Vicofaro è un quartiere pistoiese ai bordi della città. Villette basse, dignitose, cintate da giardini, accanto a qualche palazzina più alta. Affacciata su uno slargo c’è la parrocchia di Santa Maria Maggiore. In realtà le chiese sono due, una più piccola, che sembra una pieve come tante se ne vedono appena fuori Pistoia, un’altra più grande, con cemento a vista, curvilinea. È da qui, dalle tensioni che agitano questa quieta periferia medio borghese – e non dalla piazza del Duomo con le sue architetture pregiate, la cattedrale di San Zeno, il Battistero, il palazzo del comune e quello dei Vescovi – che parte un viaggio nella Pistoia che il 12 giugno va al voto.
In gioco c’è la sorte dell’amministrazione di centrodestra guidata da Alessandro Tomasi, di Fratelli d’Italia, che nel 2017, senza tanti clamori a livello nazionale, ha sconfitto il sindaco Samuele Bertinelli del Partito democratico (Pd), platealmente sgradito alla componente renziana allora dominante nel partito, e da questa boicottato.
Pistoia è una città distante dai grandi flussi, ma questo non la mette al riparo dalle lacerazioni. Una lacerazione parte da qui, dallo slargo di Vicofaro. Il parroco don Massimo Biancalani, viso rotondo, capelli lunghi e fisico robusto, dal 2015 accoglie migranti, in prevalenza giovani, tutti africani e numerosi: dai cento ai centocinquanta per volta. Sono parte del popolo di migranti che prima di trovare dimora, “cammina su e giù per l’Europa”, spiega Biancalani. A Vicofaro dormono anche tra i banchi della chiesa. La parrocchia non rientra né nel Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), né in quello dei Centri di accoglienza straordinaria (Cas). È un tetto sulla testa di persone che altrimenti vivrebbero in strada.
Biancalani è finito tante volte nel mirino del leader della Lega Matteo Salvini, fin da quando, nel 2017, comparve in una foto con un gruppo di migranti in piscina. La parrocchia è stata chiusa, poi riaperta. La sua pagina Facebook è bersagliata d’insulti. Le immagini dei migranti nella chiesa sono un cavallo di battaglia di certi talk show di Mediaset, che le accompagnano con colonne sonore di film horror. “La nostra è un’accoglienza di emergenza”, dice Biancalani, “arrivano ragazzi soli, abbandonati dalla rete delle cooperative, con disturbi depressivi o psichiatrici e che non trovano altra strada. È vero che gli spazi in cui sono alloggiati sono in condizioni drammatiche, ma il comune invece di mandarci le ispezioni perché non ci aiuta a renderli migliori?”.
Qualche settimana fa un ragazzo si è messo a saltare sui cofani di alcune macchine parcheggiate. In precedenza era stato arrestato, poi rilasciato. Era un tipo taciturno. Biancalani si è offerto di pagare i danni, ma non è bastato. La campagna elettorale bussa alle porte di Vicofaro e, sollecitato da un gruppo di residenti, il sindaco Tomasi ha scritto al prefetto, invocando “il ripristino della legalità”, denunciando “una condizione invivibile” che potrebbe portare “all’irreparabile”.
Capire la sofferenza
Non è la prima volta che dal palazzo del comune presidiato dalla destra partono ingiunzioni, ma intorno a Biancalani è schierata una Pistoia solidale. Volontari organizzano corsi d’italiano, sono stati allestiti uno spazio per le vaccinazioni e uno sportello legale. Arrivano donazioni e pacchi alimentari. La preside del liceo Amedeo di Savoia, dove Biancalani insegna religione, ha espresso sostegno al sacerdote. “Il sindaco venga a vedere cosa facciamo”, insiste Biancalani, “se non ci fossimo noi, chi si prenderebbe cura di questi ragazzi? Ma a Pistoia neanche la sinistra ha una politica per loro: nessuno pubblicamente ci ha difesi, neanche il sindacato. Il tema dell’immigrazione dà fastidio”.
Gli stranieri residenti in provincia di Pistoia sono circa 28mila, un terzo dei quali vive nel capoluogo. Sono per la maggior parte albanesi, seguiti dai romeni. Gli africani sono una minoranza. Ma quelli che sono accolti da Biancalani sono arrivati in Italia da ragazzini, anche sette, otto anni fa, dall’Africa subsahariana, e scuotono una città che, dice il sacerdote, “non è abituata a convivere con persone così diverse. Ci vorrà del tempo prima che si capisca la loro sofferenza, ma anche le loro competenze e la loro forza giovanile. Io sono fiducioso”.
La campagna elettorale è all’inizio e non si sa quanto influiranno le vicende di Vicofaro. La città è ancora assopita e non si sono rimarginate le ferite a sinistra dopo la sconfitta del 2017. Cinque anni fa non è stato battuto solo il giovane Bertinelli, un brillante studioso di filosofia al quale molti pronosticavano un futuro politico ben oltre la cinta pistoiese: è andato in pezzi uno schieramento che a Pistoia, medaglia d’argento al merito per la resistenza, governava dal 1944. Un tracollo nella Toscana dove erano già visibili gli smottamenti del fronte progressista.
