L’imbarcazione a due piani, allestita come un galeone dei pirati, si avvicina lentamente alla banchina sulle note di Bollicine di Vasco Rossi. Sono da poco passate le 21, l’aria è calda e ventosa. Le tante persone a bordo raccolgono borse, scarpe e teli e si dirigono verso l’uscita. “Bello, ci siamo divertiti”, dicono due turisti bergamaschi mentre salgono sullo scooter parcheggiato alla fine del molo. Il tour serale è durato quattro ore: prevedeva un giro delle spiagge più belle, l’avvistamento dei delfini, l’aperitivo con dj set e una spaghettata prima del rientro. Una lunga festa sul mare, una delle innumerevoli attrazioni dell’isola di Lampedusa, che anche in questi giorni di fine estate continua a fare il pieno di turisti.
Poco distante un’altra imbarcazione ha da poco attraccato al molo Favarolo: è una motovedetta della guardia di finanza, a bordo ci sono venti migranti tutti provenienti dalla Tunisia, quattro sono minorenni. Il primo a scendere, zoppicando, è un ragazzo alto e magro. Avanza lentamente sulla scaletta, toccandosi un ginocchio.
Ad aspettarlo a terra ci sono i funzionari di polizia, i mediatori culturali e alcuni volontari che porgono a tutti un bicchiere d’acqua, un succo di frutta e dei biscotti. Un altro ragazzo si accascia per qualche minuto, tenendosi la testa, poi si rialza e si mette in fila con gli altri compagni di viaggio appena sbarcati. Tutti insieme salgono sul pulmino bianco che li attende alla fine della banchina, attraversano la città e dal porto nuovo arrivano all’hotspot, il centro di prima identificazione di Contrada Imbriacola, passando a fianco ai ristoranti pieni di gente in vacanza. La struttura che li ospita è fuori dal centro abitato, ci rimarranno fino al giorno del loro trasferimento sulla terraferma o del rimpatrio.
Dall’hotspot non si può uscire e solo gli addetti alla sicurezza e all’accoglienza possono entrare
Nell’isola simbolo dell’immigrazione in Italia i migranti non esistono. Sono una presenza costante ma invisibile: dall’hotspot non si può uscire e solo gli addetti alla sicurezza e all’accoglienza possono entrare, neanche i giornalisti sono ammessi. Fino al 2019, grazie a un buco nella recinzione, non era raro incontrare i migranti appena sbarcati, in particolare intorno alla chiesa, dove il parroco lasciava il wi-fi libero per permettergli di comunicare con i familiari in patria. Quando è esplosa la pandemia da covid-19 la rete che circonda il centro è stata rafforzata per evitare contagi.
“Questo posto somiglia più a un centro di reclusione che a un luogo per la prima accoglienza, è presidiato costantemente dalle forze dell’ordine”, spiega Angelo Farina, uno dei due medici dell’hotspot. La procedura dopo lo sbarco è per tutti la stessa: tampone, fotosegnalamento e pre-identificazione. “Il nostro compito è fare degli screening medici adeguati per identificare i casi vulnerabili e poi trasferire il quadro clinico di ciascun migrante ai medici della seconda accoglienza. Ma d’estate, con l’aumento degli arrivi, è per noi difficile operare. Tutto il sistema è concepito in maniera emergenziale, ogni anno si manifestano gli stessi problemi di gestione anche se arrivano poche persone”.
Dall’inizio dell’anno al 31 agosto sono 57.168 i migranti arrivati via mare in Italia, in aumento rispetto al 2021 (quando erano 39.410) ma in netta diminuzione rispetto agli anni di maggior afflusso di rifugiati in Italia e in Europa: nel 2016 e 2017 nello stesso periodo sulle coste italiane sono arrivate rispettivamente 115.068 e 99.119 persone. Eppure i toni allarmistici che accompagnano in questi giorni la ripresa degli sbarchi nell’isola hanno riportato il tema dell’immigrazione al centro della campagna elettorale.
In realtà nel mese di agosto a Lampedusa il flusso è stato simile a quello dello scorso anno: 5.425 arrivi in 176 sbarchi, rispetto ai 5.210 arrivi nel 2021 in 189 sbarchi. Dal 18 al 25 agosto, a causa del vento forte di maestrale, non è approdato nessuno. Dal 26, con il miglioramento delle condizioni del mare, sono arrivati anche 40-50 barchini al giorno. Una situazione che ha prodotto di nuovo il sovraffollamento del centro, che ha una capienza massima di 350 persone e che in alcuni giorni arriva a ospitare anche più di mille persone, se mancano i mezzi per trasferirle nelle strutture delle altre città italiane.
L’emergenza secondo Salvini
Il leader della Lega, Matteo Salvini, il 31 agosto è tornato a sorpresa a Lampedusa dove era già stato a inizio mese per inaugurare qui il suo tour elettorale. E di nuovo ha fatto un giro all’interno del centro di Contrada Imbriacola, accompagnato dal vicesindaco leghista dell’isola, Attilio Lucia. Seguendo lo stesso schema del 4 agosto ha portato solidarietà agli agenti di polizia impegnati nella struttura, non ha parlato con i migranti presenti, ma li ha solo inseriti in alcuni video selfie sottolineando che dormono “tutti ammassati” e che “hanno tutti il cellulare”. Ha poi denunciato “le condizioni indegne” di accoglienza, che però sono le stesse da mesi.
