naufraghi notturni.


Ma come? Da Garbatella per andare al Pigneto passi da piazzale della Radio? Stai a sbaja’ strada… Va bene, non sono romani, lei è di Milano, lui di Verona, ma insomma qualcosa non va. Perché se invece di farti coinvolgere nella loro storia stai là a controllare che strada fanno, vuol dire che c’è qualcosa che non va. O forse la cosa è voluta. Ognuno giudichi come crede. Comunque l’esperienza con lui e lei continua così. Ogni volta che ci avviciniamo e stiamo per afferrarli, succede qualcosa e ne riperdiamo le tracce (ma quella è la Casilina? Ma che ha preso il raccordo…).

La notte e l’automobile superfica costruiscono un bozzolo in cui i giovani sono al riparo. Poi, verso l’alba, arrivano le reciproche “confessioni”. E lì escono bene i due interpreti: molto convincente Matilde Gioli, un po’ meno Matteo Martari, che però alla fine si riscatta. Se però dovessi dire che con loro ho rotto il ghiaccio… Ma si sa, io sono un tipo diffidente, anche se non abito in Cina.


Il titolo, Ritratto di famiglia con tempesta, non potrebbe essere più didascalico. Nel “dipinto” di Hirokazu Kore’eda c’è appunto una famiglia di Tokyo, un po’ disgraziata. La vecchia nonna che sta lentamente scivolando verso la fine di una vita che non l’ha riempita di soddisfazioni. Suo figlio sembra non avere nessuna speranza di superare una brutta dipendenza dal gioco d’azzardo, nonostante voglia conservare un rapporto con il figlioletto. Tra l’altro la sua ex moglie sembra essersi davvero stancata delle scuse dell’uomo. La tempesta invece è un tifone che li costringe, forse per l’ultima volta, tutti sotto lo stesso tetto. Intendiamoci, non ci sono avvenimenti sconvolgenti, ma il regista giapponese riesce a farci immaginare che i nostri eroi si trovano in un momento di svolta, che ricorderanno per sempre.

Una svolta né drammatica né comica, come spesso accade nelle vite normali. Ma nessuno dei personaggi uscirà dal dipinto con quello che desidera. Il lavoro del protagonista, uno scrittore avviato al fallimento che lavora part time per un’agenzia di investigazioni, consente a Kore’eda di inserire nella storia degli elementi da commedia. Ma è meglio non farsi illusioni perché Ritratto di famiglia con tempesta è un’amara riflessione sui sogni infranti, sul tempo inesorabile, sulle pesanti eredità che alcuni di noi ricevono. Nell’Anatomia di una scena che ha realizzato per noi, Hirokazu Kore’eda rende bene l’atmosfera che pervade tutta la pellicola.


L’opera prima di Roberto De Paolis, Cuori puri, racconta il legame difficile tra due giovani diversi, schiacciati da una realtà che lascia pochi spiragli alla speranza. Anche De Paolis ha realizzato per noi l’Anatomia di una scena in cui ci racconta come una sceneggiatura può cambiare sul set.

Quando ho letto che usciva un quinto capitolo della saga dei Pirati dei Caraibi, La vendetta di Salazar, non volevo crederci. Ma quindi la dipendenza delle major dai sequel è diventata cronica? Quanti altri capitoli dovremo aspettarci prima del congedo definitivo di capitan Sparrow? Magari prima della pensione potrebbe fare l’assassino in un episodio del reboot del Tenente Colombo. A quel punto potrebbe tornare a essere accettabile.

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