“Ho lavorato per vent’anni in fabbrica, prendendomi cura di mia madre malata: dopo che mi sono separata sono andata a vivere nelle case popolari. L’affitto è proporzionato al mio reddito, ma le bollette no: da quando i prezzi sono aumentati ho cominciato ad accumulare ritardi nei pagamenti. Fino a che non mi hanno minacciato di togliermi l’alloggio”. Alda, 59 anni, di Perugia, snocciola velocemente una serie di numeri: 450 euro è il suo salario mensile, a cui va aggiunta una piccola pensione di invalidità. Poco più di 40 euro sono quelli che paga di affitto, mentre 105 euro vanno per le spese condominiali, che comprendono acqua e gas, più 60 euro di rateizzazione degli arretrati da pagare. E poi ci sono altri cento euro di bolletta elettrica. “Facendo i conti resta poco, considerato che ho tante spese sanitarie e che mi servono i soldi per la benzina per andare al lavoro. Deve pur rimanermi qualcosa per mangiare”.
Nel 2022 4,7 milioni di persone in Italia hanno saltato il pagamento di almeno una bolletta, e 3,3 milioni hanno dichiarato che non sarebbero riuscite a pagare in caso di ulteriori rincari. La povertà energetica è definita nella Strategia energetica nazionale come la “difficoltà di acquistare un paniere minimo di beni e servizi energetici”: in pratica, si verifica quando una famiglia non può permettersi di pagare l’elettricità o il gas necessari a riscaldare o illuminare adeguatamente la propria abitazione. Alla fine del 2021 in Italia colpiva 2,2 milioni di famiglie, circa 125mila in più rispetto al 2020 e l’8,5 per cento del totale.
Ci sono profonde differenze regionali: la percentuale oscilla tra un minimo del 4,6 per cento nelle Marche e un massimo del 16,7 per cento in Calabria. Il Rapporto 2022 sull’efficienza energetica dell’Enea fornisce ulteriori dettagli: la quota di famiglie in povertà energetica è maggiore tra i 18 e i 34 anni (10 per cento contro il 7 per cento di chi ha più di 65 anni), tra chi vive in abitazioni di piccole dimensioni (14 per cento contro il 4 per cento di chi abita in una casa grande), e cresce con l’aumentare del numero di componenti del nucleo familiare.
Fenomeno multidimensionale
La pandemia e la guerra in Ucraina hanno aggravato il problema: se la prima ha determinato un aumento nei consumi nelle case, la seconda ha contribuito a un aumento del costo dell’energia. Il 16 aprile 2023 una donna di 76 anni è morta in un incendio in casa sua nella zona del Pigneto: il suo nome era Anna Maria Palma, e tentando di risparmiare sulle bollette usava le candele per illuminare. Già lo scorso gennaio, sempre a Roma, c’era stato il primo anziano morto in casa per il freddo dopo che gli avevano staccato le utenze. È successo nel quartiere Balduina: l’uomo si chiamava Antonio Porta, aveva 77 anni, era solo, malato e povero.
“Per ora in Italia la povertà energetica è calcolata tenendo conto dell’Isee, ma si tratta di un valore che non prende in considerazione diversi fattori importanti”, spiega Agnese Cecchini, fondatrice dell’Alleanza contro la povertà energetica, una rete di organizzazioni e istituzioni nata per contrastare il fenomeno. “Per questo si stanno studiando nuovi metodi di misurazione, anche se per il momento mancano parametri univoci”.
La povertà energetica, infatti, è un fenomeno multidimensionale: può derivare da redditi bassi, da prezzi alti dell’energia, ma è anche legata alle condizioni abitative delle persone – case vecchie, con infissi non coibentati, senza cappotto termico e con elettrodomestici datati. A incidere c’è anche l’accesso alla rete locale, che non sempre è garantito, e la scarsa conoscenza dei possibili sgravi in bolletta. Infine si devono considerare le condizioni climatiche, visto che un inverno rigido o un’estate calda possono comportare una spesa maggiore per il riscaldamento o il raffrescamento.
Secondo un sondaggio di Eurostat condotto nel 2020, l’8 per cento della popolazione europea non riesce a riscaldare adeguatamente la propria casa
Anche se negli ultimi mesi il valore dell’energia è calato, ancora rappresenta una grande parte del bilancio di spesa di molte famiglie.L’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (Arera) calcola che, in Italia, tra il luglio 2022 e il giugno 2023 la spesa media di una famiglia per la bolletta elettrica siaè stata di 1.267 euro, un terzo in più rispetto all’anno precedente. Per quanto riguarda il gas, tra il marzo 2022 e il febbraio 2023 la spesa in media è stata di 1.666 euro, con una crescita del 16 per cento rispetto ai dodici mesi precedenti. “Il problema è la scarsa trasparenza verso i consumatori”, continua Agnese Cecchini. “È difficile fare confronti tra diversi operatori o saper leggere una bolletta, le informazioni non sono chiare. A volte le offerte indicano un certo prezzo dell’energia, ma non includono altri costi nascosti”.
