Sulla banchina orientale della darsena nord del porto di Piombino è tutto fermo in attesa dell’arrivo della Golar Tundra, la prima delle due navi rigassificatrici acquistate dalla Società italiana metanodotti (Snam) per diversificare le forniture di gas e ridurre la dipendenza dalla Russia. Il pomeriggio del 5 settembre, il governo e la regione Toscana hanno trovato l’accordo sull’installazione e i tecnici della compagnia sono alle prese con rilievi e sopralluoghi.

Alla riunione, che si è svolta al ministero della transizione ecologica a Roma, hanno partecipato i ministri Stefano Cingolani e Mariastella Gelmini, il presidente della Toscana Eugenio Giani, l’amministratore delegato della Snam Stefano Venier e i consulenti del governo Antonio Funiciello e Francesco Giavazzi. Nel corso dell’incontro, si legge nel comunicato del ministero, “si è discusso della inderogabile necessità di installare il rigassificatore nell’area di Piombino, per garantire la sicurezza energetica nazionale nei tempi stabiliti dal piano del governo”.

La nave metaniera, prodotta in Norvegia ma battente bandiera delle Isole Marshall, costruita nel 2015 e acquistata dalla Snam per 320 milioni di euro dalla Golar Lng, una compagnia con sede nelle isole Bermuda, è lunga 293 metri e larga 43. Ha una capacità di stoccaggio di circa 170mila metri cubi di gas naturale liquefatto e potrà rigassificare cinque miliardi di metri cubi di gas all’anno, che si aggiungeranno ai 3,75 dell’impianto offshore di Livorno, ai 3,5 di quello di Panigaglia a La Spezia, l’unico in Italia su terraferma, agli 8 della piattaforma in mare di Porto Vigo in Veneto e ai cinque della seconda nave acquistata dal governo italiano, la Bw Singapore, che sarà ancorata otto chilometri al largo di Ravenna.

Secondo Stefano Venier, la piattaforma “da sola potrà contribuire a circa il 6,5 per cento del fabbisogno nazionale, portando la capacità di rigassificazione italiana a oltre il 25 per cento della domanda”. L’imbarcazione sarà collegata alla rete del metano attraverso una tubatura lunga otto chilometri e rimarrà nello scalo per tre anni, il tempo di costruire una conduttura che consentirà di spostarla in mare aperto.

È il compromesso raggiunto di fronte alle proteste dei quattro comitati cittadini che da maggio scendono in piazza a Piombino per dire no a un progetto che, a loro dire, mette a repentaglio la sicurezza degli abitanti, dei lavoratori del porto e delle migliaia di turisti che lo affollano ogni giorno, nonché dell’intera economia cittadina. Il presidente della Toscana Giani, del Partito democratico, nominato dal governo Draghi commissario ai rigassificatori, dovrebbe firmare l’autorizzazione definitiva per la realizzazione entro la fine di ottobre. Il governo ha previsto una procedura d’urgenza che non prevede la valutazione d’impatto ambientale e cerca di accelerare i tempi di realizzazione.

In un rapporto consegnato all’amministrazione comunale, la Snam scrive che “la localizzazione a Piombino del rigassificatore è stata decisa, di concerto con le istituzioni, a valle di approfondimenti che hanno individuato la località come l’unica in grado di assicurare, per ragioni tecniche (pescaggio del fondale, lunghezza della banchina e prossimità alla rete di trasporto), l’entrata in funzione del terminale in tempi compatibili con l’attuale criticità energetica”.

Cassa integrazione

A Piombino si fa fatica a trovare qualcuno favorevole all’arrivo della Golar Tundra. Il presidente dell’Autorità di Sistema portuale del mar Tirreno settentrionale, Luciano Guerrieri, ha sostenuto che occupare lo scalo con una gigantesca nave piena di gas equivale a bloccarlo e a fermare “ogni tentativo di rilancio”, rischiando di provocare anche una crisi occupazionale. L’Unione sindacale di base (Usb) in una nota ha scritto che l’arrivo della Golar Tundra “sarebbe uno shock per tutta la città” e “fermerebbe la riconversione industriale”. I pescatori temono danni per la loro attività, anche quando l’impianto sarà spostato al largo, nel golfo di Follonica, come prevede l’accordo tra governo e regione.

