Il numero di persone che nel nostro paese vengono cremate invece che sepolte è in aumento da decenni, ma la tendenza è stata accelerata dalla pandemia. In Italia nel 1995 le cremazioni erano solo 15mila (3 per cento del totale dei decessi), passate poi a 48mila nel 2005 e a 183mila nel 2018 (29 per cento). Ma con l’emergenza covid c’è stato un balzo ancora più evidente: nel 2020 le cremazioni sono state 248mila (dati Sefit Utilitalia), cioè il 33 per cento del totale dei decessi. Sul territorio nazionale oggi ci sono 87 forni crematori, soprattutto in Piemonte (15), Lombardia (12), Emilia-Romagna (12) e Toscana (11), mentre il fenomeno è meno diffuso al sud.
Le motivazioni di questo aumento sono diverse: i loculi sono sempre più costosi e difficili da trovare rispetto agli spazi per le urne cinerarie. E poi c’è il minor impatto ambientale e la possibilità di tenere le ceneri in casa o disperderle, che asseconda un cambiamento culturale: i morti non si vanno più a trovare. Con la pandemia, Bologna è diventata il terzo polo crematorio italiano dopo Roma e Milano, passando dalle 6.800 cremazioni del 2019 alle 12mila di quest’anno. E mentre nel 2019 il 95 per cento della domanda proveniva dall’area metropolitana, nel 2021 solo il 53 per cento delle richieste arriva da Bologna e provincia, mentre il resto viene “importato” da altre regioni: soprattutto Trentino, Veneto, Lombardia, Toscana e Marche. Bologna Servizi Cimiteriali ha inaugurato la terza linea del forno crematorio di Borgo Panigale, che entrerà a pieno regime a fine anno, con un investimento di 650mila euro.
Ma se da un lato cresce una cura “estetica” per gli impianti di cremazione, che somigliano sempre meno a opifici e cercano di assumere le funzioni rituali dei funerali, parallelamente aumentano le proteste di chi vive vicino ai forni crematori, per paura delle esalazioni e del calo del valore degli immobili adiacenti. Inoltre, mancano strumenti per pianificare la realizzazione di forni crematori a livello regionale, e molti comuni li stanno autorizzando in modo autonomo.
È un grande giro d’affari che attira anche la criminalità organizzata
A Staglieno, il quartiere di Genova noto per il vasto cimitero monumentale dove già operano quattro forni crematori, i cittadini si stanno battendo contro la realizzazione di un nuovo edificio con altri tre forni: l’impianto verrebbe a trovarsi in mezzo a borghi caratteristici, dove vengono coltivati orti, uliveti e alberi da frutto, e dove è praticata l’apicoltura e l’allevamento. L’opera, che ha un costo di circa quattro milioni di euro, consentirebbe di cremare fino a 4.500 salme all’anno, che si aggiungerebbero alle oltre 7mila di oggi.
A Cologno Monzese sono state raccolte quasi duemila firme contro il nuovo forno che avrebbe dovuto eseguire circa 5mila cremazioni l’anno, riducendo le liste d’attesa dovute all’emergenza covid anche in altri comuni lombardi e nel nord di Milano. Ma a febbraio la regione ha bocciato il progetto. Un copione simile si è ripetuto anche a Gaeta, dove a novembre il Tar di Latina ha annullato la costruzione del nuovo “Giardino della cremazione”, dopo che i cittadini avevano lanciato una petizione e dopo che la provincia di Latina aveva espresso parere negativo sulle emissioni in atmosfera e sullo scarico di acque reflue.
Il caso di Foggia
Come spesso accade per altri servizi cimiteriali, anche il giro d’affari dei forni crematori attira l’interesse della criminalità organizzata. Nel 2019 a Foggia è stata commissariata la società che gestiva il cimitero e il forno crematorio della città, la Progetto finanza di Capitanata srl, per “ipotesi di condizionamento mafioso”. Intanto a Palermo, al cimitero Rotoli, da anni si aspetta la realizzazione del nuovo forno crematorio, inserito nel 2015 nel Programma triennale delle opere pubbliche e già finanziato con 2,7 milioni di euro: si tratta di un ampliamento del forno esistente, soggetto a continui guasti.
Dopo anni di paralisi, nel 2019 il progetto è stato affidato a un nuovo responsabile ed è appena partita la fase di progettazione: se i tempi verranno rispettati, il forno sarà pronto nel 2024. Nel frattempo, l’emergenza legata alle sepolture ha raggiunto punti critici, con centinaia di bare ammassate sotto i tendoni, nei depositi e in uffici amministrativi. Si è cominciato così il trasferimento di parte delle salme al cimitero palermitano Sant’Orsola, mentre a fine estate addirittura una ditta di Caltanissetta ha offerto trasporto e cremazione gratuita per 60 defunti.
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