L’approdo del cardinale Matteo Zuppi alla presidenza della Conferenza episcopale italiana (Cei) segna il ritorno, dopo anni di scandali e di progressiva perdita di peso e credibilità, di una figura di riconosciuta autorevolezza ai vertici della chiesa italiana. Nelle sue prime dichiarazioni Zuppi ha parlato di collegialità come metodo, di pace, solidarietà, condivisione. Papa Francesco aveva chiesto ripetutamente ai vescovi un segno di discontinuità rispetto a un passato contrassegnato essenzialmente da battaglie ideologiche, dal sapore integralista, tutte chiuse nel recinto della bioetica, che hanno finito per lasciare il cattolicesimo italiano esanime, senza più capacità di interagire con una società in continua evoluzione.
Alla presidenza della Cei del cardinale Camillo Ruini, nel 2007, seguì in continuità, sia pure con minor capacità strategica, quella del cardinale Angelo Bagnasco, ex arcivescovo di Genova. Poi è stata la volta, nel 2017, di Gualtiero Bassetti, uomo mite, cardinale e arcivescovo di Perugia, ispirato al pensiero dello storico sindaco di Firenze Giorgio La Pira, ma incapace di imprimere quell’accelerazione richiesta dal papa che avrebbe turbato troppi suoi confratelli. Ora Zuppi si trova un’agenda fitta di pagine inevase.
Perché la chiesa italiana è ferma da tempo, paralizzata dalla paura di affrontare i tanti nodi irrisolti: la carenza dei sacerdoti e il ruolo dei laici, il tema dei ministeri femminili, la necessità di mettere in moto processi decisionali più democratici, l’urgenza di rompere tabù decrepiti su questioni come l’omosessualità, senza dimenticare i temi sociali del lavoro, delle migrazioni, di una società divenuta nel frattempo sempre più pluriconfessionale e laica al medesimo tempo.
Sullo sfondo resta poi, rimosso, il problema degli abusi sui minori da parte del clero, vicenda sulla quale la Cei non ha mai fatto sul serio, respingendo la proposta di una commissione d’indagine indipendente. Il segretario di stato della santa sede, il cardinale Pietro Parolin, diplomatico esperto e abituato a pesare le parole, ha fatto gli auguri a Zuppi, aggiungendo che “certamente non sarà una passeggiata”. Il compito insomma è arduo. Zuppi potrà contare in ogni caso sul sostegno forte della Comunità di sant’Egidio, dalle cui file proviene, uno dei pochi pezzi di chiesa che non ha perso il passo in questi anni dedicandosi al dialogo e all’incontro tra religioni e civiltà, all’aiuto dei poveri e degli esclusi, lasciando in secondo piano le tematiche più divisive interne al dibattito ecclesiale.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it