Alle manifestazioni che a ritmo regolare si susseguono da quando, il 6 maggio scorso, il ministro della transizione ecologica Stefano Cingolani ha annunciato che la nave sarebbe stata ormeggiata nel porto toscano, sventolano le bandiere di tutti i partiti, da Sinistra italiana al Movimento 5 Stelle, “tranne quelle del Partito democratico”, dice più di uno a denti stretti. A eccezione del Pd e del cosiddetto terzo polo, tutte le forze politiche locali appoggiano la battaglia contro il rigassificatore.

Un corteo contro l’installazione del rigassificatore a Piombino, 16 luglio 2022. (Aleandro Biagianti, Agf)

La destra locale, compresi i partiti che hanno votato a favore del decreto che prevede l’acquisto dei rigassificatori, cavalca la protesta. Lungo il corso principale della città, un banchetto della Lega espone un cartello contro il rigassificatore, incurante delle dichiarazioni del suo segretario Matteo Salvini, per il quale “l’Italia ha bisogno di rigassificatori, se poi sia più giusto farlo lì o là, non ho le competenze tecniche per dirlo”.

Il sindaco Francesco Ferrari, di Fratelli d’Italia, dice di essere contrario a “un nuovo sacrificio per una città che ha già dato molto”, fa sapere di essere pronto a non firmare le autorizzazioni e anche a ricorrere ai tribunali, e rimanda ogni decisione a quando sarà nominato il nuovo governo. La destra non vuole perdere i consensi guadagnati nel 2019, quando ha strappato il comune alla sinistra dopo settant’anni, sfruttando la delusione per la dismissione delle acciaierie.

Nello stabilimento lavoravano ottomila persone, che diventavano diecimila con l’indotto. Nel 2014 l’altoforno è stato spento e mai più riacceso. Gli ultimi proprietari, la compagnia indiana Jindal, li hanno ridotti a circa duemila. Di questi, 500 si alternano nelle lavorazioni a freddo, in gran parte per una commessa di rotaie per le Ferrovie dello Stato. Gli altri sono in cassa integrazione. Un pezzo di città sopravvive da anni grazie agli ammortizzatori sociali e a pagare il prezzo della deindustralizzazione finora è stata la sinistra, che fino al terremoto istituzionale di tre anni fa vinceva le elezioni senza neppure andare al ballottaggio. Ora, rischia di essere penalizzata anche dal sì al rigassificatore, nonostante il sostegno a quest’ultimo, fuori dai confini cittadini, sia trasversale.

La nave occuperà tutta l’area e l’intera zona sarà interdetta per ragioni di sicurezza

In realtà, anche la destra rischia di pagare lo scotto di una posizione di lotta a Piombino e di realpolitik fuori dai confini cittadini. La leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni ha già lasciato intendere che la Golar Tundra sarà ormeggiata nel porto e al massimo si tratterà su come e quanto risarcire la città. “Se c’è un modo per fare un rigassificatore non a Piombino, che è una città che ha già pagato molto anche per l’assenza di bonifiche, sarebbe meglio, ma se non ci sono alternative bisognerà parlare molto seriamente del ruolo del comune e delle compensazioni”, ha detto alla trasmissione televisiva Fuori dal coro, su Rete4.

Una posizione molto simile a quella del commissario Giani, del Partito democratico, che ha presentato al governo un memorandum con un pacchetto di seicento milioni di euro che prevede, come compensazione per il rigassificatore, opere al porto, la bonifica delle aree industriali dismesse, sostegni al turismo e agli allevamenti ittici, progetti di ricerca, strade e bollette calmierate per chi investirà nell’area siderurgica, rimpiazzando il vecchio altoforno a carbone con un forno elettrico.