Contro Tomasi il centrosinistra si presenta sparpagliato. Pd, Italia viva e i socialisti hanno candidato Federica Fratoni, ex assessora regionale. Il Movimento 5 stelle ancora non si è pronunciato, e a sinistra si è formata una coalizione con diverse sigle più i verdi.
“Dopo la batosta del 2017, nel Pd non c’è stata nessuna riflessione”, denuncia Daniela Belliti, ricercatrice di filosofia politica all’università Bicocca di Milano, ex vicesindaca con Bertinelli ed ex segretaria cittadina del partito. In questi anni, si sente ripetere, si è aggravato l’isolamento di cui Pistoia soffre da tempo. “Ci hanno dati per persi”, dice Belliti, che un mese fa ha annunciato la sua uscita dal Pd, non condividendone la posizione sull’Ucraina. Ma le questioni pistoiesi hanno avuto un peso nella decisione.
Spia delle lacerazioni è anche la vicenda giudiziaria che ha coinvolto Bertinelli e alcuni esponenti della sua giunta e dirigenti comunali. L’inchiesta è cominciata nell’agosto del 2016, quando mancava poco all’inizio della campagna elettorale, e solo a marzo scorso è arrivata l’assoluzione piena per tutti. Erano accusati di abuso d’ufficio e falso ideologico. Ancora pendente è invece una delicata inchiesta sulla fuga di notizie relative all’inchiesta comparse sui giornali locali prima che gli stessi indagati ne fossero informati.
Capoluogo isolato
La spaccatura a sinistra è uno degli indicatori di una città che si sta ripiegando su se stessa. Altri segnali li coglie un conoscitore di Pistoia come Claudio Rosati, per anni dirigente regionale nel settore dei musei. Il suo sguardo spazia dalla città storica al vasto territorio comunale che comprende la piana fitta di aziende vivaistiche e la montagna, popolata di piccolissimi insediamenti. “Pistoia si conserva in equilibrio dal punto di vista demografico, intorno ai novantamila abitanti”, osserva Rosati, “ma si sente un po’ il capoluogo di se stessa. D’altronde la provincia nacque nel 1929 per volontà del fascismo prendendo un pezzo di territorio qui, un altro là e mettendoli insieme in modo artificiale. E la città è sempre stata debole rispetto a una campagna circostante economicamente sovrastante”.
Nel 2019, stando a uno studio della camera di commercio, la ricchezza prodotta dall’agricoltura pistoiese pesava per quasi il 25 per cento sul totale della Toscana, mentre l’industria non andava oltre il 5,6. Inferiori alla media regionale erano il reddito e i consumi pro capite. Il tasso di disoccupazione tra i giovani dai 15 ai 30 anni era del 22 per cento, quattro punti in più rispetto alla media toscana. “La più grande industria meccanica pistoiese andava fiera dei suoi marchi storici, prima Breda, poi AnsaldoBreda”, continua Rosati, “ma dal 2015 il controllo è passato ai giapponesi della Hitachi”. Quasi mille persone lavorano nello stabilimento locale, più di 600 nelle aziende fornitrici. Ma il pilastro dell’economia cittadina e simbolo della preponderanza rurale sono i vivai.
Circa 1.500 aziende, una superficie occupata di seimila ettari, 12mila addetti, tra dipendenti e indotto, 700 milioni di fatturato all’anno, esportazioni in 56 paesi del mondo di circa duemila specie e varietà coltivate: questi i numeri di un settore che ha una storia antica e un prestigio riconosciuto. I vivaisti si presentano sfoggiando il verde delle proprie produzioni e il contributo fornito alla transizione ecologica e alla lotta alla crisi climatica.
Ma le associazioni ambientaliste e i comitati di cittadini denunciano da anni l’uso di pesticidi e di diserbanti. Anche l’azienda regionale per la protezione ambientale della Toscana (Arpat) ha messo sotto accusa due sostanze, l’acido aminometilfosfonico (Ampa) e il glifosato. In un’indagine del novembre 2021 si legge che “la piana vivaistica pistoiese e la Valdinievole sono interessate dalla rilevante contaminazione di queste due molecole e il contributo dell’acido aminometilfosfonico è generalmente preponderante” rispetto al glifosato.
Punti di equilibrio
Negli ultimi tempi la contaminazione si è ridotta, aggiunge l’Arpat, “ma i valori della media annua dei pesticidi totali nei corsi d’acqua della pianura pistoiese a sudest della città sono risultati molto alti e lo standard di qualità da raggiungere è molto lontano”: le concentrazioni superano di 14 volte il limite nel fosso Quadrelli, e di quasi sette volte nel torrente Ombrone.
