Il 12 giugno le elezioni comunali hanno coinvolto 8.831.743 elettori, una parte importante del paese. Si votava in moltissimi comuni, tra cui 22 capoluoghi di provincia e quattro capoluoghi di regione. Mentre aspettiamo i ballottaggi possiamo tirare alcune prime conclusioni. La prima e più evidente è che c’è un partito che vince sempre: quello dell’uomo medio. I 13 sindaci eletti al primo turno sono tutti uomini e solo due hanno meno di quarant’anni (dati di Pagella politica). Questo risultato è congruente con le candidature: su 164 candidati solo 39 sono donne, appena il 23 per cento. Se guardiamo alla rosa più ristretta dei candidati sostenuti dai principali partiti, le donne sono 15, gli under quaranta solo sei, di cui una donna.
Dal punto di vista dell’età il dato è peggiore rispetto alle comunali di ottobre 2021, mentre dal punto di vista del genere si registra un miglioramento. Alle ultime amministrative si votava in venti capoluoghi e non è stata eletta nessuna donna. Questa volta invece le coalizioni di centrosinistra hanno sostenuto nove candidate nelle 26 città principali. Siamo ancora lontane da un mondo ideale ma, volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, possiamo dire eppur si muove. Delle nove candidate, sei sono al ballottaggio e a Piacenza e Viterbo la sfida è tutta tra donne. Queste due città sono anche le uniche in cui arrivano al ballottaggio donne del centrodestra, tutte le altre sono candidate di coalizione del centrosinistra.
Vale la pena di registrare un altro dato: le donne erano numerose tra i candidati sindaco delle liste no vax. Anche se la loro discutibile proposta politica non ha avuto praticamente alcun riscontro alle urne, è un fatto interessante: ci dice che, come nel Movimento 5 stelle della prima ora, che aveva portato in parlamento un numero inedito di giovani candidate, le donne sono molto attive nelle mobilitazioni, pronte a mettersi in gioco e a misurarsi con il consenso. È quando i movimenti si trasformano in partiti di potere che le donne perdono terreno. L’irrigidimento delle strutture rappresentative non paga alle urne: l’affluenza è stata del 54,7 per cento, 5,4 punti percentuali in meno rispetto alle amministrative del 2021, consolidando una tendenza negativa che rispecchia la crisi dei partiti e delle istituzioni.
Ancora una volta, per uscire dalla crisi bisognerebbe avere coraggio e ripartire dalle donne e dai giovani, anzi, dalle giovani donne.
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