Nella sua prima visita, dopo il giro al centro, Salvini aveva fatto anche un tour nelle calette più belle a bordo della Gamar, la barca da diporto arrivata per prima in soccorso dopo il naufragio del 3 ottobre 2013, in cui morirono 368 persone. Seduto fuori dalla sua gelateria di via Roma, Vito Fiorino, ex proprietario dell’imbarcazione, soffre a ricordare quella mattina. “La stagione turistica stava finendo, con alcuni amici avevamo deciso di passare la notte fuori, in barca. All’alba ci siamo svegliati per rientrare quando abbiamo sentito dei rumori in lontananza, sembravano gabbiani. Ci siamo avvicinati e mai ci saremmo aspettati di vedere così tanti corpi in acqua, vicino alla costa. Dopo aver chiamato aiuto e abbiamo cominciato a tirar su persone, corpi vivi, corpi senza vita: la barca è omologata per 9, siamo riusciti a farci entrare 47 superstiti”.
Per quattro anni Fiorino non è riuscito a parlare di quell’esperienza, poi ha venduto la barca e oggi va nelle scuole a parlare di immigrazione con i ragazzi. “Quando sono uscite le foto di Salvini su quella barca tantissime persone mi hanno chiamato, non sapevo che dire. La Gamar non è più mia ma certo è un simbolo. Chissà che non salvi anche lui. Si parla ancora di bloccare le migrazioni, senza chiedersi cosa succede in mare, senza interrogarsi sui lager libici, i centri di detenzione dove le persone vengono trattenute”.
“La vera emergenza riguarda le persone che a Lampedusa non riescono ad arrivare”, sottolinea Giovanni D’Ambrosio, operatore di Mediterranean hope, il programma per migranti e rifugiati della Federazione delle chiese evangeliche. D’Ambrosio vive sull’isola da un anno e mezzo e racconta che da alcuni mesi stanno aumentando gli arrivi di famiglie tunisine e di migranti originari del Pakistan e del Bangladesh, che lavorano in Libia.
“Abbiamo parlato con dei ragazzini egiziani che hanno transitato per i centri di detenzione libici ed erano sconvolti: una delle parole che si ricordano e ripetono è jalis, seduto, che i carcerieri urlavano continuamente”, racconta. “Non vogliamo che Lampedusa sia strumentalizzata per scopi elettorali, pensiamo che le soluzioni per una corretta gestione degli arrivi esistano, i numeri non sono allarmanti. Lo diciamo da tempo: servono trasferimenti veloci, anche attraverso ponti aerei perché la struttura non sia costantemente sovraffollata”.
Sulla pelle dei migranti
Dalle soluzioni securitarie del centrodestra alle timide aperture del centrosinistra, la distanza tra percezione e realtà è evidente anche nei programmi elettorali dei principali partiti. Nessuno propone misure per una gestione del fenomeno che sia strutturale e in linea con il rispetto dei diritti. Il programma del centrodestra (Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia) propone una visione fortemente securitaria e il pugno duro per fermare gli arrivi.
Ma mentre Salvini pensa a una nuova versione dei decreti sicurezza, emanati durante il primo governo di Giuseppe Conte, e giudicati in parte incostituzionali da alcuni tribunali italiani, Giorgia Meloni ipotizza un “blocco navale”. Uno slogan elettorale che propone continuamente sui social network, ma che nella realtà è una misura inattuabile, perché equivarrebbe a un atto ostile di guerra. Criticata per l’uso improprio del termine, la leader di Fratelli d’Italia ha corretto il tiro, parlando di un “blocco navale politico e non giuridico” e spiegando che l’idea è in realtà quella di fermare gli arrivi attraverso un nuovo accordo con la Libia, simile al patto tra l’Unione europea e la Turchia.
A questo si aggiunge la proposta di hotspot in Africa per selezionare i migranti prima della partenza, ma la soluzione difficile da realizzare perché è in contrasto con il diritto d’asilo, che prevede l’accesso al territorio dello stato in cui si vuole chiedere protezione.
Nella campagna elettorale del Partito democratico l’immigrazione occupa uno spazio marginale: sui manifesti c’è spazio solo per lo ius scholae, la riforma della legge sulla cittadinanza, per i ragazzi nati e cresciuti in Italia che hanno frequentato un ciclo scolastico di almeno cinque anni. Viene proposta un’Agenzia di coordinamento delle politiche migratorie, per vigilare sul rispetto dei criteri di accoglienza e sull’efficacia delle politiche di integrazione; si chiede l’abolizione della legge Bossi Fini e una nuova legge sull’immigrazione per consentire l’ingresso per ragioni di lavoro, l’allargamento dei corridoi umanitari e il superamento del regolamento di Dublino.
“Il tema più complesso, delicato e divisivo della politica contemporanea è affrontato con poche parole e superficialmente da quasi tutti i partiti”, afferma Gianfranco Schiavone, giurista e membro dell’Associazione per gli studi giuridici dell’immigrazione(Asgi). “Sono i partiti di destra a dare più spazio al tema, senza però nessuna analisi reale. Ripetono che i migranti sono troppi, che bisognerebbe consentire solo ingressi regolari, ma le soluzioni restano arcaiche e non al passo con i tempi: si evocano ancora i decreti flussi, per avere ingressi stagionali e a tempo. Non c’è nessuna riflessione sulla demografia italiana né su come è cambiato il fenomeno negli anni.
Anche il Partito democratico si limita a dire poche cose, parla anche dell’abolizione del sistema di accoglienza emergenziale basato sui centri di accoglienza straordinaria (cas) ma sono solo parole. Solo +Europa chiede apertamente di abolire il memorandum con la Libia e propone di creare una commissione indipendente sui diritti umani, mentre il terzo polo, formato da Italia Viva e +Azione, avanza l’idea di un ministero delle migrazioni. Nessun partito ha una visione d’insieme, reale, dettagliata. Tutti usano gli stessi toni e lo stesso linguaggio. È un film già visto: i migranti non sono soggetti portatori di diritti, ma oggetto di propaganda”.
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