Con l’estate il rischio è di ricevere bollette sempre più salate. “La povertà energetica non colpisce solo d’inverno”, afferma Ivan Faiella dell’Osservatorio italiano povertà energetica (Oipe), che mette insieme ricercatori ed esperti interessati al tema. “Anche nella stagione calda i costi energetici aumentano: l’aria condizionata, i deumidificatori e i ventilatori si usano sempre di più, visto l’innalzamento delle temperature dovuto al cambiamento climatico. Si tratta di soluzioni che consumano energia, ma di cui non si può più fare a meno. Il caldo può uccidere quanto il freddo”. Non si tratta infatti di un lusso da ricchi: è stato dimostrato che il non raffrescamento porta a un aumento dei rischi sanitari, soprattutto per le persone anziane.
Il problema della povertà energetica, comunque, non è solo italiano. Secondo un sondaggio di Eurostat condotto nel 2020, l’8 per cento della popolazione europea non riesce a riscaldare adeguatamente la propria casa. La situazione è diversa da regione a regione e non dipende dal clima: in alcuni paesi, come la Bulgaria, la Lituania e Cipro, la quota di poveri energetici supera il 20 per cento, mentre altri si attestano al di sotto dell’1 per cento, come la Norvegia e la Svizzera.
Il contrasto alla povertà energetica è stato inserito all’interno dell’obiettivo numero uno dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite – “porre fine ad ogni forma di povertà nel mondo” – mentre la Commissione europea, con la raccomandazione 2020/1563, ha dichiarato che affrontare questo problema può “apportare diversi benefici”, tra cui una minor spesa sanitaria, la riduzione dell’inquinamento atmosferico, l’aumento del benessere della popolazione e il miglioramento dei bilanci familiari. Si chiede quindi ai governi nazionali “di concentrarsi, al momento di assegnare i fondi pubblici e in particolare le sovvenzioni, sulle famiglie a basso reddito”, e di trovare soluzioni di finanziamento “che consentano di ristrutturare superando l’ostacolo dei costi iniziali elevati”. A oggi, però, meno di un terzo dei paesi europei ha adottato una misura di contrasto alla povertà energetica e solamente pochi, tra cui Francia, Irlanda, Regno Unito e Slovacchia, hanno inserito una sua definizione nelle proprie legislazioni.
Misure parziali
“Tra i paesi più avanzati c’è la Francia, che ha stabilito rigidi parametri per spingere i proprietari a non vendere o affittare case che non abbiano una certa classe energetica”, continua Agnese Cecchini. “In Spagna le proteste degli abitanti della baraccopoli La Cañada Real, nella periferia sud di Madrid, hanno fatto sì che l’energia fosse riconosciuta come un servizio essenziale per la sopravvivenza. In Belgio stanno nascendo diversi gruppi locali che hanno realizzato impianti di rinnovabili con cooperative che redistribuiscono l’energia prodotta tra gli stessi cittadini, e anche l’Italia è all’avanguardia sulle comunità energetiche, anche se molti investimenti sono bloccati perché ancora si stanno aspettando i decreti attuativi”.
Nel marzo 2023 il governo ha approvato il cosiddetto “decreto bollette”, che stanzia 4,9 miliardi di euro per contenere i costi dell’energia. Tra gli strumenti per combattere la povertà energetica c’è un bonus sociale che viene riconosciuto automaticamente in bolletta alle famiglie con un Isee inferiore a 15mila euro, o a chi ha gravi problemi di salute, e un bonus per chi abita in condomini con il riscaldamento centralizzato.
“Queste misure sono parziali e partono da una scarsa conoscenza del fenomeno”, spiega Paola Valbonesi, presidente dell’Oipe. “Per esempio, molti poveri energetici si riscaldano con stufette elettriche o a gas, e dunque non possono usufruire dei contributi in bolletta, che tra l’altro non sono progressivi: se una famiglia ha un reddito di 15mila euro più uno, non ha accesso alle riduzioni”. Altri contributi sono stati invece distribuiti a pioggia, come il superbonus 110 per cento o l’abbattimento degli oneri di sistema. “Questi interventi hanno avuto un effetto limitato sul contenimento della spesa per le famiglie più vulnerabili”, continua Valbonesi, “mentre hanno favorito anche chi non aveva difficoltà a pagare”. Nel 2022 il ministero della transizione ecologica ha istituito l’Osservatorio nazionale povertà energetica (Onpe): la prima riunione si è tenuta nel dicembre 2022, ma per ora non sono state realizzate azioni concrete.