“Ci stanno spacciando come compensazioni delle opere che attendevamo da decenni”, dice Fabrizio Callaioli, capogruppo di Rifondazione comunista in consiglio comunale. Per dimostrare che la battaglia contro il rigassificatore non è una questione da nimby, acronimo inglese di not in my backyard, non nel mio giardino, Callaioli ci tiene a mostrare da vicino l’impatto che il rigassificatore avrà sul porto e sull’intera città. Indica lo specchio d’acqua dove la Golar Tundra sarà ancorata al fondale, costringendo a uno sforzo di immaginazione.

Sulla banchina “avrebbero potuto metterci tutte le lavorazioni dell’industria marittima, a partire dalla manutenzione delle imbarcazioni”, spiega Callaioli. Invece, la nave occuperà tutta l’area e l’intera zona sarà interdetta per ragioni di sicurezza. A poche decine di metri, sulla terraferma, c’è un deposito di idrogeno che nel caso di un incidente rischierebbe di essere coinvolto. Le prime abitazioni sono a circa 500 metri, una distanza che, se ci fosse un’esplosione, non sarebbe sufficiente a garantire la sicurezza. Alle spalle ci sono le acciaierie con i parchi minerari da bonificare. È da lì che dovranno passare le condotte del gas, con il rischio di sollevare le polveri tossiche accumulate in centoventi anni di siderurgia. “Come si gestirà la messa in sicurezza di questi residui, che raggiungono l’altezza di sette metri?”, chiede Callaioli.

Colpo fatale

Il confronto con la piattaforma offshore della vicina Livorno mette però in luce i rischi legati alla presenza di un enorme contenitore del gas in un porto piccolo come quello di Piombino. A Livorno la nave è stata ancorata al fondale a 22 chilometri dalla costa ed è proibito navigare e pescare in un raggio di tre miglia marittime attorno al rigassificatore. A Piombino, invece, i traghetti in arrivo dall’isola d’Elba, dalla Sardegna e dalla Corsica passeranno a pochi metri dalla Golar Tundra.

I comitati temono in particolare le giornate in cui il vento di scirocco increspa il mare e crea correnti che potrebbero creare urti pericolosi, soprattutto durante le operazioni di rifornimento di gas naturale liquido, che arriverà via nave dalla Spagna. Gli albergatori e i commercianti temono un crollo del turismo. Sarebbe un colpo fatale per una città che pensava di superare il passato industriale puntando sui vacanzieri di passaggio verso le isole.

Nel 2021 dal porto di Piombino sono passate 2,8 milioni di persone, 12.603 navi, 82mila camion spediti via mare e 4,2 milioni di tonnellate di merce. Basterebbe che si trattenessero più di un giorno tra i vicoli del centro storico per risollevare il prodotto interno lordo della cittadina. Per questo è difficile trovare un negozio che non abbia esposto in vetrina un cartello contro il rigassificatore. “Finirà che, per i problemi di sicurezza, sposteranno tutte le partenze a Livorno”, dice la titolare di un hotel.

“Dal rigassificatore non ci guadagnerà nessuno, tranne la società privata che ha in gestione la banchina”, sostiene Callaioli. Al contrario, prosegue, saranno penalizzati l’industria turistica, gli stabilimenti balneari e gli allevamenti di mitili e di altri pesci, che dovranno fare i conti con il cloro sversato in mare dall’impianto, fino a cinquanta chilogrammi al giorno che, secondo gli ambientalisti del Wwf, rischiano di distruggere l’ecosistema marino per alcuni chilometri. “Andrà fatto uno studio serio e completo sugli effetti del rilascio del cloro e di eventuali altre sostanze nel ciclo produttivo del rigassificatore e delle eventuali variazioni della temperatura delle acque marine”, spiegano gli ecologisti. A Piombino la gente pensa che nella migliore delle ipotesi potrà risparmiare sulle bollette del gas. Ma in cambio dovrà rinunciare al pesce.

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