Dall’implosione dei cinquestelle si possono trarre due o tre insegnamenti diversi, che hanno peraltro non pochi precedenti storici.
Il primo è che le utopie servono soltanto se sono usate come modelli verso cui tendere, e facendo ogni giorno i conti con i limiti del reale. Se invece si pretende di imporre un’utopia tutta intera e dogmaticamente, quella si rovescia facilmente nel suo contrario. Come, per esempio, l’obiettivo della democrazia “totale”, di un coinvolgimento pieno ed egualitario di tutti i cittadini nelle pubbliche decisioni, che superi il filtro distorsivo di classi dirigenti spesso non interessate al bene comune e in cerca solo di perpetuazione. Bel progetto, in teoria. Che però, nell’ambizione di affermarsi in modo rivoluzionario e rigido, si è concluso con una grottesca serie di risse all’interno della stessa classe dirigente. Il tutto mentre la retorica delle “poltrone” si ritorceva contro chi l’aveva creata; e l’accusa agli altri partiti in parlamento di non rappresentare il paese portava, per paradosso, a una rappresentanza ancora minore degli eletti nelle liste del Movimento 5 stelle, sparpagliati in ogni possibile gruppo. La (fondata) questione del maggior coinvolgimento dei cittadini, della distanza da colmare tra decisori e “gente comune”, riassunta nello slogan “apriremo il parlamento come una scatoletta di tonno”, forse aveva bisogno di tutto tranne che di un apriscatole con pretese risolutive.
Il secondo insegnamento riporta all’antica questione del rapporto tra gli ideali e le gambe su cui questi camminano. L’emergere di una classe dirigente nel Movimento 5 stelle è stata casuale, confusa, minoritaria e senza regole legittimanti, per via della liquidità estrema del Non Statuto. La leadership conseguente era munita di scarsa cultura e qualità politica, e in diversi casi anche morale, nonostante le sue premesse moraliste.
Il terzo insegnamento riguarda il rapporto tra ideologia e anti-ideologia. La prima ha mostrato, certo, di essere al tramonto già nel secolo scorso. Ma la seconda, fin dal programma iperdestrutturato delle cinque stelle originarie, ha evidenziato che senza un minimo di cornice politica, di progettualità ampia e di visione del paese, il rischio di governare con tutti e di diluirsi nel nulla è altissimo. Così come quello di concludere la propria parabola senza alcuna identità da proporre ai famosi “cittadini”.
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