“Dalla fine del 2022 la mia bolletta è aumentata visibilmente”, racconta Tiziana, 62 anni, che vive in una piccola casa di proprietà nella periferia di Roma. “Per ridurre i costi ho cambiato le mie abitudini: adesso faccio la lavatrice una volta alla settimana, lavo a mano la biancheria intima e mi faccio la doccia solo di notte, per non tenere acceso lo scaldabagno nelle ore in cui l’elettricità è più cara. Certo, mi piacerebbe mettere i pannelli solari e usare l’auto elettrica, ma chi paga? Io non me li posso permettere”. Sì, perché i poveri energetici sono prima di tutto poveri. “La transizione energetica ha un costo che non può ricadere sui cittadini”, afferma Luciano Lavecchia dell’Oipe. “Si tratta di una questione di interesse pubblico, che avrà ricadute su tutta la comunità: per questo non bisogna lasciare indietro nessuno”.
Nel frattempo, nel 2023 il governo ha deciso di non rifinanziare il contributo all’affitto né il fondo per la morosità incolpevole, gli unici ammortizzatori sociali che erano rimasti nel settore delle locazioni per tamponare l’emergenza abitativa. “In questi anni alle nostre sedi si sono rivolti inquilini che devono scegliere se pagare le bollette o l’affitto, ma anche proprietari che hanno difficoltà ad arrivare a fine mese tra il mutuo, le spese condominiali e le utenze”, racconta Stefano Chiappelli, segretario generale del sindacato inquilini della Cgil Sunia. “Per le famiglie che vivono negli alloggi popolari ormai è quasi più difficile pagare le bollette che l’affitto, e spesso accumulano ritardi. In alcuni casi, si è arrivati anche al distacco delle forniture”. Nell’ottobre 2022 il tavolo interregionale su infrastrutture, mobilità e governo del territorio aveva inviato al governo una serie di richieste, tra cui quella di costituire un fondo per le aziende regionali dell’edilizia residenziale pubblica con risorse ad hoc per far fronte all’aumento dei casi di morosità incolpevole determinati dal caro bollette. Ma per ora non si è mosso nulla.
In caso di ritardi nel pagamento della bolletta, alcune aziende fornitrici di energia stanno invece accorciando i tempi per staccare luce e gas. Le associazioni dei consumatori denunciano che centinaia di utenti hanno ricevuto una immediata messa in mora, invece di un sollecito, con il successivo distacco della fornitura: è nata così la proposta di sospendere i distacchi, optando invece per la rateizzazione delle bollette. Contemporaneamente, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm, l’antitrust) ha avviato quattro istruttorie contro le aziende Iren, Iberdrola, E.On e Dolomiti per presunte modifiche unilaterali illegittime dei prezzi e per l’ingannevolezza delle comunicazioni.
Per supportare chi ha problemi a pagare le bollette si sono attivate diverse organizzazioni, come il Banco dell’energia, una fondazione che finanzia progetti di contrasto alla povertà energetica. Tra questi c’è Energia in periferia. “Attraverso questo programma formiamo gli operatori sociali che lavorano sul campo, che diventano ‘tutor per l’energia’”, spiega la segretaria generale Laura Colombo. “Non si tratta solo di erogare contributi, ma di fare un lavoro di educazione alle famiglie, per aiutarle a leggere la bolletta o l’etichetta energetica degli elettrodomestici, ma anche a conoscere i sostegni statali e alcuni semplici pratiche di risparmio quotidiano”.
Per diffondere le informazioni, è stato realizzato anche un decalogo tradotto in sei lingue. “Prima di rivolgersi a noi, alcune famiglie avevano bollette anche da mille euro”, racconta Rosa Scopelliti, che fa la volontaria con l’associazione Nuova solidarietà nella periferia nord di Reggio Calabria e che è diventata una tutor per l’energia. “Spesso gli alloggi sono vecchi, senza impianti a norma. Ci sono persone che devono scegliere se pagare le bollette o fare la spesa: per questo doniamo anche vestiti e alimenti di prima necessità”. Tra loro c’è anche Daniele, che abita in affitto con sua moglie e i tre figli. “Io sono l’unico che lavora, ma purtroppo non ho un contratto e ci sono periodi che non mi chiamano”, racconta. “Sono arrivato a spendere anche 300 euro di bollette, che si sommano ai 350 d’affitto. Ogni mese mi chiedo: i soldi basteranno? Il problema sono le bollette alte, ma non solo: qui mancano posti di lavoro regolari, case dignitose, sostegni alle famiglie. È molto difficile vivere in questa instabilità”.◆
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it