Nel 1986 Adelaide è in vacanza con mamma e papà. Mentre sono al Luna park i genitori si distraggono e Adelaide finisce in un labirinto di specchi dove… Trent’anni dopo Adelaide con il marito Gabe e i figli torna in vacanza da quelle parti e i fantasmi che da allora la perseguitano da lontano tornano prepotentemente all’assalto. L’inizio da horror classico di Noi, secondo lungometraggio di Jordan Peele dopo il sensazionale Scappa. Get out, è molto bello e dà solo qualche accenno di quello che diventa poi un film avvincente (almeno fino a un certo punto), incredibilmente ricco e complesso (come lo sono gli Stati Uniti) e molto molto divertente.
Non dirò di più sulla trama e sul resto soprattutto per non distrarci da un fatto inequivocabile. Jordan Peele con Get out è arrivato dove nessun regista afroamericano era mai giunto prima di lui. Con Us, Peele conferma che è arrivato lì per restarci e per restarci a lungo. Ovvero: anche se per alcune cose mi ha convinto di meno di Get out, per altre cose Us lo supera, espande il suo orizzonte ed è il film da vedere assolutamente in questo primo scorcio del 2019. Quando Lupita Nyong’o è in scena è vietato battere le palpebre. E questo vale anche per la seconda necessaria visione.
Su IndieWire si parlava di Book club di Bill Holdermann come di una specie di versione di Sex and the City per over 50. Non sono totalmente d’accordo. Per sintetizzare ci può stare, ma (con tutto l’affetto per Kim Kattral) i quattro monumenti (tre più uno) del cinema che interpretano questa buffa commedia giocano in un altro campionato rispetto alle brave ragazze della popolare serie tv. In ordine alfabetico: Candice Bergen, Jane Fonda, Diane Keaton e Mary Steenburgen interpretano quattro amiche che da anni s’incontrano per discutere un libro che hanno letto davanti a un bicchiere di vino. La lettura di Cinquanta sfumature di grigio fa scatenare una nuova primavera. I monumenti sono in gran forma. Per averne una misura si può dire che Diane Keaton si fa una storia con Andy Garcia (praticamente suo genero nel Padrino parte III) e Jane Fonda con Don Johnson che quando Jane recitava in Sessualità di George Cukor ancora giocava con i soldatini.
Nel viaggio di Yao di Philippe Godeau, Omar Sy è Seydou un attore di successo francese di origini senegalesi. Quando arriva in Senegal per presentare la sua autobiografia, il tredicenne Yao, che è un suo fan, scappa di casa e intraprende un lungo viaggio per incontrare il divo. Quello del titolo è soprattutto il viaggio di ritorno: Seydou, conquistato dall’entusiasmo di Yao, decide di riportarlo a casa, riscoprendo le sue radici e insieme a loro, profondi valori. Visti i risultati di pubblico e di critica in Francia, l’operazione buoni sentimenti + magnifici scenari del Senegal ha funzionato fino a un certo punto.
Su L’educazione di Rey, primo lungometraggio dell’argentino Santiago Esteves, vi rimando all’esauriente recensione di Francesco Boille. Un po’ storia di formazione, un po’ thriller poliziesco, il film racconta il rapporto che s’instaura tra Rey, un ragazzo della periferia di Mendoza (città di quasi due milioni di abitanti nelle regioni andine del paese), e un’ex guardia giurata di cui Rey distrugge la serra, scappando dalle grinfie di piccoli gangster locali.
Per una commedia non banale e con tanti elementi di attualità rivolgersi a Francesco Mandelli: in Bene ma non benissimo, Candida (15 anni) si trasferisce a Torino dalla Sicilia con il padre. Niente paura, siamo ai giorni nostri, niente ricostruzione anni sessanta/settanta, niente borselli e niente Fiat 124.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it