Sui vivai le contrapposizioni a Pistoia sono forti. E attraversano anche la sinistra, con associazioni, come Per un’altra città e Acqua bene comune, più severe rispetto al Pd nel denunciare queste pratiche. I vivai danno lavoro, lo danno anche ad alcuni ragazzi ospitati da don Massimo Biancalani, anche se precario. E con il tempo hanno assunto le caratteristiche di un’industria. Rosati ricorda che il vivaismo pistoiese era famoso per le piante sistemate a terra. Oggi sono in voga quelle in vaso, che necessitano di irrigazione massiccia e sono spesso poggiate su solette che impermeabilizzano il terreno.
Anche il patrimonio storico e culturale di Pistoia manda segnali contrastanti, in una città che nel 2017 è stata capitale italiana della cultura senza che quel titolo abbia lasciato tracce significative.
Negli ultimi anni è cresciuta la forza della fondazione Cassa di risparmio, che sostiene progetti di volontariato e di contrasto alla povertà educativa e che ha costituito Pistoia Musei, un sistema museale articolato in quattro sedi: palazzo Buontalenti e palazzo de’ Rossi, che ospitano arte novecentesca e contemporanea, e poi palazzo dei Vescovi e la chiesa di San Salvatore, che sta per essere inaugurata. Da due anni, però, è chiuso il museo Marino Marini, nonostante l’artista, nato a Pistoia nel 1901, sia una delle figure più significative della scultura novecentesca. La collezione ha rischiato anche di essere trasferita a Firenze, circostanza poi evitata da un provvidenziale vincolo della soprintendenza. Davanti al museo si svolgono piccoli flash mob, segno, aggiunge Rosati, “di un’incoraggiante vitalità, che si manifesta anche all’istituto storico della resistenza, dove un gruppo di giovani studiosi è impegnato in un’iniziativa contro l’uso politico della storia curata da Carlo Greppi con l’editore Laterza”.
L’eredità dell’amministrazione Bertinelli è raccolta dall’associazione Palomar, presieduta da Belliti, oggi impegnata a difendere due aree di grande pregio. Una è quella del Ceppo, un ex ospedale di origine medievale che si apre a pochi passi dalla piazza del Duomo con un sontuoso loggiato rinascimentale. L’altra è quella delle ville Sbertoli, una ventina di edifici in un parco di sette ettari che dagli anni sessanta dell’ottocento fino alla chiusura nel 2011 hanno ospitato una casa di cura psichiatrica, prima privata e poi pubblica. Sulla base di un accordo di programma del 2019 tra il comune e l’azienda sanitaria regionale, proprietaria dell’area, le ville Sbertoli sono in vendita. Cosa diventeranno non è chiaro, ma è prevista una variante urbanistica che dovrebbe assecondare il progetto presentato dai possibili acquirenti. Probabilmente saranno trasformate in alberghi, residenze e strutture commerciali. E a nulla è servito finora l’invito di Italia nostra a conservare la proprietà pubblica dell’area provando a ottenere un finanziamento di due milioni di euro previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per il restauro di parchi d’interesse culturale.
È più complessa la vicenda del Ceppo, in gran parte smantellato per costruire un nuovo ospedale fuori città. La giunta Bertinelli aveva previsto nel 2015 di sistemare nella parte monumentale i musei civici, di destinare un altro edificio a strutture pubbliche, di realizzare un parco e di conservare nell’ala più moderna i servizi sociosanitari. Un’altra zona sarebbe stata venduta dall’azienda sanitaria, che doveva recuperare le spese del nuovo ospedale, e lì sarebbero sorte residenze. La soluzione cercava un punto d’equilibrio tra il comune e l’azienda sanitaria, ma è stata contestata a sinistra e da comitati di cittadini perché, si diceva, apriva una breccia all’ingresso di privati e a nuove costruzioni nel centro storico. Questa vicenda ha avuto anche riflessi nel 2017: alla sinistra di Bertinelli si presentò un cartello di sigle che sottrassero voti al sindaco.
L’accordo di programma del 2019 annulla la mediazione raggiunta nel 2015, prevede la demolizione anche dell’ala più moderna del Ceppo e consente all’azienda sanitaria di vendere altre aree. I padiglioni sono oggi un cumulo di macerie. Prima che tutto finisse giù, dice Antonio Fiorentino, architetto, esponente di Per un’altra città, “si potevano vedere le sale di degenza in ottimo stato e ancora utilizzabili, mentre ora le persone si lamentano perché le strutture sanitarie sono carenti, incapaci di provvedere ai bisogni dei cittadini”.
Nel 2017 Alessandro Tomasi di Fratelli d’Italia è stato eletto sindaco di Pistoia al ballottaggio. Ha ottenuto il 54,28 per cento dei voti sconfiggendo il sindaco uscente Samuele Bertinelli, del Partito democratico, al quale è andato il 45,72. Al primo turno Bertinelli era stato votato dal 37,55 per cento dei pistoiesi, mentre Tomasi si era fermato al 26,69. Al terzo posto, con l’11,73 per cento, si era classificato Roberto Bartoli, uscito qualche mese prima del voto dal Pd, poi rientrato e quindi approdato a Italia viva. Nicola Maglione del Movimento 5 stelle ha avuto l’8,90 per cento, Ginevra Lombardi, liste di sinistra, il 5,20.
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